"Istruitevi, perché avremo bisogno di tutta la nostra intelligenza. Agitatevi, perché avremo bisogno di tutto il nostro entusiasmo. Organizzatevi, perché avremo bisogno di tutta la nostra forza." Antonio Gramsci

mercoledì 23 maggio 2007

Dio non ha religioni



La Teologia della liberazione spiegata da uno dei padri fondatori

Fratel Betto, al secolo Carlos Alberto Libanio Christo, è un frei domenicano di 62 anni, che da anni scrive libri e trattati. Amico fraterno di Lula, è entrato anche in politica per sostenerlo nel progetto sociale Fame Zero, che adesso però non segue più direttamente. Da qualche mese è uscito dal governo “per due motivi”: “Perché volevo avere il tempo per scrivere e perché non condivido la politica economica del governo”. Ha un fare gentile e un aspetto sereno e deciso. Il suo volto disteso è segnato da guizzi di profonda ironia che testimoniano la sagace intelligenza.
Con semplicità ci ha spiegato la Teologia della Liberazione, cos’è, cosa ha dato alla gente più povera e miserabile, e perché ancora oggi, dopo quasi 40 anni, continui a sollevare tanti dubbi e preoccupazioni nella Chiesa di Roma.

Cos’è. “In America Latina la maggior parte della gente vive nella povertà e la maggioranza è di fede cristiana. Quindi la domanda principale di questa gente è: Dio vuole che noi rimaniamo in questa sofferenza? Oppure, come sta scritto nella prima pagina della Bibbia, ha creato il mondo in modo che fosse un giardino, un meraviglioso giardino con uccelli, fiori, acqua cristallina? La Teologia della liberazione, non è una teoria, non è un qualcosa nato nelle biblioteche, alle scrivanie, nelle accademie, nelle università religiose… No! E' la sistematizzazione dell’esperienza di fede dei poveri alla ricerca della loro liberazione”.

Perché stupirsi? Secondo frei Betto, in un mondo d’oppressione, in cui vogliamo credere nel Dio della vita – e la vita è il dono maggiore di Dio – la Teologia della liberazione significa coniugare la visione della fede con l'anelito alla liberazione. “Penso che ogni cristiano che viva il mistero della fede con gioia, con senso di liberazione, che vive l’amore, l’impegno per la lotta per la giustizia, pratichi la Teologia della liberazione”, precisa. “Una volta un vescovo mi chiese: “Ma perché cercare un’altra teologia quando c’è già la teologia della Chiesa di Roma?” E io gli risposi: “Nel Vangelo ci sono quattro teologie diverse, quella di Matteo, di Giovanni, di Luca e di Marco. E se ci sono già queste quattro visioni diverse di Gesù, queste quattro diverse visioni della chiesa, perché stupirsi proprio della Teologia della liberazione?”.

La speranza. “Vivere la fede in America Latina è avere la speranza di superare la miseria e la povertà”, continua il domenicano. “La gente incontra nella Bibbia, nella parola di Dio, il proprio alimento per capire meglio se stessi, per capire la lotta che sta vivendo e per trovare soluzioni. Faccio una metafora per spiegare meglio questo concetto. Per molta gente aprire la Bibbia è come aprire una finestra su interessanti fatti del passato. Nelle comunità ecclesiali di base, invece, la gente povera, quando apre la Bibbia, è come se guardasse se stessa in uno specchio, lo fa per riuscire a capirsi meglio, qui e ora”.
E per aiutare la gente a capire meglio le scritture, la vita di Gesù, nella prospettiva liberatrice, Betto ha scritto anche un libro “Uomo fra gli uomini”, una vera e propria lettura popolare del Vangelo.

