"Istruitevi, perché avremo bisogno di tutta la nostra intelligenza. Agitatevi, perché avremo bisogno di tutto il nostro entusiasmo. Organizzatevi, perché avremo bisogno di tutta la nostra forza." Antonio Gramsci

domenica 23 settembre 2007

La libertà viaggiava su onde corte

RAGAZZI, PERMETTETEMELO, CHE SODDISFAZIONE POTER DIRE "C'ERO ANCH'IO"..
HO PARTECIPATO, COOPTATO, ALLA FONDAZIONE DI UNA DELLE PRIME RADIO LIBERE D'ITALIA ('74/'75), RADIO NUOVA INFORMAZIONE DI SALUZZO (CN) IN CUI TENEVO ANCHE UNA RUBRICA (POESIA!).. CHE TEMPI, CHE ENERGIA, E CHE INVENTIVA! AVEVAMO POCHE RISORSE MA UN SACCO DI FANTASIA E VOGLIA DI FARE. CI CREDEVAMO, E LO FACEVAMO.. ROMPENDO LE SCATOLE A CHI VOLEVA TAPPARCI LA BOCCA.
mauro
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di Pasquale Colizzi


Danilo Dolci

L’esordio della “radio libera” in Italia fu doloroso, concitato, persino disperato. Il 25 e 26 marzo del 1970 Radio Libera Partinico (Radio Sicilia Libera) sembrava stesse lanciando l’S.O.S da una nave che va a fondo. Invece era la Sicilia ferita dal terremoto del Belice del ’68. Politici e mafia si erano mangiati i soldi della ricostruzione mentre la gente stava nelle baracche. Danilo Dolci, nelle 27 ore prima che la polizia gli chiudesse i microfoni, parlava “dalla radio dei poveri cristi, la radio della nuova resistenza” denunciando “la morte della popolazione” e sperando “che qualcuno lo sentisse in Italia”. La sua voce, come quella dell’amico Peppino Impastato (ascolta) - che da Radio Out (vedi I cento passi di Giordana) raccontava la storiella macabra di “Mafiopoli” - fu zittita dal potere politico-mafioso che si sentiva minacciato da un mezzo così diffuso e in previsione così incontrollabile.



Il fenomeno sotterraneo e brulicante delle “radio libere” che trasmettevano da sottoscala, stanze da letto, roulotte, centri sociali e luoghi di fortuna non fu solo “millefiori” e freakkettoni, scoperta del rock e di un nuovo linguaggio, povertà di mezzi ed ego spropositati. La mostra RADIO FM 1976- 2006. Trent'anni di Libertà d'Antenna lo ripercorre in tanti suoi aspetti, tentando di delineare l’indecifrabile spontaneismo che animò i 1800 punti di emissione sparsi per lo stivale, con i nomi più improbabili, le tendenze più disparate, i personaggi più diversi. Organizzata a tappe dalla Minerva Eventi di Bologna, l’esposizione è attualmente ospitata nel Museo di Roma in Trastevere, in piazza S. Egidio 1b, fino al 4 novembre (martedì-domenica dalle 10 alle 20). L’”anno zero” è considerato il 1976: il 28 luglio una sentenza della Corte Costituzionale sancì “la legittimità di trasmissioni private, purché a copertura locale”.


Radio Caroline


Arrivano i pirati
La Rai dunque perdeva il monopolio delle frequenze proprio un anno dopo la sua legge di riforma, che aveva l’aveva spartita a spicchi per ciascuna forza parlamentare. Nonostante avesse provato a bloccare le frequenze per “ragioni tecniche”, le ragioni restavano tutte politiche. Da alcuni anni emittenti locali spuntavano come funghi – Radio Parma, la più importante, inizia nel ’75 – e di certo non erano indifferenti al clima tempestoso di un’Italia che dal “piombo” stava scivolando nella “politica da bere”. Erano selvagge e si sentivano libere come le prime “radio pirata” (Radio Caroline è del ’64), emittenti off-shore stabilite su navi ormeggiate nei mari del nord Europa, che trasmettevano in inglese e mandavano rock’n’roll. Dagli anni sessanta poi, oltre alla Rai, in Italia si sentiva pure la Radio Montecarlo di Noel Coutisson, con trasmissioni in italiano. Uno degli speaker era Herbert Pagani col suo “Fumorama”, striscia sponsorizzata da una nota marca di sigarette.



Roberto Faenza ai microfoni di Radio Bologna


La proliferazione
L'FM era vuota, con un trasmettitore da due watt e una spesa minima (meno di un milione di lire) si occupavano 30 chilometri. Bastava uno che ci sapesse mettere le mani e il gioco era fatto. A Roma in breve l’etere divenne zeppa: Monte Cavo era un giungla di antenne. La prima emittente cittadina fu Radio Roma, che nel ’75 nacque da una costola di Radio Parma. Poi il far west: 180 emittenti (nel ’78), alcune nemmeno di sprovveduti. C’è chi aveva fiutato il momento per offrire spazi pubblicitari a prodotti che non potevano permettersi la Rai (l’intuizione delle tv di Berlusconi) e chi pensava a esperimenti di libertà. La vicinanza con viale Mazzini significava anche uno scambio sempre più fitto di personaggi e professionisti. Nascevano cooperative di giornalisti, si tentava l’assalto alla diligenza.




