"Istruitevi, perché avremo bisogno di tutta la nostra intelligenza. Agitatevi, perché avremo bisogno di tutto il nostro entusiasmo. Organizzatevi, perché avremo bisogno di tutta la nostra forza." Antonio Gramsci

giovedì 30 agosto 2007

A 25 anni dall'assassinio di Pio La Torre


Un ricordo di Pio La Torre


Chiamava i mafiosi per nome e cognome

di Pietro Ancona

Cari compagni,
nel 25mo anniversario dell'assassinio di Pio La Torre vi invio un ricordo. Pio la Torre è stato anche segretario regionale della CGIL fino al 1964


Ero segretario generale della CGIL siciliana quando Pio La Torre fu mandato dalla Direzione del PCI a guidare il PCI in Sicilia. Nelle commemorazione che si sono susseguite nel corso di questi venticinque anni la sua morte è sempre fortemente legata alle sue proposte veramente incisive di lotta alla mafia. Ma Pio La Torre fu ucciso per molto di più. Fu ucciso perchè la mobilitazione dei siciliani contro i missili a Comiso era diventata una poderosa leva per un radicale cambiamento dei rapporti politici e sociali nell'Isola. A Comiso convenivano centinaia di migliaia di persone, in particolare di giovani, certo per protestare contro l'installazione della base missilistica ma consapevoli di rappresentare tutti insieme una nuova forza per operare una radicale rivoluzione civile in Sicilia.
Pio mi diceva: Sto scuotendo l'albero della Sicilia. Cadranno frutti abbondanti per un futuro migliore!

Qualcuno avverti il pericolo rosso di questo "agitatore" che stava facendo scolorire rapidamente i cliches della politica siciliana. Nell'equilibrio dei rapporti di forza, il milione e passa di voti democristiani erano fondamentali per il governo. Lo scardinamento dell'equilibrio siciliano avveniva attraverso la leva della mobilitazione per la Pace e l'attacco frontale alla mafia. Pio chiamava i mafiosi per nome e cognome! Questi ultimi venticinque anni spiegano bene la necessità della sua morte per il potere. Il movimento con epicentro Comiso e la Mafia si è spento e le speranze di diecine di migliaia di giovani si sono oscurate. Oggi abbiamo la Regione di Cuffaro che vuole privatizzare l'acqua e che ha prodotto una riforma dello Statuto che la trasforma in una satrapia di oligarchi

Sono fiero di essere stato al suo fianco in tutte le lotte per la pace e contro la mafia e di avere rilanciato, un mese dopo la sua morte, la lotta per distruggere i patrimoni di mafia in un Consiglio Generale della CGIL siciliana presieduto dalla indimenticata Donatella Turtora

(www.rassegna.it, 2 maggio 2007)



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Articolo di Ugo Baduel.

“Aveva rotto la ‘grande quiete’ del potere mafioso”,

in ‘L’Unità’, 3 maggio 1982.

Palermo. Corre questo interrogativo: perché La Torre oggi? Tante risposte, tanti possibili “fili di ragionamento”, tanti possibili paradigmi indiziari. Si cerca di rispondere nelle riunioni e negli incontri di magistrati, di funzionari e ufficiali che svolgono le indagini. Si cerca di rispondere anche nei crocchi agli angoli di piazza Politeama e di piazza Massimo, e questo chiedevano, con quegli applausi tutti ben mirati e pensati, con quei volti di anziani rigati di lacrime, di giovani storditi, quei siciliani, quei cittadini di Palermo che a decine di migliaia erano in piazza ieri mattina a salutare Pio La Torre e Rosario Di Salvo. Questo si è chiesto a un certo punto del suo discorso anche Enrico Berlinguer: perché La Torre oggi?

La risposta sta proprio in quella capacità di suscitare movimenti di massa – come già avvenne negli anni 50, gli anni di Li Causi, alla cui scuola furono educati La Torre e tanti altri dirigenti del movimento operaio – che ancora una volta i comunisti stanno dimostrando in Sicilia.

Il potere mafioso ha sempre bisogno di una grande pace. Una pace generalizzata, una quiete sociale fatta di rassegnazione e di arrangiamenti spiccioli, un torpore differenziato che non attragga attenzioni, che non faccia puntare i riflettori, che non ecciti le forze dell’indagine e della repressione del crimine, che non faccia scrivere i giornali. Tanto più questa pace serve quando c’è in gioco un “business” della portata di quello di questi anni e mesi. Un “business” che coinvolge i fratelli della costa atlantica USA, che porta nell’isola la silenziosa ed esplosiva ricchezza di oltre ventimila miliardi di lire all’anno per la produzione e il traffico della droga pesante. Questo gigantesco “laboratorio” (in senso proprio di raffinerie per l’eroina e in senso metaforico) deve essere lasciato nella più grande “pace”, perché i traffici prolifichino, innocui e benefici, senza che alcuno vada a vedere di dove sorgono.

Pier Santi Mattarella aveva cominciato a dare qualche segno di rinnovamento nel governare questa regione. Uomo doppiamente pericoloso: figlio di un esponente politico discusso per i suoi rapporti col mondo della mafia approdò infatti a una maturazione di cattolico e democratico pensoso del bene comune, innovatore prudente ma saldo di stampo moroteo.