I cambiamenti. “Molti qui in Italia mi chiedono cosa sarà della nostra Teologia adesso, con Papa Ratzinger – racconta fratel Betto - Beh, devo dire che questa cosa ogni volta che vengo in Italia mi Papa Benedetto XVIsconcerta: voi siete molto vicini al Papa, mentre noi in America Latina siamo molto vicini a Dio. Dovete capire, che molto spesso quello che avviene a Roma non ha molto riflesso nella Chiesa dell’America Latina. Anche le nomine di vescovi conservatori molte volte non provocano reazioni, perché c’è così tanto sfruttamento, così tanta sofferenza – tanto per dirne una nel mio Paese c’è ancora il lavoro in schiavitù – che tutto il dolore della gente parla più alto, parla direttamente a Cristo. Per questo la Teologia della liberazione nasce proprio in America Latina. E comunque, io non credo che il rinnovamento della Chiesa venga dall’alto, spero arrivi dal basso. Credo che lo Spirito Santo lavori dal basso.
L’unica cosa che so – incalza - è che trent’anni fa era soltanto la Teologia della liberazione che parlava di debito estero, di colonialismo, di neoliberismo, che criticava l’imperialismo, la politica estera degli Stati Uniti. Adesso questi temi appaiono nei documenti finali di Giovanni Paolo II. Eppure era un papa che aveva tollerato la guerra di Bush in Iraq del 1991, e che poi è arrivato a condannare l’invasione dell’Iraq di Bush figlio. Sono solito dire, infatti, che la Teologia della liberazione è arrivata a Roma. Roma può pure non averne coscienza, ma è così. Se si pensa che il Papa ha mobilitato 150mila persone contro il G8 a Genova! E’ esattamente quello che noi della Teologia della liberazione avremmo voluto fare”. Poi conclude, accennando alle tante contraddizioni del Vaticano: “Giovanni Paolo II stesso aveva una contraddizione: era un uomo con la testa di destra e il cuore di sinistra, perché era molto ortodosso nella dottrina, ma molto sensibile ai temi sociali”.

Ortodossia. “Gesù predicava il regno di Dio, ma purtroppo quello che è venuto dopo è la Chiesa”, riprende e, riferendosi all’incontro della Gioventù di Colonia, sottolinea: “Il Papa ha ricordato l’importanza per i giovani di leggere il catechismo della Chiesa, ma io avrei preferito che avesse sottolineato l’importanza di leggere il Vangelo. Dobbiamo ricordare che Dio non ha religione. Non è tanto importante avere fede in Gesù, quanto avere la fede di Gesù. Il messaggio centrale di Gesù è non tanto quello di avere fede quanto quello di mettere in pratica l’amore liberatorio”.
Secondo frei Betto se si analizzano i quattro Vangeli ci sono principalmente due domande che vengono rivolte a Gesù. La prima è: ‘Signore, che devo fare per guadagnare la vita eterna?’. “Ecco – spiega il frate - mai questa domanda esce dalla bocca di un povero. Esce sempre da coloro che si sono assicurati la vita terrena e che quindi pensano ad assicurarsi anche l’al di là. È la domanda tipica dell’uomo ricco, che vuol sapere come poter comprare anche il paradiso. E tutte le volte che Gesù ascolta questa domanda si sente a disagio, irritato. E ha anche reagito in modo un po’ aggressivo quando un ricco, nel porgli la domanda, lo adula apostrofandolo: ‘Buon maestro’. ‘Io non sono il maestro, il buon maestro è Dio’, gli risponde Gesù.
La seconda domanda che si incontra è invece: ‘Signore, come devo fare per avere una vita in questa vita?’. Ecco, questa viene solamente dalla bocca dei poveri. ‘Le mie mani sono inerti, hanno bisogno di lavorare. Sono cieco, ho bisogno di vedere. Sono paralitico, voglio camminare. Mio fratello è morto, vorrei vivesse. Mia figlia è malata, vorrei che guarisse’. I poveri chiedono a Gesù vita in questa vita. E a loro Gesù risponde sempre con misericordia e compassione. Perché lui stesso ha detto io sono venuto qui perché tutti abbiano vita, e una vita piena”.