La politica
Senza girarci intorno, molte di queste emittenti nascevano fiancheggiando “il movimento”, dando voce a chi non ne avrebbe trovata e visibilità laddove i tg Rai li descriveva come agitatori di piazze. Il ministro degli interni “Kossiga” le bollò subito come “megafoni della violenza politica”. E ne decimò parecchie, con pretesti come “disturbo della quiete” di anonimi denunciatori.

Una per tutte (la ricostruisce il film di Guido Chiesa Lavorare con lentezza) l’irruzione nelle stanze di Radio Alice (ascolta) a via del Pratello 41. Nella Bologna in rivolta. Quel 12 marzo del ‘77 si metteva la sordina ad una radio che aveva sperimentato la guerriglia informativa e tradotto l’essenza del “movimento” in linguaggio e musica. Celebre il trailer: “Radio Alice trasmette: musica, notizie, giardini fioriti, sproloqui, invenzioni scoperte, ricette, oroscopi, filtri magici, amori, bollettini di guerra, fotografie, messaggi, massaggi, bugie”.

Qualche volta, laddove non riusciva la polizia, tentavano i fascisti. Nel ’79 tre dei Nar irruppero nelle stanze di Radio Città Futura ferendo cinque donne che stavano conducendo un programma femminista. Un attentato mirato contro la radio fondata da Renzo Rossellini (figlio di Roberto), che allora militava in Autonomia Operaia e contro le donne. Che dopo le manifestazioni in piazza volevano pure libertà di parole nell’etere.



Radio Alice


Linguaggio, sesso e musica
Il primo “cazzo” pronunciato sulle onde medie della Rai data 25 ottobre 1976. Toccò a Cesare Zavattini, che ne andò sempre fiero. La cosa provocò riprovazione e articolesse da incidente diplomatico. Le radio libere invece davano molta meno importanza alle parolacce. In fondo quelle esperienze dilettantesche, spontanee, vitali utilizzavano un gergo giovanile che non aveva mai avuto filtri. Anzi era necessariamente fuori discussione. Piuttosto c’è chi si incaponiva in analisi sociologiche e politiche (vedi Ecce Bombo di Moretti) e magari voleva impressionare con l’astrusità dei termini da assemblea permanente.

Un altro tabù lo infranse Cicciolina/Ilona Staller, che si fregiò di condurre il primo programma radiofonico erotico sull’emittente romana Radio Luna. Si chiamava “Vuoi venire a letto con me?” e le faceva da spalla lo Schicchi suo manager e impresario hard. Lei, che occheggiava con solo una camicia sbottonata dalle foto della pubblicità, si sbizzarriva in fantasie e racconti, con le risatine, la voce flautata e i doppi sensi.




In mezzo a tutto questo la musica veniva utilizzata come riempitivo alle parole. Oppure rivestiva un ruolo centrale, con la funzione di scoperta e ricerca che la Rai non riusciva a soddisfare. Era esploso il mercato dei vinili, il rock’n’roll stava vivendo il periodo di massima maturità e potenza (pure quello sporco e sconnesso chiamato punk), gli artisti si moltiplicavano e talvolta autoproducevano. I ragazzi delle radio libere arrivavano in cabina con i dischi sotto il braccio, se li portavano da casa, quelli della collezione personale recuperati magari durante i viaggi o i concerti. Una nuova generazione di musicisti dovette a loro l’ingresso nelle orecchie italiane. Qualche emittente era pure nota per organizzare concerti. Radio Flash, per esempio, nell'82 portò a Torino i Rolling Stones. Mick Jagger si lanciò sul palco dall’elicottero. Ma loro ormai erano delle rockstar. E per alcune radio era finito il tempo di improvvisare.

pasquale.colizzi@fastwebnet. it


Pubblicato il: 22.09.07
Modificato il: 22.09.07 alle ore 17.30

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Radio • Eugenio Finardi

Quando son solo in casa
e solo devo restare
per finire un lavoro
o perchè ho il raffreddore.

C'è qualcosa di molto facile
che io posso fare:
è accendere la radio
e mettermi ad ascoltare.

Amo la radio perchè arriva dalla gente
entra nelle case, ti parla direttamente.
E se una radio e libera ma libera veramente.
Mi piace anche di più perchè libera la mente.

Con la radio si può scrivere leggere o cucinare.
Non c'è da stare immobili seduti lì a guardare.
E forse è proprio questo che me la fa preferire:
e che con la radio non si smette di pensare.

Amo la radio perchè arriva dalla gente
entra nelle case, ti parla direttamente.
E se una radio e libera ma libera veramente.
Mi piace anche di più perchè libera la mente

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2 commenti:

Franca ha detto...

Un po' quello che oggi è la rete

Equo ha detto...

Ah! Quanti ricordi! La sede della radio era davanti ad un'importante caserma dei Carabinieri, così, mentre conducevo il mio programma di satira, un compagno stava alla finestra per avvertirmi: "Arrivano!" ed io mandavo in diretta l'ennesima denuncia per vilipendio di questo o apologia di quell'altro! :-)