"Istruitevi, perché avremo bisogno di tutta la nostra intelligenza. Agitatevi, perché avremo bisogno di tutto il nostro entusiasmo. Organizzatevi, perché avremo bisogno di tutta la nostra forza." Antonio Gramsci

martedì 28 agosto 2007

La figlia di Custra: vorrei parlare con Grecchi

Nella scorsa primavera ha incontrato l'assassino del padre:
"Gli ho dovuto fare coraggio, sembrava morto dentro"Ho smesso di odiare, direi sì alla grazia


di ENRICO BONERANDI


Un'immagine degli scontri in via De Amicis quando venne ucciso Custra


"ANCHE Walter Grecchi ha una madre, una donna anziana che ha tanto sofferto. Molti anni fa scrisse alla mia: chiedeva perdono, si appellava all'amore materno. Mia madre stracciò la lettera. Anch'io ero indignata. Ma adesso i miei occhi sono cambiati. Perché aggiungere alla nostra altra sofferenza? Quella di un figlio che vive lontano nell'angoscia di finire in carcere e quella di una mamma che non lo può mai vedere". Così parla oggi Antonia Custra. Poi aggiunge: "Non serve a far tornare vivo mio padre. Lui è stato un uomo buono, so che sarebbe d'accordo con me".

Antonia Custra ha quasi trent'anni: quando suo padre, il vice - brigadiere Antonio Custra di cui porta il nome con orgoglio, venne ucciso in via De Amicis, a Milano, il 14 maggio del '77, la figlia tanto desiderata aspettava di affacciarsi alla vita, nel ventre della mamma, che era incinta di sette mesi e stava a Napoli per una visita medica di controllo.

La vedova Custra non è mai tornata a Milano. Non si è risposata. Ha vissuto trent'anni in una sorta di clausura dolorosa: mai un cinema, un bar, una vacanza. E anche Antonia è segnata dalle stigmate della storia crudele che ha distrutto la sua famiglia. Depressione, problemi di anoressia e di bulimia, e un odio che l'ha divorata dentro per 29 anni. Poi ha detto basta. Per salvarsi dalla spirale implacabile del desiderio di vendetta, che prosciuga ogni altro sentimento, e anche perché è una ragazza generosa, che soffre nel non potersi aprire agli altri. D'animo buono, si potrebbe semplicemente dire.

La scorsa primavera ha voluto incontrare il probabile assassino del padre, Mario Ferrandi, un terrorista "pentito" che da anni è tornato in libertà. Un incontro nato dopo quello con Mario Calabresi, che per primo le aveva parlato dell'ex terrorista intervistandola per il suo libro Spingendo la notte più in là. Proprio da Ferrandi si è fatta accompagnare dove il padre è stato ucciso. Ha cercato di capire. E ora, dopo l'intervista a Repubblica in cui Walter Grecchi, condannato a 14 anni e 11 mesi per concorso morale nell'omicidio Custra e fuggito in Francia, annuncia l'intenzione di presentare domanda di grazia, anche a lui Antonia è pronta a tendere la mano.

"La prima cosa che ho pensato è: come posso aiutarlo, lui e la sua famiglia? Lo so che sembra strano. Provo a spiegarmi. La mia vita è stata molto dura. Quella di mia madre, terribile. Non mi ricordo quando ho saputo la verità sulla morte di mio padre, chi me l'abbia detto. Ero già grandicella, facevo sempre domande sulla foto di quel ragazzo che sorrideva in divisa, in salotto. Subito ho odiato l'assassino che me l'ha portato via prima ancora che nascessi. Lo ammazzerei con le mie stesse mani, pensavo. Ma quest'odio mi ha logorato. La vita sempre dipinta di nero non è vita".