Tutto sbagliato. Per il teologo brasiliano, tutto il mondo in cui viviamo oggi è una grande offesa al progetto di Dio. Perché in nessun versetto della Bibbia sta scritto che la povertà è gradita agli occhi di Dio. La povertà è una maledizione. È frutto dell’ingiustizia. Per questo Gesù si pone dalla parte dei poveri e li chiama beati: li considera i protagonisti della conquista di una società in cui tutti veramente avranno una vita.
“Dobbiamo riconoscere la presenza di Dio in tutte le tradizioni religiose. Eppure noi cristiani soffriamo del complesso di superiorità che ci fa pensare di essere migliori rispetto a tutte le altre confessioni. Ed è un vero e proprio peccato. I migliori sono coloro che amano come Gesù amava. Migliore era Francesco di Assisi, che si spogliò delle sue ricchezze per andare con i poveri”. E per frei Betto era addirittura migliore Che Guevara, “uomo ricco che si è dedicato ai poveri. E non era un credente”, precisa il frate. Poi aggiunge: “Sicuramente, quando il Che è salito al cielo Gesù gli avrà detto: ‘Sei il benvenuto. Io avevo fame e tu mi hai dato da mangiare, hai lottato per questo’. E lui avrà risposto: ‘Guarda Signore, io non ero credente, e non ti ho mai incontrato perché non ho mai messo piede in una chiesa’. E Gesù gli avrà risposto: ‘Ogni volta che hai lottato per i poveri, hai lottato per me’. L’importante – asserisce – è dunque che ognuno di noi ami per la nostra capacità di amare, solo così ci salveremo. La fede serve solo per capire questa dimensione di amore. Nella prima lettera di Giovanni si dice che Dio era amore. Chi ama conosce Dio. C’è molta gente che va in chiesa e non ama. Mentre chiunque ami conosce Dio, fa esperienza di Dio, perché Dio è amore”.
L’ideale dell’evangelizzazione secondo il teologo della liberazione è quando un giovane di 16/17 anni, davanti alla prima esperienza di amore riconosce che questa è anche esperienza di Dio. Non c’è un amore di Dio e un amore umano, tutte le forme di amore sono divine. “E questo lo sanno ben spiegare i poeti – conclude - Una volta in Nicaragua conobbi il poeta, che è ormai morto, José Coronel Utrecho. Era già molto vecchio, ma era ancora molto innamorato della moglie, Julia, alla quale aveva dedicato tutti i suoi poemi. Ecco, c’è una poesia in cui descrive la loro luna di miele. La prima notte di nozze, in albergo, aveva dato ordine di non essere disturbato per nessun motivo. Una volta pronto per il letto nuziale, una persona ha bruscamente bussato alla porta. Che succede? Si è chiesto. Ci sarà un incendio nell’hotel, eppur sono io quello incendiato. Apre la porta e si trova davanti Dio, che gli chiede: ‘Josè il letto è molto grande?’, ‘Sì Signore venga pure, ci entriamo tutti e tre’. Ma il Dio gli risponde: ‘Josè, tre siamo già noi’ e il poeta ribatte: ‘Signore non c’è problema, venite pure tutti e tre. Qui c'è posto per tutti’. E il poema termina con: ‘E’ stata una notte di una grande orgia spirituale’.”
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10 commenti:

Equo ha detto...

Promemoria

Camilo Torres Restrepo (Bogotà 3 febbraio 1929 - provincia di Santander 15 febbraio 1966) fu un sacerdote e guerrigliero colombiano.

Di famiglia dell'alta borghesia colombiana, si iscrive alla Facoltà di Diritto all’Università Nazionale di Colombia, fonda successivamente un giornale studentesco di denuncia e tenta di organizzare un sindacato dei lustrascarpe. In questi anni Torres fatica a trovare la sua vera vocazione, infine rompe un fidanzamento prossimo al matrimonio e decide per il sacerdozio.
La sua prima messa è nella cattedrale di Bogotà nel 1954, successivamente diventa titolare della cattedra di Sociologia nella stessa Università dove aveva studiato, i temi della sua polemica si riferiscono alla necessità della rivolta per ottenere le riforme sociali, una rivolta che dovrà trasformarsi poi in rivoluzione ed infine in lotta armata. Prese apertamente posizione in favore dell'estrema sinistra, teorizzando una teologia della rivoluzione intesa come l'unica efficace maniera di realizzare l'amore cristiano nei confronti dei diseredati e degli oppressi.
Privato della cattedra, osteggiato dalle alte gerarchie ecclesiastiche colombiane ed infine espulso, Torres non rinuncia al sacerdozio, fondando il giornale Fronte Unito ed organizzando incontri e dibattiti. Nel 1963 decide di darsi alla lotta armata clandestina, glissando gli inviti del FARC ed unendosi all'ELN (Ejercito de Liberacion Nacional) all'epoca impegnato nei primi passi della lotta armata e fortemente dipendente dagli aiuti cubani. L'ELN trova così molti proseliti grazie all'efficacia della predicazione di Torres, che presto si trasforma in una sorta di inafferrabile primula rossa, ma anche in un ottimo veicolo di pubblicità, per i propri compagni d’armi e per gli altri gruppi di guerriglia.
Nel febbraio 1966 una delazione denuncia all’esercito un gruppo dell’ELN che opera nella zona di Santander. Torres, che si trova casualmente in questa zona, si unisce a questo gruppo che subisce l'attacco dell'esercito, vengono uccisi tre guerriglieri, uno dei caduti è Padre Camilo Torres.

