mercoledì 1 agosto 2007
13:32
di Gennaro Carotenuto
La “zingara” di Palermo era del tutto innocente, e non c’è mai stato nessun tentato sequestro di bambini in spiaggia a Isola delle Femmine. Anche la cellula di Al Qaeda formata da medici musulmani presunti terroristi, che era sulle prime pagine di tutti i giornali del mondo tre settimane fa, non è mai esistita. Nel silenzio osceno dei media, sono stati scagionati tutti. La “società aperta” è sotto attacco. Ma da parte di chi?
La signora Maria Feraru, 45 anni, cittadina romena, è stata completamente scagionata dall’accusa infamante di aver tentato di rapire un bimbo di tre anni sulla spiaggia di Isola delle Femmine, in provincia di Palermo. Portava una gonna sospetta, e ciò è bastato a scatenare la follia collettiva. Dai media, ai bar di tutta Italia, ai forum in Internet, in molti avevano chiamato al linciaggio, al farsi giustizia da sé. I media, trattandosi di una “zingara”, avevano immediatamente presunto la colpevolezza. C’erano perfino le motivazioni: tratta di bambini, qualcuno aveva perfino parlato di traffico di organi, in una corsa ad evocare più orrore possibile senza alcun riscontro. Non importa che il luogo più improbabile per rapire un bambino sia una spiaggia affollata o un supermercato, dove appena un paio di mesi fa era stato inventato un falso sequestro analogo, questa volta in norditalia. E non importa che non esista un solo caso di “zingara” condannata per sequestro di persona in Italia. La maggioranza degli abitanti di questo paese –senza alcuna vergogna- tra un giorno o un mese sarà di nuovo disposta a credere che tutti gli zingari rapiscono i bambini. O che i nazisti -è più o meno lo stesso- fecero le Fosse Ardeatine per colpa dei partigiani che non si consegnarono. Del resto lo dice anche Mike Buongiorno!
UNA FALSA NOTIZIA NON NASCE DAL NULLA Nasce da rappresentazioni collettive, mentalità collettive, che la precedono e la sostengono. E’ quello che ci ha insegnato già negli anni ’20 Marc Bloch, con La guerra e le false notizie. Siamo disposti a credere tutto quello che ci rende chiaro un quadro. Gli zingari, o i musulmani o i politici sono sempre colpevoli. I carabinieri (o gli Stati Uniti), secondo da dove si guarda, hanno sempre torto o sempre ragione. Gli italiani (e non solo loro) sono così disposti a credere che gli zingari rapiscono i bambini, tanto da ribaltare l’onere della prova: sei tu –chi scrive sta ricevendo diversi messaggi in tal senso- a dover dimostrare che gli zingari non rapiscono i bambini, non loro a dover citare un solo caso di condanna passata in giudicato.
Per far tenere in piedi la loro rappresentazione collettiva rivendicano il diritto all’ignoranza: non sappiamo dirti quale “zingaro” ha rapito un bambino, ed è stato condannato per questo, ma siccome tutti abbiamo sentito dire che gli zingari rapiscono i bambini, deve essere vero.
Il diritto all’ignoranza è elevato così a foglia di fico nazionale: pochi giorni fa a Firenze, il giudice Giacomo Rocchi ha assolto il senatore di Alleanza Nazionale, Achille Totaro. Questi era sotto processo per aver diffamato la memoria della Medaglia d’Oro al Valor Militare, il partigiano Bruno Fanciullacci, al quale aveva dato dell’ “assassino vigliacco” in relazione alla morte del filosofo Giovanni Gentile, attivo repubblichino. Nella sentenza il giudice sostiene che Totaro ha diritto di non conoscere i fatti e di conseguenza che, in base all’articolo 21 della Costituzione –per conquistare la quale Fanciullacci è morto sotto tortura, a Villa Trieste, la Via Tasso fiorentina- può esercitare la propria libertà di espressione, offendendo la memoria di Fanciullacci con un “ragionamento politico”, che prescinde totalmente dagli accadimenti. Diffamo Fanciullacci, o Berlusconi, o gli zingari o i musulmani, perché mi stanno antipatici ed è un mio diritto poterlo fare. E' l'elevazione -e fa giurisprudenza- del pregiudizio a categorie metafisiche.
Quindi il Senatore Totaro, ha diritto di diffamare la memoria di Fanciullacci per partito preso, per ideologia (antipartigiana), ma soprattutto facendosi scudo dietro la sua ignoranza. In base allo stesso diritto all’ignoranza, milioni di italiani si sentono in diritto di accusare i rom di rapire i bambini e i musulmani di essere tutti terroristi. Succedeva anche negli anni ’30, quando molti dei 40 milioni di italiani si autoconvinsero che poche decine di migliaia di ebrei ipotecassero il futuro della nazione e fossero usi a pratiche disdicevoli; per esempio che un banchiere ebreo fosse di natura più avido di un banchiere cattolico o buddista.
