"Istruitevi, perché avremo bisogno di tutta la nostra intelligenza. Agitatevi, perché avremo bisogno di tutto il nostro entusiasmo. Organizzatevi, perché avremo bisogno di tutta la nostra forza." Antonio Gramsci

venerdì 28 settembre 2007

Il colore dell'ipocrisia

Non so voi, ma a me ha turbato leggere le considerazioni dell'amico Trincia che, a dispetto del suo cognome, non ha "trinciato" giudizi ma fatto domande serie che richiedono risposte altrettanto serie. Ovviamente, anche noi oggi abbiamo messo qualcosa di rosso per solidarietà col popolo birmano. E listato il blog (ma non per merito mio) di rosso. Abbiamo fatto male? Altrettanto ovviamente no. Ma è bene ricordare che non bisogna stancarsi mai di cercare la verità, ovunque sia e per scomoda che sia. E che la Birmania (o come diavolo vogliono chiamarla adesso) è sempre là, coi suoi problemi, la sua dittatura, il suo sangue che non smette mai di scorrere..
mauro


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di Pablo Trincia

Interrompo momentaneamente le Cronache Naxalite e scrivo qualcosa sulla Birmania e i media. Stavo per pubblicare un nuovo capitolo della saga, ma quello che succede in queste ore mi porta a fare considerazioni che probabilmente non piaceranno a molti. Tuttavia sento di doverle scrivere.

Non sono mai stato in Birmania, anche se spero di andarci presto. Me ne sono occupato diverse volte con articoli di attualità sulla situazione politica, eccetera. E oggi scrivo (un po' incazzato, lo ammetto), per dire che quello che sta accadendo in queste ore è assolutamente ridicolo.

Ieri sera accendo il tg e, tra i vari servizi di apertura sulla Birmania (o Myanmar, che importa?) sento dire che qualcuno ha lanciato la proposta di mettersi qualcosa di rosso (il tizio che conduceva il tg aveva una cravatta di quel colore e se l'è persino indicata) in solidarietà con il popolo birmano.

Solidarietà con il popolo birmano?? What??? a momenti cascavo dalla sedia. Non riuscivo a crederci. Mi veniva da ridere.

Premetto: Viva la solidarietà con i popoli oppressi, sempre e comunque. Viva i media che si interessano dei Paesi dove vivono gli oppressi. Viva la comunità internazionale che si scaglia contro quelli che opprimono.

Ma c'è un atteggiamento di fondo che mi pare un po' ipocrita. Ecco le ragioni:
Fino all'altro giorno, in Italia, quasi nessuno sapeva indicare la Birmania sulle carte geografiche. Pochi conoscevano la storia di Aung San Suu Kyi. I giornali ne parlavano sempre come di una terra lontana ed esotica, governata da un regime militare dispotico. Non fregava granché a nessuno. La gente veniva uccisa, incarcerata, messa in catene nelle campagne. Le popolazioni tribali prese costantemente a calci (alle donne incinta aprivano la pancia con il machete). Tutto questo dal 1962, non dall'altro ieri. Le notizie erano piuttosto rare.

Poi, cosa succede? I monaci inscenano una lunga protesta, giustamente ripresa da tutti i media internazionali. Minacciano il regime, gli puntano contro i riflettori di tutto il mondo, danno il “la” a quella che potrebbe essere una rivoluzione dal basso, fanno tremare gli odiosi generali di Yangon. Quelli replicano sparando e picchiando (hanno sempre e solo fatto quello).
Apriti cielo! Hanno colpito dei monaci! Il simbolo della pace e della non-violenza! Lo sdegno raggiunge l'apice. La gente è incazzata, qualcuno propone di scendere in piazza e fare sit-in.

Infatti oggi siamo solidali con il popolo birmano e andiamo in giro con qualcosa di rosso.

Ora facciamoci una domanda: se non fossero stati monaci, ma normali cittadini, stufi di un'oligarchia militare, la notizia sarebbe mai arrivata? Risposta: probabilmente no. (Tant'è che le proteste sono cominciate quest'estate, ma a nessuno è fregato nulla). Qualcuno avrebbe mai proposto di vestirsi di rosso (colore degli abiti dei monaci) in solidarietà con il popolo birmano? Sicuramente no.