Piper ha detto...

Come fa un cristiano a credere nella lotta armata Equo? O comunque una persona religiosa in generale (non necessariamente un sacerdote)... Secondo me non si può uccidere.

Il male è male e genera male... Per questo cerco di oppormi quando sento parlare contro la Chiesa... Perchè chi lo fa genera solo altro male e interiormente non ha un atteggiamento pacifico. Non capisco cosa ci sia di bello in Camillo Torres Restrepo... Che ha aiutato qualcuno? Beh ma a svantaggio di qualcun altro! Se è per questo anche Hitler ha aiutato i tedeschi! Non facciamo ingannare dai colori delle bandiere per favore (chiedo scusa per il tono particolarmente polemico oggi ma devo avere le mie cose).

elena ha detto...

Piper, per quanto nobile sia il tuo sentire, dissento fermamente - e strenuamente. Capisco la nobiltà, appunto, del non ricorrere ai mezzi del nemico ed a mantenersi puri, combattendo il nemico con armi del tutto teoriche, ma non è così che il nemico verrà sconfitto. Sai che risate si fa, il nemico, se gli vai a dire "scusa, non mi sembra che sfruttamento e botte siano il sistema migliore per governare la società"... Ti prende, ti mette in galera e/o alla berlina, si fa un baffo delle tue esternazioni e continua a fare quello che gli va. E secondo te IO dovrei starmene lì buonina a subire? Non credo proprio.
Mettiamola così: fossimo nati in tempo, diciamo "pensanti" nel '43 (ma anche un po' prima), io sarei andata in montagna con i Partigiani, tu saresti rimasto in città a dirmi che, combattendoli, sarei diventata come loro. E' un discorso che ho già affrontato altrove (mi sembra da Equo): se in palio c'è la libertà, non solo mia ma anche tua, di mia figlia, dei miei amici e anche, sì ANCHE DEI MIEI NEMICI che manco se ne rendono conto, io lotto. E se tu potrai continuare ad esprimerti, sarà grazie a quelli che la pensano come me. Non perché il nemico verrà convinto dal tuo non essere come lui...
I monaci guerrieri di cui tante volte Equo ha parlato, poi, hanno ben chiara la cosa: il ricorso alla forza è l'ultima spiaggia. Ma, se necessario, si fa. Non per offesa, ma per difesa.
Ed è per tutti questi motivi che io le bandiere con il viso del CHE alle manifestazioni per la pace non le vedo per niente male. Avrà fatto male a qualcuno, obietti tu. Ma quantomeno ti rendi conto della differenza del male fatto per sè stesso (torture etc) da quello fatto per fare trionfare il bene? E poi, dimmi: che ha fatto di buono il nazismo per i tedeschi? A me onestamente sfugge qualcosa... :)

Equo ha detto...

E' sempre una scelta difficile e sofferta per coloro che credono profondamente nel rispetto e nella pace dover ricorrere alla violenza. Si corre SEMPRE il pericolo di diventare ciò che si combatte e, storicamente, lo abbiamo visto accadere. Tuttavia il non opporsi, anche fisicamente, ai prepotenti, ai tiranni, agli opressori finisce con l'incoraggiare la prepotenza, la tirannia, l'oppressione. Non credo che Piper "cercherebbe di ragionare" se stesse assistendo ad uno stupro o ad una violenza su un bambino; credo che afferrerebbe il violentatore per gli stracci e lo metterebbe in condizioni di non nuocere, usando tutta la violenza che, in quel momento, è indispensabile. Si tende a dimenticarlo, ma lo stesso Cristo ha dato di mano ad una frusta e menato botte da orbi contro i mercanti che infestavano il tempio...e non stavano nemmeno violentando qualcuno... od opprimendo un popolo. Quando mi è toccato di "impugnare la spada" non sono certo stato orgoglioso di me...credo, in tutta onestà, d'aver solo scelto il male minore.

