Naji Al Ali
Solo i morti hanno visto la fine della guerra (Platone)
E’ nel Kuwait che Naji Al-Ali crea il personaggio di Handhala, il bambino scalzo, con il vestito con le toppe sempre presente nelle sue vignette:
“Lo disegnai come un bambino brutto, con i capelli come quelli di un riccio perché il riccio usa i suoi capelli come un’arma. Handhala non è un bambino grasso, viziato e sereno, è a piedi nudi, come gli altri bambini a piedi nudi dei campi profughi...È un brutto anatroccolo e nessuna donna desidererebbe avere un bambino come lui, ma coloro che si avvicinano a Handhala, come ho scoperto in seguito, lo adottano perché è affettuoso, onesto, schietto e un diseredato”.
Lo vediamo quasi sempre di spalle, mentre osserva, raramente partecipa, e il suo muto osservare rafforza il messaggio della scena, messaggio che è quasi sempre ironicamente amaro, a sottolineare le colpe di tutti, senza guardare in faccia nessuno. Di lui Naji dice:
“In quanto povero non ha nulla da perdere. Non accetta compromessi, è un oppresso. Sì, è un oppresso, però non gli mancano le forze per affrontare e combattere tutte le forme di oppressione” E ancora: “Handhala è nato all’età di 10 anni e rimarrà sempre tale. A quell’età lasciai il mio Paese e solo quando Handhala tornerà in Palestina comincerà a crescere... Le regole della natura non si applicano a lui”.
Handhala, che in arabo vuol dire amarezza, è la coscienza di Naji che lo guida e nei momenti di sconforto e lo protegge dalla rassegnazione:
“È un’icona che mi protegge dagli errori e dalla confusione e nonostante il suo aspetto ha un cuore puro con una coscienza che profuma di muschio e ambra”.
Handhala è diventato il simbolo di tutti i Palestinesi che sperano in un giusto ritorno in madrepatria ma è anche il simbolo di tutti coloro che inseguono la giustizia. E dai muri dei Territori Occupati ha viaggiato su altri muri nel mondo; il più famoso è un murales a San Francisco voluto dall’artista Susan Greene nell’ambito di uno sforzo collaborativi tra donne ebree e artisti palestinesi. Susan Greene ha anche dato l’avvio al “Progetto Handhala”: un sito che invita i visitatori a scaricare i disegni di Naji affinché “diventino parte della storia” promuovendo in tal modo la sua immagine.
Nel 1988, a pochi mesi dalla sua morte, Naji fu insignito del premio annuale Golden Pen della Federazione Internazionale degli Editori di Quotidiani (FIEJ), premio che viene assegnato in riconoscimento delle azioni in favore della libertà di espressione. La giuria era composta da editori di 28 paesi tra cui Argentina, Austria, Belgio, Canada, Danimarca, Finlandia, Francia, Gran Bretagna, Germania, Grecia, Israele, Italia, Giappone, Olanda, Norvegia, Portogallo, Spagna, Svezia, Svizzera, Stati Uniti.
Naji Al-Ali biografia
Naji Al-Ali, nacque nel 1936 ad Al-Shajara, un piccolo villaggio dell’alta Galilea, fra Nazareth ed il lago di Tiberiade. Dopo una lunga resistenza, il villaggio fu raso al suolo definitivamente nel 1948 e gli abitanti dovettero cercare sistemazioni di fortuna nei vari campi profughi che l’ONU stava allestendo nella regione. La famiglia di Naji trovò rifugio nel campo profughi di Ein el-Hilwe, nel sud del Libano. Così Naji descrive la vita nel campo:
“Lì, la vita era al limite della dignità umana, vivevamo in sei in un’unica tenda, la metà della quale era stata trasformata in una sorta di spaccio dove mio padre vendeva le sigarette, gli ortaggi ed altri oggetti di poco valore”.
La carriera artistica di Naji Al-Ali iniziò grazie all’incontro nel 1961 con Ghassan Kanafani (scrittore e politico palestinese assassinato nel 1972) che fece poi pubblicare alcune sue vignette sulla rivista Al- Hurriyyeh. Nel ‘57 Naji emigrò in Arabia Saudita dove incominciò ad interessarsi in modo predominante all’arte. Nel ’59 al suo rientro a Beirut si iscrisse all’Accademia delle Arti. Poco tempo dopo fu invitato in Kuwait a collaborare alla rivista settimanale At-Tali’a come giornalista e vignettista. La caricatura poteva e doveva svolgere un ruolo importante nella sensibilizzazione e nella mobilitazione delle masse per la difesa dei propri diritti.