Gaetano Costa, il Procuratore, aveva impresso una svolta, diciamo così “teorica” alle indagini giudiziarie contro la mafia. Si era mosso cioè con i mezzi tecnici di un magistrato, ma con la statura di un intellettuale che minacciava di porre micidiali mine a scoppio ritardato sotto le potenti “mura di Gerico” della cittadella mafiosa.

Ecco, ci pare giusto ricordare questi due fra i tanti che la mafia ha assassinato in questi ultimi anni, perché la loro uccisione avviene sotto lo stesso segno politico – tutto politico – che caratterizza quella di Pio La Torre.

Il potere mafioso non ha bisogno di uffici studi per capire queste cose, ha antenne sensibili ed intelligenti.

Pio La Torre era arrivato qui caricato di un “animus” già di per sè inquietante. Era arrivato forte di una sua nuova, aggiornata cultura su ciò che era la mafia di oggi. E si era mosso subito con una capacità di mobilitazione, un attivismo, una inventiva che sconcertavano il pianeta mafioso e che facevano presa in modo imprevisto fra la gente, fra i giovani, negli ambienti più diversi.

Pensiamo a questa campagna per la pace contro i missili a Comiso. Di colpo questa Sicilia, questa Comiso, diventavano una grande scritta in tedesco, in fiammingo o in svedese su cartelli portati da cortei imponenti del movimento per la pace nelle capitali d’Europa. E La Torre, il PCI, avevano insistito: un milione di firme siciliane contro la base di Comiso. Qualcosa di cui era arrivata notizia persino sui giornali degli Stati Uniti dove dell’Italia ci si occupa ben di rado.

E pensiamo intanto a quello che stava avvenendo in questa isola. Tavoli per le firme della pace davanti alle chiese, anche nei punti più remoti delle città e delle campagne, bene accettati dai parroci; un banchetto anche davanti al Duomo di Monreale; il cardinal Pappalardo che dice “Non posso oppormi ad un movimento che chiede la pace”; i centomila della marcia di Comiso; dieci deputati regionali dc (la DC di Sicilia) che firmano la petizione contro i missili a Comiso; il presidente dell’Assemblea Regionale, il socialista Lauricella, che si schiera per le firme; il sindacato che prima è incerto e poi si mobilita; il tavolo per le firme davanti alla stazione ferroviaria di Palermo dove fanno la coda, in arrivo da ogni provincia, casuali passanti per firmare; centomila firme solo nel capoluogo regionale dopo pochi giorni.

E intanto, si badi, i convegni del PCI sulla mafia e con la partecipazione di magistrati; magistrati che vanno poi al congresso regionale del PCI e parlano dalla tribuna contro la mafia. E la delegazione guidata da La Torre che va da Spadolini. E la pronta nomina di Dalla Chiesa prefetto a Palermo, nella città nella quale sino a poco tempo fa si pensava che bastasse per fare il questore uno che non era nemmeno funzionario di polizia, che era solo iscritto alla P2, come tutto merito.

Ma tutto questo non fa rizzare quelle tali antenne mafiose? Per una serie di ragioni anche generali e di diverso genere questo movimento stava attecchendo in modo imprevedibile. E una delle ragioni era proprio questa nuova capacità impressa al PCI di incidere, di darsi una cultura politica di massa adeguata.

C’è un “antico” che può finire con il coincidere con la neo-cultura del “post-moderno”. La Torre lo aveva felicemente capito. Ha ricordato un suo compagno palermitano della prima ora, Mario Collarà che è segretario della sezione “Francesco Losardo” che era da sempre, qui a Palermo, quella di La Torre: “Mi ricordo negli anni 50, quando si faceva la diffusione domenicale de L’Unità e Pio, in una mattinata, riusciva a vendere 700 copie. E quelli erano tempi nei quali qui al quartiere del “Capo” a saper leggere erano ben pochi”. E ha detto un altro compagno di quella sezione comunista palermitana, Mario Viale: “Sono stato con Pio due domeniche fa a raccogliere le firme per la pace. Era allegro, scherzava e convinceva tutti a firmare”. Ecco, appunto, l’antico che diventa messaggio moderno, che colpisce i giovani come una novità piena di fascino, come un “modo nuovo” di fare politica.

Questo, tutto questo, sfasciava il clima della “pax mafiosa”, quella tale pace all’ombra della quale si è potuto operare tranquilli per due anni dopo l’intimidazione degli assassinii di Mattarella e di Costa: quando le varie “famiglie” regolavano i conti tra loro (130 i morti negli ultimi 13 mesi, opportunamente “potate” le vecchie piante dei Badalamenti, degli Inzerillo, dei Bontade nella disperata lotta per il controllo del “business” dell’eroina) e la gente badava solo ai fatti suoi.

Ha detto Ninni Guccione, presidente regionale delle ACLI, pochi minuti dopo aver appreso la notizia dell’uccisione di La Torre: “Chi riesce a muovere le cose, ad innescare processi che comunque cambino le cose, qualcosa, che siano unitari e collettivi, qui in Sicilia ha solo una risposta, che è il piombo, la sentenza di morte”.

Non crediamo che sia sempre così. Questa volta il potere mafioso ha lanciato una sfida troppo ardita e dubitiamo fortemente che quel movimento che esso tanto teme, possa fermarsi – piuttosto che intensificarsi – perché il compagno Pio La Torre è stato fucilato a tradimento.



fonte: http://www.terrelibere.it/latorre3.htm#base

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3 commenti:

Franca ha detto...

Ancora un ricordo doloroso

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