Piper ha detto...

SI vi capisco Elena ed Equo. Ma capisco Elena ed Equo... Elena capisco quello che dici ma è quello che dici tu in proporzione a quello in cui credi tu... non quello in cui diceva di credere Restrepo! Ehi non siete voi che fate la polemica sulla chiesa che predica bene e razzola male :) Elena, tu ti arrabbierai, ma sei motivata in quello che dici da questioni politiche quindi a te fa piacere sapere di un prete che parla di lotta armata a vantaggio dei poveri. Ma dal mio punto di vista è sì da una parte una vittoria (se gli oppressi vincono) ma anche una grandissima sconfitta per il religioso. Una grandissima sconfitta. Ritengo che le persone debbano essere coerenti il più possibile con ciò in cui credono e se sei cristiano uno dei tuoi comandamenti è "non uccidere"... quindi ok Equo, si tratterà di scegliere il male minore ma, appunto... è sempre male!

Il modello a cui io faccio riferimento Equo sono quei monaci tibetani che hanno scelto consapevolmente di non combattere contro i cinesi. Hai presente cosa hanno fatto i cinesi in tibet? Nulla da invidiare ai nazisti.

Quindi quando mi esprimo in modo favorevole contro Restrepo lo faccio dando per scontato che lui sia un perdente... Per molti, per chi non è religioso, per chi ha una visione diversa delle cose può essere un eroe... Ma come cristiano è un perdente. E' vero Equo che di fronte ad un crimine, immediato come nell'esempio che fai, una persona sente la necessità di intervenire... ma nel modo meno violento possibile. Predicare la violenza è un errore clamoroso.

Equo ha detto...

Credimi, Piper carissimo: predicare la violenza è anche per me (come lo era per Padre Camilo) non solo un errore, ma una vera e propria aberrazione, un crimine! Predicare, invece, che non si debba subire sempre e che, di fronte alla prevaricazione dei potenti, occorra liberarsi... come occorre impedire la violenza sugli inermi, è altra cosa. Tu sembri dare per scontato che Camilo Torres (e, con lui, tanti sinceri cattolici nel mondo) abbia fatto a cuor leggero la scelta della lotta armata, ma, al contrario, ciò che è accaduto e, purtroppo, accade ancora è che queste persone (alla stessa stregua dei non-cattolici che amano la vita e la libertà) hanno enormemente sofferto per le azioni che si vedevano e si vedono costrette ad intraprendere. E' ingiusto collocarle sullo stesso piano del "militarista", del "fascista" che esalta la guerra come "igiene del mondo". La violenza che libera, contrapposta a quella che opprime, è sempre e solo un male necessario, che comporta di fare i conti con la propria coscienza. L'edificazione di un mondo dal quale guerra e violenza siano bandite passa anche attraverso la vita e l'opera di persone che si assumono la pesante e dolorosa responsabilità di scelte che avrebbero voluto evitare. Come dicevo Cristo non ha mai predicato la violenza, tuttavia ne ha fatto uso quando lo ha ritenuto indispensabile. Dopo di che il mondo sarebbe migliore se tutti la pensassero come te... Ma tutti, appunto... perché sino a che non sarà così qualcuno sarà costretto a comettere "peccato", sapendo di farlo, perché un giorno non sia più necessario... L'edificazione di un mondo di liberi e di uguali, nel quale, per chi vi crede, trovi posto anche il più genuino messaggio evangelico di fratellanza, si dovrà anche a queste donne ed a questi uomini che si sono caricati sulle spalle la "croce" pesante dell'esercizio della violenza...

elena ha detto...

