"Istruitevi, perché avremo bisogno di tutta la nostra intelligenza. Agitatevi, perché avremo bisogno di tutto il nostro entusiasmo. Organizzatevi, perché avremo bisogno di tutta la nostra forza." Antonio Gramsci

sabato 29 settembre 2007

Myanmar: crepe nel regime, esercito spaccato

Monaci in preghiera di fronte alla Pagoda d'Oro di Shwedagon prima di iniziare il nuovo corteo (Ansa)

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In manette il comandante di Rangoon. «Militari divisi a Mandalay»

Il numero uno della giunta militare si scontra con il numero due: che vuole incontrare la leader dell'opposizione San Suu Kyi


RANGOON - Nonostante i morti di ieri, nonostante le migliaia di militari in assetto di guerra che presidiano massicciamente Rangoon e minacciano di sparare ancora, nonostante il coprifuoco, alcune migliaia di manifestanti, diecimila secondo alcuni testimoni, sono tornati oggi in piazza nell'ex capitale birmana, tentando di radunarsi nel centro. I soldati hanno risposto agli assembramenti con cariche e lancio di lacrimogeni e anche con spari in aria e hanno avviato perquisizioni nelle case attorno alla pagoda di Sule.

SPACCATURE NEL REGIME - Ma la situazione politica in Birmania è in rapida evoluzione. La giunta militare al potere in Birmania si sarebbe spaccata in merito alla violenta risposta dell'esercito alle proteste. Notizie non confermate citate dai due siti dell'opposizione «Irraddy News» e «Mizzima» rendono noto che il generale Than Shwe, al comando, il suo vice, il generale Maung Aye, e il capo di stato maggiore dell'esercito, non si trovano più d'accordo sulla reazione necessaria alle imponenti manifestazioni quotidiane di monaci e civili. Fonti diplomatiche a Bangkok spiegano che Maung Aye ha fissato un incontro con il Premio Nobel e simbolo della protesta Aung San Suu Kyi, trasferita per questo nella base militare di Yemon, alle porte di Yangon, e che avrebbe espresso il suo totale disaccordo con l'uso della violenza contro i manifestanti.

DEFEZIONI NELL'ESERCITO - Intanto le voci di un «dissidio fra generali e di defezioni da parte dell'esercito» riportate dal sito di esuli birmani «Mizzima News» e diffuse sul Web nonostante sono il blocco causato dalla giunta militare sono state confermate all'Aki-Adnkronos dall'ex segretario agli Affari Esteri birmano (dal 1974 al 1978), B. T. Win. « «La Brigata 66 si è unita ai manifestanti ed è pronta a sfidare la Brigata 77 se farà uso della forza. Il generale di brigata Tin Tun Aung non darà seguito all'ordine di sparare, mentre si è creata una scissione tra il comando militare situato nel sud-est del Paese e il comando generale di Rangoon», spiega il professor Win.

AMMUTINAMENTI A MANDALAY - Critica la situazione anche a Mandalay, dove «coloro che non rispettano gli ordini vengono rimpiazzati con soldati fedeli al regime», aggiunge Win, oggi Decano degli studenti del Programma Aeiou (All Ethnic International Open University) all'Università di Chiangmai in Thailandia. Anche testimonianze riportate dalla radio russa «Eco di Mosca» i militari raccontano che tra i militari birmani impegnati nel reprimere la protesta sarebbero in atto profonde divisioni. L'emittente parla, citando le testimonianze dei giornalisti locali, di una divisione in atto fra i soldati dell'esercito in particolare nella città di Mandalay, la seconda città del Paese, dove sarebbero stati registrati scontri fra due divisioni di militari e una serie di reparti si sarebbe rifiutata di lasciare le caserme.

ARRESTATO GENERALE- Secondo fonti non confermate, il comandante delle forze militari, il generale Hla Htey Win, sarebbe agli arresti dopo che soldati ai suoi ordini si sono rifiutati di sparare sulla folla. Il sito d'informazione degli esuli birmani 'Mizzima News' riferisce inoltre che fra alcuni reparti dell'esercito birmano ci sarebbe una non meglio precisata «agitazione». Aerei pieni di militari si sarebbero levati in volo dalla base aerea di Matehtilar e anche truppe dal centro del Paese si starebbero muovendo verso Rangoon. Secondo 'Mizzima', «non è chiaro se le truppe stiano marciando come rinforzi o per opporsi alle truppe che hanno sparato sui monaci».

Audio - I dissidenti: «Prime crepe nel regime»

MOLTE VITTIME - Non è ancora chiaro quale sia il bilancio reale della sanguinosa repressione: il numero delle vittime sarebbe in realtà assai più elevato rispetto alle cifre ufficiali. Lo ha denunciato l'ambasciatore d'Australia nell'ex Birmania, Bob Davis, all'«Abc». Secondo la giunta militare birmana, i morti ammonterebbero complessivamente a dieci, ma a detta del diplomatico di Canberra testimoni oculari avrebbero riferito ad alcuni suoi collaboratori di aver visto «rimuovere ieri dal teatro delle manifestazioni nel centro di Rangoon un numero di cadaveri significativamente superiore» a quello reso noto dal regime. Il computo reale, ha aggiunto Davis, sarebbe «parecchie volte il multiplo» delle dieci persone uccise «riconosciute dalle autorità». A Rangoon la situazione è molto più grave di quanto venga riportato dai media internazionali confermano all'Ansa testimoni in loco, di nazionalità europea, che chiedono di rimanere anonimi per timore di ritorsioni: «Le famiglie birmane che hanno subito perdite vengono minacciate dai militari affinché dichiarino che i loro congiunti sono morti per cause naturali e non durante le manifestazioni». Inoltre, gli ingressi degli ospedali sono assediati dalle forze armate, che bloccano l'ingresso ai feriti, impedendo loro di ricevere le cure necessarie. «Non si sa che fine facciano questi feriti», ha detto allarmato un testimone, riferendo che «alcuni, probabilmente dei disperati che non hanno altra scelta, sono stati assoldati dai militari per fare dei pestaggi in giro per la città».