IL NEMICO TRA NOI La settimana scorsa, nella città australiana di Brisbane, il medico indiano di religione musulmana Mohamed Haneef, è stato scagionato dall’accusa di essere il capo di una cellula terroristica islamica formata da medici. La presunta cellula sanitaria di Al Qaeda era accusata di aver realizzato un attentato ai primi di luglio all’interno dell’aeroporto di Glasgow, dove un’auto prese fuoco in circostanze anomale per un attentato terroristico. Immediatamente dopo, tutti i medici presunti componenti della presunta cellula, erano stati arrestati, Haneef addirittura in Australia, dove secondo i media mainstream era scappato.
Erano stati arrestati senza tentare la fuga perché completamente innocenti e Haneef era andato in Australia per motivi privati. Nei giorni successivi i suoi cinque presunti complici, tutti medici, erano stati scagionati. Infine è toccato al capo: non è mai esistita una cellula di Al Qaeda formata da medici, né da paramedici, né da portantini, né da veterinari. Ai sei è andata bene, potevano essere linciati o ammazzati come capitò al cittadino brasiliano Jean Charles de Menezes, scambiato per terrorista e freddato sul posto. Oppure essere deportati per anni a Guantanamo senza processo né incriminazione alcuna, visto che appena una dozzina dei quasi mille che sono passati dal campo di concentramento cubano, è mai stato incriminato di qualcosa.
A chi non è andata bene, anzi è andata malissimo, è invece all’opinione pubblica mondiale. Questa per giorni è stata ammaestrata a pensare che giovani musulmani, perfettamente integrati nella società britannica, tanto da essere divenuti medici, lavorare nei nostri ospedali e curare i nostri malati, potessero essere invece il germe distruttivo della nostra società. Fior di esperti sono stati intervistati, dando per scontata la colpevolezza dei sei ed arrampicandosi sugli specchi per giustificare il perché sei brillanti medici si erano trasformati in terroristi. Alcuni di questi hanno sproloquiato sul fatto che "l'integrazione non è garanzia di integrazione", sull'irriducibile conflitto di civiltà, sull'atavico odio dei musulmani per le società aperte.
Non può sfuggire che, anche in questo caso, la falsa notizia non nasce dal nulla. Nasce dall’esigenza sia delle classi dirigenti che collettiva di individuare il nemico, di aggrapparsi all’esistenza di un nemico che spieghi il male, la paura alla quale la società occidentale sembra condannarsi. E il musulmano nemico non può essere solo il disadattato, l’escluso. Perfino i terroristi kamikaze del 7 luglio 2005 erano sì inglesi, ma con vite comuni, precarie, foriere di insoddisfazione, di rancore. I sei medici no. Sono il cerchio che si chiude sull’integrazione impossibile: se perfino sei medici si trasformano in terroristi, allora non c’è integrazione possibile e tutti i musulmani sono un corpo estraneo. E non importa che fosse una bufala macroscopica; se ben pochi media si sono preoccupati di divulgare la notizia della loro completa estraneità con Al Qaeda, allora per milioni di persone i medici musulmani continuano ad essere potenziali terroristi. E’ un paradosso, fa notizia l’uomo che morde il cane, ma se tutti i musulmani sono terroristi, come mai un musulmano scagionato dall’accusa di terrorismo non fa notizia?
La “società aperta”, è divenuta sinonimo di “società esposta”. E in questo l’invenzione del nemico ha la stessa funzione catartica che aveva l’uso del tradizionale antisemitismo nella Germania di Weimar come elemento di accumulazione del consenso da parte del partito nazionalsocialista, l’unico –parafrasando Umberto Bossi- ad avercelo duro contro il pericolo ebraico. Troppi soggetti concorrono alla creazione del mostro, del nemico. Partiti politici fautori –per cultura o per rincorsa- della mano dura. Operatori dei media inadeguati culturalmente. O apprendisti stregoni. Il teologo cattolico Brunetto Salvarani, un paio d’anni fa in un convegno a Rimini al quale partecipammo insieme, raccontò dell’invenzione di un mostro dei nostri tempi: Adel Smith. Quest’energumeno, un attaccabrighe fanatico, si presenta con l’aspetto del lottatore di wrestling, sempre pronto a spararla grossa e a menare le mani. Ma non è nessuno e non rappresenta nessuno, anche se da sue prese di posizione solitarie -come quella sui crocifissi esposti in luoghi pubblici- l'Italia ha discusso per mesi. Salvarani, un esperto di convivenza pacifica tra religioni, raccontò di essere stato interrogato anni fa dalla redazione del programma di Rai1, Porta a Porta, su chi rappresentasse chi nella comunità islamica italiana.
