17/5/2007
Confiscata ai boss della 'ndrangheta
LODOVICO POLETTO
TORINO
C’era il sole ieri mattina sulla collina di San Sebastiano Po. Alle 10,30 in punto tre carabinieri hanno varcato l’uscio e sono entrati a controllare la cascina, a certificare che i locali fossero davvero tutti vuoti. Sul cortile, per quasi un’ora, una decina di persone - i ragazzi di Libera Piemonte - hanno atteso in silenzio. Poi i militari sono usciti e hanno consegnato le chiavi: «Adesso è tutta vostra».
Sarà pure senza acqua, senza corrente elettrica, senza termosifoni (sono stati smontati dai vecchi proprietari) e in qualche stanza manca pure il parquet in legno d’ulivo di Calabria (che è stato portato via nelle scorse settimane) ma, alla fine, la casa che fu della famiglia Belfiore, dei genitori di Salvatore e Demenico, è ufficialmente passata al Gruppo Abele, confiscata dallo Stato e consegnata all’associazione presieduta da don Luigi Ciotti. E i ragazzi di «Libera» una delle emanazioni del gruppo Abele - con l’assenso del Prefetto, dei carabinieri e pure dell’amministrazione comunale di San Sebastiano - sono entrati nei locali. «Per presidiare e per impedire che questo bene confiscato ad una famiglia mafiosa venga ulteriormente danneggiato. I recenti fatti del Sud dimostrano che non si deve mai abbassare la guardia quando si affrontano certi argomenti».
Ma la loro non è soltanto vigilanza. È anche la testimonianza concreta del fatto che la struttura da dove, ipotizzò qualcuno, venivano impartiti gli ordini al resto del clan, è diventata «casa della legalità». Della lotta contro ogni tipo di mafia. E quello di ieri è soltanto il primo passo di un percorso che presto porterà quel cascinale elegante ed interamente ristrutturato a diventare una casa famiglia. Un posto di accoglienza per minori in difficoltà. Nelle prossime due settimane la struttura diventerà centro di incontri e dibattiti, ovviamente sui temi cari al gruppo Abele. Lassù salirà don Luigi Ciotti e con lui il procuratore generale Giancarlo Caselli; saliranno altri testimoni importanti della lotta alla mafia. E non è poca cosa il fatto che, proprio ieri, i ragazzi di Libera abbiano preso possesso della cascina. «Erano nove anni che aspettavamo questo momento» dicono i portavoce del gruppo. «La confisca risale al 1998, ma c’è voluto un sacco di tempo prima di poterne entrare in possesso. Ci sono stati problemi e molti rinvii».
L’ultimatum concesso agli occupanti è scaduto ieri. E così, mentre, alle 10,30, i ragazzi di Libera entravano per la prima volta in cortile, i vecchi proprietari salivano in auto e uscivano per l’ultima volta dal cascinale. Chiudendo con questo passo una storia infinita, facendo calare il sipario su un pezzo di storia criminale di Torino. Quella che culminò il 26 giugno di ventitré anni fa con l’assassinio del Procuratore capo di Torino Bruno Caccia. L’uomo che aveva dichiarato guerra alla ‘ndrangheta calabrese.
C’era il sole ieri mattina sulla collina di San Sebastiano Po. Alle 10,30 in punto tre carabinieri hanno varcato l’uscio e sono entrati a controllare la cascina, a certificare che i locali fossero davvero tutti vuoti. Sul cortile, per quasi un’ora, una decina di persone - i ragazzi di Libera Piemonte - hanno atteso in silenzio. Poi i militari sono usciti e hanno consegnato le chiavi: «Adesso è tutta vostra».
Sarà pure senza acqua, senza corrente elettrica, senza termosifoni (sono stati smontati dai vecchi proprietari) e in qualche stanza manca pure il parquet in legno d’ulivo di Calabria (che è stato portato via nelle scorse settimane) ma, alla fine, la casa che fu della famiglia Belfiore, dei genitori di Salvatore e Demenico, è ufficialmente passata al Gruppo Abele, confiscata dallo Stato e consegnata all’associazione presieduta da don Luigi Ciotti. E i ragazzi di «Libera» una delle emanazioni del gruppo Abele - con l’assenso del Prefetto, dei carabinieri e pure dell’amministrazione comunale di San Sebastiano - sono entrati nei locali. «Per presidiare e per impedire che questo bene confiscato ad una famiglia mafiosa venga ulteriormente danneggiato. I recenti fatti del Sud dimostrano che non si deve mai abbassare la guardia quando si affrontano certi argomenti».