Come si può smettere di odiare?
"E' un percorso lungo. Ho cercato di capire chi erano gli assassini, sono riuscita a vederli, loro stessi, come vittime. Non li giustifico, ci mancherebbe. Ma quegli anni erano difficili e loro probabilmente sono stati burattini in mano ad altri. Mi ha aiutato pensare che avessero degli ideali. Non so quali, non ha importanza. Non hanno ucciso per soldi o per qualche tornaconto: combattevano in nome di qualcosa che a loro sembrava importante e giusto. La violenza, quella ha rovinato noi e loro. Non va bene, la violenza. Mai".

Sua madre condivide con lei questi pensieri?
"Mia mamma non comprende fino in fondo, ma mi lascia fare. Sa che ne ho bisogno per andare avanti, per guarire".

Lei è riuscita a trovare la forza di stringere la mano a Ferrandi, che probabilmente è quello che ha sparato a suo padre.
"Era molto imbarazzato, poi dopo un po' si è sciolto. Gli dovevo addirittura far coraggio io, sembrava una persona morta dentro. Abbiamo parlato molto. Non ero mai stata a Milano, mi son fatta portare in via De Amicis, che avevo visto solo in quelle foto che tutti conoscono. Ho provato un dolore che mi ha tolto il respiro, ma a un certo punto ho sentito che mio padre mi era accanto. E pian piano ho provato tanta serenità. Non mi era mai capitato. La pace mi cresceva dentro".

Walter Grecchi, a quanto hanno stabilito i processi, in quella manifestazione si limitò a lanciare bottiglie molotov.
"Era lì. Vicino a quelli che sparavano. Ma lui non aveva la pistola. Vorrei che mi raccontasse quel pomeriggio maledetto visto con i suoi occhi. La foto in cui c'è lui che scappa non sono mai riuscita a guardarla. Solo di striscio, mi fa troppa impressione. Quando mi capita, e a volte si fanno le cose anche se poi fanno male, ci metto un'ora per riprendermi".

Si discute sulla possibilità di un'amnistia per i terroristi degli "anni di piombo". Lei è d'accordo?
"Io posso parlare solo per me stessa. A nome dei parenti delle altre vittime non mi permetto di dire niente. Nella vicenda mia, c'è una consolazione: né Ferrandi né il suo gruppo, me lo ha spiegato bene lui, ce l'avevano con mio padre. Sparavano nel mucchio. Contro un simbolo o quello che sentivano come una minaccia. Se fosse stato un omicidio mirato, se si fossero armati per far fuori proprio mio padre, non potrei mai perdonare. Odiavano la divisa, non una persona. E' difficile, ma posso arrivare a capire".

Lei ora lavora in una questura.
"Sì, ma vesto in borghese. Sono civile, non poliziotta. Avrei voluto tanto fare il lavoro di mio padre, ma mia madre non ha voluto. Indossare la divisa era il mio sogno. La divisa dà emozioni forti. Per me sono positive, ma posso capire, non giustificare, che in quegli anni qualcuno abbia potuto prenderla in un altro modo. Era un periodo brutto, molto brutto".

Cosa si sente di dire a Walter Grecchi?
"Lui sta in Francia, lontano, ma spero un giorno di poterlo incontrare. Voglio che possa riabbracciare sua madre. Se presenta domanda di grazia, sono favorevole. Le sofferenze della sua famiglia devono cessare, per quanto possa dipendere da me. Solo così anche noi qui, forse, potremo trovare la nostra pace".

(28 agosto 2007)

fonte: http://www.repubblica.it/2007/08/sezioni/cronaca/foto-77/figlia-custra/figlia-custra.html

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2 commenti:

Franca ha detto...

Buon per lei che ci riesce. Io probabilmente non ne sarei capace

Anonimo ha detto...

@Franca.
se mai rileggerai soffermati sul "probabilmente"che hai scritto.Bene hai detto,ma appunto non essendo lei non puoi sapere.
Forse anche per te sarebbe ,alla fine, l'unico percorso possibile.Grazie.Un saluto