E la settimana scorsa, quando si pensava che la Birmania fosse una città del Sudamerica? E dieci, venti, quarantacinque anni fa? Dove eravamo? Cosa sapevamo?
Questo per dire che le notizie vanno di moda. Una settimana, magari due, forse anche un mesetto. Ma poi sono come un vecchio maglione. Quel colore (il rosso?) non va più. Basta. Oggi abbiamo scoperto che esiste un posto chiamato Birmania. Fico. Abbiamo deciso di dare il nostro supporto e regalare un po' del nostro sdegno a un popolo di cui ieri non sapevamo nulla. Abbiamo odiato e irriso un regime militare che non conoscevamo. Tra un po' ce ne saremo già dimenticati.

E ancora. Ho molti colleghi e amici freelance che, come me, scelgono di girare il mondo per trovare e raccontare storie, spesso legate all'ingiustizia, alla povertà, ai diritti umani, eccetera. In Africa, Asia, Sud America, Medio Oriente. Storie di quella che viene chiamata (e io rifletterei sull'aggettivo) “Informazione Alternativa”. Oppure “Mondo Dimenticato”.

Solo chi fa questo mestiere sa davvero cosa voglia dire andare in posti su cui i riflettori dei media non si sono mai accesi. Posti che nessuno metterà mai in prima pagina e che non verranno mai ripresi dalle telecamere dei tg. Gente di serie C, che resterà sempre in serie C, per cui nessuno si indigna e nessuno protesta.Oggi la Birmania è stata momentaneamente promossa nella serie A delle news. Ma avete mai visto qualcuno scendere in piazza o scegliere un colore in solidarietà con qualche popolo africano?

Che colore indossiamo per gli orfani del Darfur?
E per i contadini delle regioni orientali della Repubblica Democratica del Congo?
Mai sentito parlare della pulizia etnica in Guinea Equatoriale o in Costa d'Avorio?
Risposta: probabilmente no. Però oggi mettiamo qualcosa di rosso, perché hanno sparato ai monaci in Birmania.....Facciamo un favore a questa gente: non prendiamola per il culo...





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9 commenti:

ska ha detto...

Mi trovo d'accordo. E' ora di avallare un tipo di informazione più serio, più costante. Fossi nei panni de monaci, mi preoccuperei di questa attenzione improvvisa.
A pelle sono solidale...chi non lo sarebbe? Ma prima di tutto ne so troppo poco, secondo laddove la gente muore ammazzata per le strade mi sembra un po' riduttivo mettersi una maglietta rossa....parlo a titolo personale, ognuno manifesta la solidarietà come meglio crede.

Anonimo ha detto...

Come un bambino punto i piedi per terra e poi molleggio sulle gambe dicendo: "l'avevo detto anch'io! l'avevo detto anch'io qualche post fa"

Non facciamoci prendere dal lato romantico della cosa. Siamo seri e speriamo, preghiamo, impegnamoci affinché tutti i popoli e gli individui oppressi vivano migliori condizioni.

Ciao.

Equo ha detto...

Temo, carissimo Edgar, di non aver mai visto nessun popolo liberato dalla speranza o dalla preghiera. Lo sanno persino i Monaci che, infatti, scendono in piazza oggi in Birmania o si danno fuoco nelle piazze come accadeva in Viet-Nam. Solo che per i monaci vietnamiti nessun giornale, nessuna televisione invitava alla solidarietà con indumenti rossi o gialli o color pervinca. Anzi: ci veniva detto che erano uno strumento dei comunisti cattivi, degli "utili idioti". Io, allora, ero (anche fisicamente) al fianco di quei monaci e, pertanto, penso d'essere credibile se oggi mi schiero con quelli birmani. Mi sembra un po' meno credibile l'impegno di Bush ed i suoi discorsi di solidarietà mi fanno venire solo in mente una frase famosa: "Timeo Danaos et dona ferentes" (Temo i Greci quando portano doni) che, guarda caso, Virgilio mette in bocca ad un Troiano ai piedi del famigerato cavallo.

Anonimo ha detto...

Il colore della protesta è lo zafferano, come si può anche leggere qui http://www.timesonline.co.uk/tol/news/world/asia/article2516773.ece
solo in Italia si dice che sia il rosso
Comunque va benissimo l'iniziativa del blog

elena ha detto...