RAID NOTTURNI E SPARI CONTRO LA SCUOLA - La notte scorsa l'esercito birmano ha condotto raid in almeno due monasteri buddisti. Lo riferisce la radio Voce Democratica della Birmania, che trasmette da Oslo. L'emittente non ha potuto stabilire quanti monaci siano stati arrestati, ma ha riferito che una scuola presso il carcere di Insein è stata trasformata in centro di detenzione per circa 300 bonzi. «L'esercito ha chiesto ai monaci prigionieri di togliersi le tonache, ma loro hanno rifiutato», ha raccontato il direttore dell'emittente, Moe Aye. Sempre secondo la Voce Democratica, le forze di sicurezza hanno aperto il fuoco contro una scuola e picchiato e arrestato circa 300 studenti durante la brutale repressione di giovedì a Rangoon. A quanto riferiscono testimoni, un gruppo di studenti stava marciando dal ponte Pansodan verso il liceo del quartiere periferico di Tamwe, mentre altri studenti si trovavano nella scuola. Soldati e guardie del governo hanno cominciato a sparare anche ad altezza d'uomo, per impedire ai ragazzi di raggiungere la scuola. Nell'edificio studiano anche bambini delle elementari e alcuni di loro, così come genitori che erano venuti a prenderli, sono stati raggiunti dalle pallottole.

BLOCCO - A Rangoon sono chiusi la maggior parte di uffici e negozi, giacché numerose aziende hanno raccomandato ai dipendenti di non recarsi al lavoro. La giunta militare ha inoltre dichiarato "no-go zone", zona interdetta, i dintorni di cinque monasteri buddisti. Le autorità hanno comunicato la mappa delle "zone di pericolo" ai diplomatici del sudest asiatico. Fonti diplomatiche hanno inoltre riferito alla testata Irrawaddy - con sede a Chiangmai - che l'attivista e Premio Nobel per la pace Aung San Suu Kyi, da anni agli arresti domiciliari, è stata trasferita nel campo militare di Yemon, situato alla periferia di Rangoon.

GIAPPONE - Nel frattempo arrivano dal Giappone accuse esplicite alle autorità birmane per la morte del cronista giapponese ucciso durante i disordini a Rangoon: secondo l'agenzia Kyodo, l'uomo è stato senza alcun dubbio colpito dai colpi sparati da un soldato antisommossa. Il cronista, Kenji Nagai, stava riprendendo con una videocamera uno scontro fra manifestanti e militari, presso la pagoda di Sule (guarda il video). Secondo le fonti anche altri giornalisti stranieri sarebbero rimasti feriti. Lo stesso premier giapponese Yasuo Fukuda ha espresso «forte preoccupazione» per la sanguinosa crisi in Myanmar e il viceministro degli Esteri Hitoshi Kimura ha convocato l'ambasciatore birmano a Tokyo Saw Hlamin, chiedendogli «l'adozione di misure appropriate» per la sicurezza dei sudditi nipponici nel paese. [an error occurred while processing this directive]

GLI USA - Da parte Usa è stata annunciata l'imposizione di nuove sanzioni economiche contro quattordici alti dirigenti governativi birmani. Nel frattempo Condoleezza Rice ha salutato con favore il comunicato con cui l'Asean, l'organismo che rappresenta i Paesi del sud-est asiatico, ha chiesto al regime di non usare la violenza contro dei dimostranti. «Posso solo assicurarvi che gli Stati Uniti sono determinati a tenere l'attenzione della comunità internazionale concentrata sui quello che accade a Rangoon» ha detto il capo della diplomazia Usa.

D'ALEMA - La Rice ha incontrato anche il ministro degli Esteri italiano, Massimo D'Alema. Nel colloquio, secondo quanto riferiscono fonti diplomatiche italiane, è stato convenuto che bisogna fare pressione su vari Paesi e sulla giunta militare e c'è stata piena intesa sulla necessità che la comunità internazionale resti focalizzata su questa emergenza. La situazione - è la valutazione comune emersa dal colloquio - è molto grave e giustifica la preoccupazione che viene espressa dalla comunità internazionale.

SCONTRI A CANBERRA - La difficile situazione in Birmania ha provocato proteste in numerose capitali asiatiche, e non solo. Incidenti sono scoppiati a Canberra, in Australia, fra manifestanti e polizia quando un centinaio di persone ha cercato di dare l'assalto all'ambasciata birmana. Dopo essere stati respinti dagli agenti antisommossa, i dimostranti, scandendo slogan in favore della democrazia, hanno bruciato bandiere e inscenato un sit-in nella strada dove si trova la sede diplomatica. Alcuni partecipanti alla protesta - hanno riferito testimoni alla Reuters - sono stati fermati dalla polizia, che ha anche sequestrato un'ascia.

28 settembre 2007

Giace a terra Kenji Nagai, il fotoreporter giapponese della Afp, colpito a morte dalla polizia birmana. Prima di spirare ha ancora la forza di fare l'ultimo scatto . Nagai, 52 anni, è stato colpito da spari nei pressi della pagoda di Sule, dove manifestavano oltre diecimila persone. A documentare il momento drammatico della sua morte è un collega della Reuters (Reuters)


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