(fonte immagine: www.logifranchi.it/.../
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Questi giorni vedono ricorrere il decennale della scomparsa terrena di Madre Teresa: vogliamo ricordarla attraverso le parole di Tiziano Terzani e di don Vitaliano. Il web pullula di materiale su questa donna della quale si è detto tutto ed il contrario di tutto. Penso che ognuno abbia di lei un ritratto fedele se solo sa guardarsi nel cuore.. Io l'ho fatto, anni fa, e benchè non abbia saputo ancora operare in me quella trasformazione ultima a cui il mio spirito anela, devo ringraziare questa piccola donna dall'amore così grande e dallo spirito indomito: ad un mese dalla morte, nei giorni in cui sarebbe stata a Roma per incontrare Giovanni Paolo II, mi scrisse una breve lettera, in risposta ad una mia pervenutela a Calcutta, dalla Casa che le sorelle hanno a Genova.. Poche righe di intensa spiritualità ed amore fraterno, battute a macchina e contenute da una busta riciclata. La conservo gelosamente, ed una fotocopia mi accompagna nel portafoglio ovunque vada. Ovviamente non vi dico qual'è il contenuto; ma posso dirvi come i santi abbiano l'occhio lungo per i peccatori più protervi, come sono io.. Il vero, grande miracolo di Madre Teresa era che aveva tempo per tutti, perchè tutti, anche il più sconosciuto, ci ha abbracciato nel suo grande amore.
mauro
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dalla prefazione del libro: TERESA DI CALCUTTA. Una mistica tra Oriente e Occidente.
di Tiziano Terzani
"Io ho smesso di fare il giornalista alcuni anni fa. Mi sono ritirato sull'Himalaya, ho iniziato a studiare il sanscrito e mi sono messo a studiare la tradizione indiana perché ritengo che l’origine di tutto sia nell’India. Perché, secondo me, l’India ha inventato lo zero e ha inventato l’Uno. Tra queste cose c’è tutto. Me ne sarei stato lontano da tutto, sarei stato a guardarmi l’ombellico, a distruggere il mio ego, a fare quel vuoto di cui così bene parla questo bellissimo libro su Madre Teresa di Gloria Germani.
Ho letto questo libro: è bellissimo. Soprattutto perché parla delle radici osmotiche di Madre Teresa, della compenetrazione della sua tradizione cristiana con la cultura induista che lei aveva vissuto dentro di sé così concretamente. Ancora oggi nell’India pur modernizzata e in parte occidentalizzata, il divino è presente nella quotidianità della gente come in nessun altro Paese. È nel contadino che automaticamente tocca la terra prima di uscire di casa al mattino, e nel gesto di versare alcune gocce d’acqua sul cibo prima di mangiarlo; è nel modo stesso in cui la gente si saluta. Noi ci stringiamo la mano dopo averla aperta per mostrare che non nascondiamo armi, qui la gente unisce le mani al petto e si dice reciprocamente “namasté”: saluto la divinità che è in te.
Io direi che Madre Teresa non aveva un’idea geografica, storica, intellettuale, dell’India, perché il mondo, se lo si guarda dall’alto - e i grandi, come lei era, vedono il mondo dall’alto – non ha frontiere, non ha bandiere, gli uomini sono tutti uguali.
Lei, in India, vedeva i poveri, aiutava i poveri ed è quindi per osmosi che ha sentito la mistica, per osmosi ha sentito om purnam adah, purnam idam, perché lei era così.
Io sono arrivato da Madre Teresa per caso. Bello, perché il caso è l’altro lato della provvidenza. Facevo il giornalista. Ero in India già da un paio d’anni e mi occupavo come tutti i giornalisti delle guerre, del Kashmir, quanti morti, la rivoluzione. E poi, un giorno è uscito un orribile libro di un brillante e pretenzioso giornalista inglese, senza cuore , uno di quelli più dediti alla spettacolarizzazione di sé che alla ricerca di una qualche verità. Il titolo già dice tutto: Madre Teresa. La posizione della Missionaria. Era un libro velenoso che attaccava Madre Teresa dicendo che era una donna di potere, che voleva solo diventare famosa, che voleva essere santa, prendeva i soldi di tutti, anche di quelli che li avevano rubati ad altri, e per questo ebbe molto successo.
Il mio giornale, Der Spiegel, mi chiamò chiedendomi di scrivere ciò che pensavo. Io, devo dire la verità, di Madre Teresa fino al 1995, non mi ero mai interessato. In India avevo viaggiato dappertutto, in Kashmir, in Punjab, anche a Calcutta dove ero stato ad occuparmi di altre storie. Ma non mi ero mai soffermato su Madre Teresa. I cristiani in India mi parevano troppo fuori posto, perché gli indiani soffrono molto a causa delle religioni missionarie, come il cristianesimo, che fanno un grande sforzo per convertire. La gente qui appartiene a una tradizione religiosa non aggressiva, come lo sono anche l’ebraismo oppure lo zoroastrismo e le conversioni al cristianesimo sono sentite come una forma di violenza, che cambia la cultura, crea conflitti e tensioni.
E tuttavia ero un giornalista e dunque lessi il libro di Christopher Hitchens e finalmente giunsi a Calcutta. Ero un bravo giornalista e sapevo come vanno fatte le cose. La prima cosa è camuffarsi. Andai a stare in un albergo da poco in Sudder Steet, la via dei mendicanti, e senza dire chi ero e che ero venuto per scrivere su Teresa, una mattina mi presentai alla Casa Madre come uno dei tanti volontari occidentali venuti per dare una mano.Mi dettero un cartellino e fu assegnato a Kalighat, la casa dei morenti. Fui accolto da una brava suora, di quelle simpatiche, e passai li alcuni giorni a fare quel che c’era da fare, a conoscere le suore, i giovani occidentali che ci lavoravano ed a sentire le storie dei poveracci che passavano in pace le loro ultime ore. Per osmosi anch’io, per rendermi conto di quello che facevano.