Avevano chiesto alla persona adatta: Salvarani era in grado di fare una mappa dettagliata su tutte le associazioni islamiche rappresentative della realtà di quella confessione in Italia. “L’unica cosa –si raccomandò Salvarani- non chiamate Adel Smith che è un pazzo scatenato e non rappresenta nessuno”. Il giorno dopo Adel Smith –allora perfettamente sconosciuto- era ospite di Bruno Vespa a Porta a Porta, presentato come uno dei più autorevoli rappresentanti della comunità musulmana in Italia. C’era solo irresponsabilità nella creazione di Adel Smith da parte di Bruno Vespa? O era parte di un disegno cosciente di costruzione del musulmano nemico? O semplicemente Adel Smith era il musulmano che più rispondeva alla rappresentazione collettiva che la redazione di Porta a Porta e forse la società italiana stessa consideravano lo stereotipo del musulmano? La politica della paura –la gestione della paura pubblica- ha reso il musulmano nemico, e non importa ricordare che siamo noi ad occupare Baghdad e Kabul e non loro Vienna o Poitier. Sicuramente per una donna Rom in Italia è oggi inopportuno fare un complimento ad un bambino.
Ma è una tragedia.
Gennaro Carotenuto
fonte: http://www.gennarocarotenuto.it/dblog/articolo.asp?articolo=1224
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leggete anche:
Il telepatico Adel Smith
ossia, l'indiano cattivo
link dell'articolo: www.kelebekler.com/
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FACCIAMO ATTO DI RIPARAZIONE NEI CONFRONTI DEI ROM
articoli tutti da leggere: per informarsi, riflettere ed educarsi ad uscire dai luoghi comuni ai quali nessuno è indifferente. Me compreso.
mauro
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Questa è la storia del più grande pogrom contro il popolo Rom dai tempi della Seconda Guerra Mondiale.
Un pogrom invisibile, che avviene qui in Europa a telecamere spente.
Ma questa è anche la storia di alcune persone insieme forti e molto fragili, alle prese con un mondo feroce e in guerra con tutti i predatori che volano incessanti sopra le teste del popolo dei Rom. Sono più abituato di loro a scrivere, Ma non dimenticate: questa è la loro storia, non la mia.
Roberto Giammanco ha controllato pazientemente il testo. Roberto, che a differenza di tanti cialtroni non scrive da nessuna parte i titoli che lui invece davvero ha; Roberto che sa far convivere mente e cuore, una cultura vastissima con passioni forti. E che ha fatto conoscere in Italia altri mondi disprezzati e offesi: i neri americani e i palestinesi.
Theo Fründt ha poi donato le foto splendide e terribili che ha preso nel Kosovo. Theo, esperto di aiuti umanitari con esperienze nei luoghi più esposti del mondo, era stato inviato dal governo tedesco per aiutare i profughi albanesi. Quando ha scoperto i pogrom contro i Rom, la Germania gli ha fatto sapere che il loro dramma non era politicamente interessante. Così Theo ha rotto tutti i ponti e si è messo a combattere da solo per il popolo che non serve a nessuno.
Ma anch'io sono coinvolto. Sono cresciuto senza patria, tra il Messico, gli Stati Uniti e l'Italia. Ho militato per quattordici anni a tempo pieno in una setta. Vuol dire vivere fino in fondo la prevaricazione che gli esseri umani possono esercitare sugli altri, attraverso la menzogna, l'indifferenza, la manipolazione, l'invenzione di miti, l'opportunismo. In una parola, il potere, che non ho solo subito ma ho anche esercitato. Però questa esperienza mi ha anche insegnato che è sempre giusto combattere i truffatori e i prepotenti e stare a fianco delle persone vere. Si rischia a fare così, ma ne vale la pena.
Credo che chi legge queste parole capirà perché nello stesso sito in cui ci occupiamo dei Rom e della violenza contro di loro parliamo - in termini critici - anche di una ben diversa categoria di persone: i difensori delle multinazionali dell'immaginario e delle sette distruttive, gli apologeti della manipolazione e dello sfruttamento. L'ingiustizia e l'oppressione sono sempre e sostanzialmente uguali, qualunque maschera indossino.
Questo testo non viene pubblicato qui solo per il gusto di raccontare una storia. Reska e la sua famiglia - come migliaia di altre famiglie Rom - hanno bisogno di tutti gli amici possibili. Amici decisi, un po' feroci e capaci di combattere fino in fondo per ciò che è giusto. Benvenuti, se ve la sentite.