Ma la loro non è soltanto vigilanza. È anche la testimonianza concreta del fatto che la struttura da dove, ipotizzò qualcuno, venivano impartiti gli ordini al resto del clan, è diventata «casa della legalità». Della lotta contro ogni tipo di mafia. E quello di ieri è soltanto il primo passo di un percorso che presto porterà quel cascinale elegante ed interamente ristrutturato a diventare una casa famiglia. Un posto di accoglienza per minori in difficoltà. Nelle prossime due settimane la struttura diventerà centro di incontri e dibattiti, ovviamente sui temi cari al gruppo Abele. Lassù salirà don Luigi Ciotti e con lui il procuratore generale Giancarlo Caselli; saliranno altri testimoni importanti della lotta alla mafia. E non è poca cosa il fatto che, proprio ieri, i ragazzi di Libera abbiano preso possesso della cascina. «Erano nove anni che aspettavamo questo momento» dicono i portavoce del gruppo. «La confisca risale al 1998, ma c’è voluto un sacco di tempo prima di poterne entrare in possesso. Ci sono stati problemi e molti rinvii».
L’ultimatum concesso agli occupanti è scaduto ieri. E così, mentre, alle 10,30, i ragazzi di Libera entravano per la prima volta in cortile, i vecchi proprietari salivano in auto e uscivano per l’ultima volta dal cascinale. Chiudendo con questo passo una storia infinita, facendo calare il sipario su un pezzo di storia criminale di Torino. Quella che culminò il 26 giugno di ventitré anni fa con l’assassinio del Procuratore capo di Torino Bruno Caccia. L’uomo che aveva dichiarato guerra alla ‘ndrangheta calabrese.
MAPPA San Sebastiano Po
+ Il paese non sta con Abele
fonte:
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Sabato 19 maggio in 800 piazze la pasta antimafia
L’iniziativa è stata presentata da un luogo simbolico: la cascina a San Sebastiano Po, confiscata da quasi dieci anni a Domenico Belfiore
fonte:
http://www.lastampa.it/Torino/cmsSezioni/cronaca/200705articoli/2998girata.asp
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Sabato 19 maggio in 800 piazze la pasta antimafia
L’iniziativa è stata presentata da un luogo simbolico: la cascina a San Sebastiano Po, confiscata da quasi dieci anni a Domenico Belfiore
TORINO
Torna in piazza la pasta antimafia in aiuto agli anziani: sabato in una cinquantina di piazze piemontesi (800 in tutta Italia) confezioni di spaghetti biologici, provenienti dai terreni confiscati ai mafiosi, saranno a disposizione dei sostenitori del Filo d’Argento Auser, il telefono amico degli anziani.
L’iniziativa è stata presentata da un luogo simbolico: la cascina a San Sebastiano Po, confiscata da quasi dieci anni a Domenico Belfiore e consegnata solo ieri al gruppo Abele. Gli spaghetti biologici sono prodotti dal grano coltivato dai giovani della cooperativa sociale «Placido Rizzotto - Libera Terra» di San Giuseppe Jato e da «Alce Nero» su terreni confiscati ai mafiosi dei clan Brusca e Riina.
«L’impegno - ha spiegato Davide Mattiello, responsabile regionale di Libera - è andare avanti affinchè tutti i beni confiscati alla mafia possano essere riutilizzati socialmente. Siamo solidali con i giovani di Libera della Sicilia e della Calabria che stanno vivendo un momento difficile: vogliamo dire loro che siamo al loro fianco, non con le parole ma con il nostro lavoro».
Una quindicina di giovani di Libera presidia la struttura di San Sebastiano Po, giorno e notte. Il gruppo Abele ha già raggiunto un accordo con l’Acf (associazione comunità famiglie) per fondare qui una comunità di famiglie.
Consulta l'elenco delle piazze
fonte: http://www.lastampa.it/Torino/cmsSezioni/cronaca/200705articoli/3009girata.asp
Torna in piazza la pasta antimafia in aiuto agli anziani: sabato in una cinquantina di piazze piemontesi (800 in tutta Italia) confezioni di spaghetti biologici, provenienti dai terreni confiscati ai mafiosi, saranno a disposizione dei sostenitori del Filo d’Argento Auser, il telefono amico degli anziani.
L’iniziativa è stata presentata da un luogo simbolico: la cascina a San Sebastiano Po, confiscata da quasi dieci anni a Domenico Belfiore e consegnata solo ieri al gruppo Abele. Gli spaghetti biologici sono prodotti dal grano coltivato dai giovani della cooperativa sociale «Placido Rizzotto - Libera Terra» di San Giuseppe Jato e da «Alce Nero» su terreni confiscati ai mafiosi dei clan Brusca e Riina.
«L’impegno - ha spiegato Davide Mattiello, responsabile regionale di Libera - è andare avanti affinchè tutti i beni confiscati alla mafia possano essere riutilizzati socialmente. Siamo solidali con i giovani di Libera della Sicilia e della Calabria che stanno vivendo un momento difficile: vogliamo dire loro che siamo al loro fianco, non con le parole ma con il nostro lavoro».
Una quindicina di giovani di Libera presidia la struttura di San Sebastiano Po, giorno e notte. Il gruppo Abele ha già raggiunto un accordo con l’Acf (associazione comunità famiglie) per fondare qui una comunità di famiglie.
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fonte: http://www.lastampa.it/Torino/cmsSezioni/cronaca/200705articoli/3009girata.asp
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