Poi sono andato da Madre Teresa perché dovevo fare l’intervista. Ho aspettato un po’ di tempo. La casa di Madre Teresa è nel centro più caotico di Calcutta, un caos di rumori, clacson, rumori di ogni genere. E poi ci sono i cattivi odori, l’inquinamento delle macchine dei motorini. Da qui lei gestiva una “multinazionale” perché aveva 600 case in 122 paesi del il mondo, un esercito di 4.000 suore e monaci da mandare di qua e di la e il tutto era gestito senza un computer, da un ufficietto al primo piano, soltanto con una guida del telefono e tre macchine da scrivere. Secondo la regola della povertà, nella case di Madre Teresa non ci sono radio, né televisori, non un condizionatore d’aria né un ventilatore. Già questo mi piaceva moltissimo. Mi piaceva questo centro così importante che lavorava con sistemi così vecchi e semplici.
Finalmente viene questa donna. Era già molto anziana, mi guarda e mi chiede - a me che ero già pronto con tutte le mie domande da giornalista, se aveva preso i soldi da un tale che poi era stato accusato di averli rubati alla cassa pensionistica di cui si occupava. Io, giornalista, non sono riuscito a chiederle niente perché lei mi ha guardato e lei mi ha chiesto: “Lei cosa fa per Cristo?” . “Io scrivo” ho quasi balbettato." (dalla prefazione di Tiziano Terzani)
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Autrice: Gloria Germani. Anno: 2003. Editore: Edizioni Paoline. Pagine: 264. Prefazione: Tiziano Terzani. Sito: Edizioni Paoline. |
Gloria Germani, laureata in Filosofia Antica presso l'Università di Firenze, ha proseguito gli studi nel campo delle filosofie e delle religioni dell'India presso l'Università di Pisa. Vive e opera a Firenze ed è membro del Centro Studi Caterina Conio per l'approfondimento degli studi sul pensiero indiano con particolare interesse al dialogo interreligioso e alla filosofia comparata.
fonte: http://www.tizianoterzani.com/t-librocalcutta.html
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(fonte immagine: www.rai.it/news/articolonews/
Lettera a Madre Teresa
Cara Madre Teresa,
forse ti faranno presto santa e noi tutti possiamo considerarci privilegiati per aver potuto vedere come sono gli occhi e il sorriso dei santi.
Ho tanta paura, però, che saremo capaci di sciupare anche questo privilegio, di gettarlo alle ortiche così come si gettano “le perle ai porci”. Parlo di noi, gente comune, che abbiamo digerito la notizia della tua morte e la buona novella della tua esistenza così come abbiamo ingoiato il cibo che avevamo nel piatto mentre al telegiornale passavano immagini di te. Ma parlo anche dei potenti, molti dei quali parteciperanno ai tuoi funerali - macabra farsa con te imbalsamata e alto tradimento al modo in cui hai speso la vita .
Non eri di Calcutta: eri albanese. Figlia di quella terra tormentata, sorella di quel popolo del dolore troppo discusso e odiato. Dall’Albania all’India, dall’India al mondo intero hai indicato una via: dall’occidente, dall’Italia, all’Albania, dall’Albania al mondo sterminato degli ultimi, degli scarti umani.
Ce l’hanno ricordato in questi giorni, tu mettevi nelle mani di tutti i povericristi morenti il “‘passaporto per il paradiso”: ad esseri umani di tutte le razze, di tutte le religioni e anche di nessuna, consegnavi un biglietto: una “raccomandazione” per San Pietro (quello stesso San Pietro che poté giungere a Roma - non mi stanco di ripeterlo - e fondarvi la Chiesa solo perché duemila anni fa non c’erano ancora la Legge Martelli, il Decreto Dini sull’immigrazione e il Ministro Napolitano che lo avrebbero bollato extracomunitario e espulso in quanto clandestino).
Nessuno chiederebbe ai potenti di fornire ai poveri il tuo “passaporto”: per fortuna, il loro potere non arriva a tanto. Ma un piccolo lasciapassare per una vita terrena più decente certamente si. Per i profughi albanesi e per tutti gli extracomunitari, questo lasciapassare si chiama permesso di soggiorno.
I potenti sfileranno, come in passerella, accanto alla tua bara di cristallo; quegli stessi potenti che causano le povertà sulle quali tu ti sei chinata: se non hanno raccolto la tua sfida quando eri viva, non lo faranno neanche ora che sei morta. Il modo migliore per loro di onorarti sarebbe quello di fare, almeno per un’ora, quello che tu hai fatto sempre. Non ci illudiamo, forse sarebbero disposti a farlo soltanto se ci fosse la televisione a riprenderli.
A versare fiumi di lacrime e di parole al tuo funerale, ci saranno anche i potenti italiani che, quando torneranno in Italia, machiavellicamente e senza vergognarsi nemmeno un poco, gettando altra terra sulla tua tomba e sul tuo esempio, si industrieranno per scacciare più rapidamente e più efficacemente i tuoi conterranei albanesi, riprendendo a calpestare i tuoi ultimi, e, in loro, il tuo e nostro Dio Straccione.
Vitaliano
1 commento:
Bello il tuo commento Mauro. (Bello non fine a se stesso, ovvio :) )
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