Reska
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I gabbiani gridavano i loro nomi
C'è una storia che quasi certamente non conosci. Come potevi? Non te l'ha mai raccontata nessuno.
Un ragazzo di terra da solo sul mare, solo tra il sale dell'abisso e il sole d'agosto. È un Rom su un pezzo di legno. Passano i giorni e passano le notti. Lo trovano i pescatori. È l'unico vivo. Erano in centocinque e lui è l'unico che è rimasto.
Centoquattro corpi a nuoto lento, alla deriva, davanti al Montenegro, centoquattro corpi ammorbiditi, addolciti, scolpiti, erosi dall'acqua; c'è anche un termine scientifico, saponificazione.
Murat lavora in una fabbrica a Bergamo. Va dagli usurai che anche tra i Rom s'ingrassano di miseria e fa un debito per tirar fuori suo nipote dal Kosovo.
Il ragazzo arriva vivo. Ma tredici parenti della moglie di Murat erano sulla nave affondata. Tredici parenti. Ricordi, risate, affetti, gelosie, odi furiosi, scherzi - saponificati, accarezzati e mordicchiati dai pesci.
Murat è andato fino in Montenegro per riconoscere quei ciottoli bianchi di carne, dove erano riconoscibili solo i nomi tatuati secondo antico costume sulle braccia - gli strani nomi dei Rom, infinitamente diversi tra di loro.
Avevo conosciuto Bajram e Rezijana Berisha a Verona nel 1992. Una visione non insolita: Reska - come la chiamano in genere - è una "zingara" proveniente dal Kosovo, su una sedia a rotelle, che accoglie in silenzio la carità, più che chiederla; e vicino a lei, a volte, suo padre. Facile malignare, immaginandosi che alla fine della giornata la ragazzina ripieghi la sua carrozzella da finta invalida e dia a suo padre i soldi per andarseli a bere all'osteria.
Non ho conosciuto Bajram e Reska nel luogo dove chiedevano l'elemosina. Li ho conosciuti in un tratto desolato delle sponde dell'Adige, periferia postindustriale. Lei era davvero su una carrozzella, fulminata dalla poliomielite a tre anni; lui faceva saltuariamente lavori in nero. Solo quando non lo chiamavano al lavoro andava a far compagnia a sua figlia. Nessun dubbio, i soldi che rimediavano non se li andava a bere.Reska
Per sette anni, non avevo saputo più nulla di loro: sapevo solo che si erano trasferiti a Brescia. Poi ho sentito di cosa stava succedendo in Kosovo. Era una realtà sdoppiata: c'erano tutti i dolori reali di cui i Balcani sono carichi; ma c'era anche la loro improvvisa trasformazione in spettacolo di guerra. Sarei stato disposto ad ascoltare le persone reali, ma come si poteva stare a sentire i portavoce della NATO quando dicevano che i serbi avevano creato una piccola Auschwitz nelle miniere di Trepça, dove sembra che in realtà non sia morto nessuno? Mi sono perso i filmati dei profughi trasportati in Italia con le navi di Stato, o quelli che magnificavano le lucenti macchine per uccidere dell'aviazione degli Stati Uniti.
In quei giorni ero andato a prendere all'aeroporto un uomo d'affari arrivato dalla Germania, che si scusava per il ritardo - era dovuto al "bombing slot", la fascia oraria dei bombardamenti. Per intenderci, omicidi aerei dalle 9 alle 11, uomini d'affari dalle 11 in poi, tutti lì ad aspettare pazienti con le loro valigette ventiquattrore.
È solo dopo, quando hanno calato il sipario e dichiarato che lo spettacolo era finito, inevitabilmente con il trionfo dei buoni, che ho cominciato ad ascoltare. In piccoli trafiletti qua e là, leggevo che un intero popolo veniva sradicato. Proprio mentre i soldati di Clinton giocavano al trionfo facendo il loro ingresso a Prishtina, i Rom venivano scacciati da una terra in cui erano vissuti per secoli. Migliaia cercavano di attraversare l'Adriatico in condizioni terribili, mentre D'Alema rassicurava i perbenisti d'Italia - "li rispediremo tutti a casa". Alcuni donatori scrivevano sui pacchi che mandavano all'Operazione Arcobaleno, "solo per gli albanesi, non per gli zingari."
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Un enorme GRAZIE al sito http://www.kelebekler.com/
per l'impegno e la sensibilità nei confronti della VERITA'
1 commento:
Grazie anche a nome del sedicesimo di sangue Rom-Gitano che mi scorre nelle vene :-)
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