Piper, sottoscrivo in pieno quello che ha scritto Equo, sicuramente meglio di quanto avrei fatto io.
Né lui né io abbiamo o stiamo predicando la violenza. Non l'abbiamo mai fatto. E non credo lo faremo mai. L'autodifesa, personale o di altri, è tutt'altra cosa. Non siamo noi che scateniamo le guerre sul pianeta... ma, conseguentemente a come la pensiamo, ci opponiamo. Con tutti i mezzi necessari, ma questo non significa affatto che ne siamo felici o orgogliosi (dei mezzi intendo).

Piper ha detto...

Elena ed Equo RISPETTO il vostro pensiero... Se non avessi letto quello che scrivete e quindi quello che pensate e se non avessi quindi cercato di immaginare che persone siete allora potrei impuntarmi.

Ma siccome apprezzo molte delle cose che dite mi dichiaro confuso. Voglio dire che ci devo pensare sopra a lungo. Il mio modo di vedere le cose è questo: io mi immagino la gente morta ammazzata e ciò che vedo nella mia mente è gente morta ammazzata. Facendo questo non tengo conto di quelle che sono le ragioni che hanno portato alla violenza: nella mia visione vedo solo cose che non vorrei vedere.

Ma leggendo quello che avete scritto mi chiedo se, per me, non sia necessario rivedere delle cose. Certo se devo rispondere a me stesso in questo momento allora la risposta è NO! Per questo dico che ci devo pensare.

Ma questo mi crea dei problemi. Dei grossi problemi. La prima parte della riflessione quindi è sul discorso del fine che giustifica i mezzi...

E poi, siccome mi sono fatto scoppiare le vene del collo e anche del cervello, contro la guerra in Afghanistan e in Iraq, dovrò rivedere anche quelle situazioni. Dovrò ripensare se forse gli americani non abbiano fatto bene ad intervenire, dovrò chiedermi se non è forse il caso di sganciare qualche bomba atomica sull'Iran.

Sto parlando seriamente. Ma tenete presente che non ho una posizione politica "ferma", sono figlio dell'incertezza di questi tempi, io vedo gli uomini e mi sembrano tutti uguali con i loro pregi e con in loro difetti. Per questo devo meditare nuovamente ma anche per questo credevo di aver trovato una "soluzione": la violenza genera violenza a prescindere dai fini. Perchè Equo dovrebbe essere diversamente, come potrebbe sfuggire al gioco delle origini interdipendenti? Su un piano spirituale, Equo, non stiamo solo contribuendo, anche se il fine sembra essere "buono", ad alimentare l'"Alaya"?

elena ha detto...

Rispetto ed ammiro, Piper, il tuo desiderio di ripensamento. Anche se non dovesse portarti a fare tuo il nostro punto di vista.
Però ti metto in guardia da una cosa che hai scritto (e che per me non ha senso): non c'è nulla da ripensare nel valutare l'intervento americano contro l'Afghanistan, o l'Irak (o l'Iran o chissà quale altro paese). Come nulla di buono c'è stato in Vietnam. Semplicemente perché gli USA si fanno gli interessi loro e non gliene potrebbe fregare di meno delle condizioni di vita dei popoli che dicono di andare a salvare.

Piper ha detto...

Grazie Elena... Ma a proposito degli interessi degli USA (che per la cronaca non mi sono poi così simpatici se, trovando l'appovazione di - come lo devo chiamare adesso? :) - gli ho definiti satanisti) dovrò ripensarci... Perchè ognuno ha i suoi interessi. Per questo pensavo (a dire il vero ancora penso, vediamo poi come va la meditazione) che uccidere è sempre sbagliato... Dal punto di vista degli USA quello che fanno va bene... se tu come me fossi al di sopra delle parti (cioè non completamente schierata... a volte è un hadicap a volte un pregio) avresti gli stessi problemi e vedresti solo persone che hanno i loro interessi. Certo a volte alcuni appaiono come dei poveretti ma... quanto tempo gli ci vorrà per diventare anche loro dei prepotenti? Per questo pensavo che risparmiare il sangue e cercare a fatica strade diverse fosse la cosa migliore.

P.S. nel precedente messaggio potresti aver letto cose "strane". Non è il delirio, Equo dovrebbe sapere ;)