@Enrico (benvenuto!): è vero. Probabilmente la scelta del rosso è dovuta al fatto che (a meno di essere romanisti...!) è più difficile avere nel guardaroba qualcosa di color zafferano...
@Edgar: ok, l'avevi detto. E noi abbiamo fatto post sulla Birmania prima che venisse alla luce la protesta dei monaci ( il che non ci mette la coscienza a posto, ma testimonia se non altro la non volontà di parlare solo dell'attualità che il regime enfatizza).
@Equo: magari fossero solo i greci a portare doni... ma hai ragione, come (quasi) sempre...
@Ska: certo la maglietta rossa non cambia le cose... ma non le cambiava nemmeno il lumino acceso contro i pedofili o la bandiera della pace appesa al balcone. Oltretutto, anche se a quanto pare l'apparato militare birmano si sta dividendo sul come rintuzzare la rivolta, non credo proprio che alla popolazione verranno mostrati TG in cui si vedono "gli occidentali" con la maglietta di sostegno... E' un modo, banale forse, per cercare di risvegliare le nostre coscienze dal letargo. Per il popolo birmano ma, più in generale, per tutti i popoli oppressi - a ben vedere, in modo meno cruento ma non per questo meno violento, stiamo parlando della quasi totalità dell'umanità. Ne restano fuori solo i potenti... C'è di che meditare...

ska ha detto...

Ciao Ele:

"ma non le cambiava nemmeno il lumino acceso contro i pedofili o la bandiera della pace appesa al balcone."

...è vero, infatti non ho partecipato in quel modo né all'una né all'altra iniziativa, pur essendo per la pace e contro i pedofili, chiaramente. Non è una critica comunque, è solo che, parlando di me e solo di me, non è nelle mie corde un gesto del genere. E' che mi sento troppo "piccola" e impotente, e produrmi in un gesto tutto esteriore mi fa sentire ancora più inadeguata, quasi mi illudessi inutilmente che serva a qualcosa. Allora non lo faccio e basta. Anche perché mi pare un po' troppo facile. Già mettersi una maglietta rossa o sventolare la bandiera della pace (che ho, ma a casa, non alla finestra) in una manifestazione, anziché in ufficio, mi pare diverso. Immagina una sola foto di una massa sterminata di persone vestite di rosso per le starde, nelle piazze: fa infinitamente più "impressione" di milioni di foto di singole persone che se le scattano nel salone di casa. Sarebbe solidarietà più attiva: almeno bisognerebbe andarci, alla manifestazione.

Ad ogni modo mi rendo conto che sono questioni, come si dice, "di lana caprina". Non è davvero questo il punto, ci mancherebbe. Al limite il vero fastidio è che non si sa (o meglio, si sa eccome) in base a quali criteri venga stilata una classifica delle notizie "top" della settimana o del periodo.

elena ha detto...

Ma, cara Ska, non l'ho presa come una critica. Si ragiona su quello che si fa e si espongono i propri punti di vista, tutto qui. Io, tu lo sai bene, sono una che si butta "a pesce" in qualsiasi iniziativa, senza nemmeno star troppo a pensare se e come può servire. Infatti ho appeso la bandiera della pace e l'ho lasciata al sole ed al vento... con il bel risultato che s'è stinta e strappata, però nel giro di un mesetto ce n'erano altre 10 in giro per il paese... e parlando di un microcosmo come il mio, non mi pare poco. Certo non ha spostato gli equilibri del mondo... ma io mi sono sentita meno sola (il che dimostra che, senza scavare nemmeno tanto, il motore che ci spinge è l'egoismo o comunque la ricerca di autogratificazione).
Quanto alla maglietta, l'ho messa per andare in ufficio e ho scoperto che altri due ce l'avevano. Per puro caso, che quando gli ho detto "ah bene, anche voi aderite all'iniziativa..." mi hanno guardato come se fossi uno zombie! Devo dire che il rosso addosso a me però non fa molto effetto: ci navigo troppo spesso!
Ho alleggerito volutamente con questo commento perché hai perfettamente ragione... ci si sente piccoli ed inutili. Anche con la maglietta rossa.

Anonimo ha detto...

A nessun popolo è stata regalata la democrazia (se conoscete qualche eccezione segnalatela). Chi ce l'ha, la pagata col sangue.

Sarà così anche per i birmani, se non si arrenderanno prima e se avranno la capacità di varare una costituzione democratica. Del resto anche in democrazia ognuno di noi deve lottare quotidianamente per tutelare la sua libertà, o per dirla all'americana, il suo diritto alla felicità.

Per questo e non per cinismo vi dico che il rosso è più indicato.

by Mat

Franca ha detto...

Io sono uscita con un fiocchetto sul taschino. Non credo che queste iniziative servano a qualcosa, ma danno sicuramente non ne fanno.
L'unica cosa buona è che mi sono potuta fermare a parlare con chi mi chiedeva il perchè del fiocco