Cosi l’arte diventò per Naji Al-Ali un dovere in quanto strumento di lotta. Attraverso le sue vignette riuscì a trasmettere le giuste cause. Per fornirsi di maggiori strumenti, si mise a studiare le varie forme di caricatura e anche la storia e la cultura araba. Nel 1973 scoppiò l’ennesima guerra arabo-israeliana. Consapevole dei pericoli che correva la causa palestinese, Naji tornò in Libano e lì collaborò con il quotidiano As-Safir fino al l983 e questa collaborazione la ricorda come:
“la parte migliore della mia vita e della mia produzione. Lì, [a Beirut] circondato dalla violenza... mi opponevo quotidianamente con la mia penna. Non ho mai sentito paura, né debolezza o disperazione e non mi sono mai arreso. Io combattevo contro le armi con le mie vignette e i miei disegni di fiori, speranza e pallottole. Sì, la speranza è essenziale, sempre. Il mio lavoro a Beirut mi ha avvicinato ancora di più ai rifugiati dei campi, ai poveri, ai perseguitati".
Nel l982, l’esercito israeliano invase il Libano. Questa guerra non risparmiò nessuna famiglia, libanese o palestinese, residente in Libano. In moltissimi, per aver salva la vita, abbandonarono il paese. Naji, invece, rimase a combattere, a suo modo, con i suoi disegni, la guerra. Contemporaneamente, consapevole degli errori che venivano commessi dalle forze nazionaliste libanesi e dalla stessa resistenza palestinese, Naji non risparmiò, con l’ironia delle sue vignette, i loro leaders, invitandoli a non dimenticare le masse ed a rimanere sensibili all’autenticità della causa. In conseguenza a questo suo atteggiamento, Naji Al-Ali ricevette numerose minacce ed alcuni cercarono di corromperlo:
“Io ero preparato a morire per difendere anche un solo disegno perché ogni disegno è come una goccia d’acqua che scava la sua strada nella mente del popolo”.
Ciò non lo rese particolarmente popolare in alcuni ambienti politici, anche palestinesi, specialmente in quelli che detenevano il potere nelle strutture dell’OLP. Inoltre, a rendere la sua posizione ancor più vulnerabile, era il fatto che Naji non militasse in alcuna forza politica determinata, né palestinese, né libanese. L’allontanamento dei combattenti palestinesi dal Libano e la loro successiva dispersione in diversi paesi Arabi diede un colpo pesante alla causa palestinese. A questo proposito Naji scrisse:
“In questa fase dannata il mio ruolo assomiglia sempre di più al ruolo del muezzin ... devo mobilitare e sensibilizzare la gente ... non devo smettere di disegnare ... continuerò ... Se non trovo un giornale disposto a pubblicare le mie vignette, disegnerò sulla spiaggia, sugli alberi, sui marciapiedi, o sul vento. Intorno a noi è grigio, però è in condizioni come queste che il mio ruolo diventa più chiaro ... In queste condizioni i miei sentimenti sono più limpidi... dovrei smascherare coloro che si riempiono la bocca con le parole ... per ripristinare i nostri diritti, la lotta è l’unico linguaggio. Il fulcro di tutto è la democrazia. Le nostre frecce vanno lanciate contro le catene, le maschere, le carceri e le leggi truffa.”
Tornato in Kuwait, iniziò a collaborare con il quotidiano kuwaitiano Al-Qabas. In quei giorni le sue vignette attaccavano aspramente i regimi arabi per la loro totale sottomissione alla volontà degli USA. Espulso dal Kuwait, si recò a Londra insieme a sua moglie ed ai suoi figli. La sua espulsione dal Kuwait nonché il rifiuto di tutti i paesi arabi ad accoglierlo non lo misero in crisi. Questa nuova situazione diede più vigore alla sua lotta. Da Londra continuò a collaborare con il quotidiano kuwaitiano Al-Qabas. Il suo sogno era di stabilire un contatto diretto con quella parte del popolo palestinese rimasto nella propria terra, in Palestina. Mai come allora le opere di Naji vennero pubblicate contemporaneamente in varie parti del mondo arabo, dal Cairo a Beirut, da Abu Dhabi a Tunisi.
Le attività di Naji non si limitarono ai giornali e alle riviste arabe. Nel 1986 espose in vari ambienti londinesi. Lo scopo era di far conoscere agli inglesi la giusta lotta del popolo palestinese per i propri diritti, il diritto al ritorno, all’autodeterminazione e ad uno Stato palestinese indipendente sulla Terra di Palestina. In tutta la sua vita, non cercò la fama, e ancor meno il successo economico. Mirò unicamente a servire il suo popolo e la sua patria, pagando a caro prezzo le sue idee ed il compito che si era prefisso. Il 22 luglio 1987, a Londra, uno sconosciuto gli sparò con una pistola munita di silenziatore. Dopo un un mese di coma, il 29 agosto 1987 Naji morì, lasciando in eredità al suo popolo, e al mondo, circa 10.000 vignette, frutto di 25 anni di instancabile e appassionata attività in favore degli oppressi di tutto il mondo.
fonte: http://www.ghazala.it/prtart.asp?idart=5
La vita e la storia di Naji Al-Ali
curata da Tactical Media Crew
http://www.tmcrew.org/int/palestina/najialali/
HANDALA
http://www.lacaverna.it/palestina/palest/handala.htm
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The wall calendar features 12 months each on a 2 page spread with 12 cartoon images by Naji Al-Ali. Important Palestinian dates are marked on the calendar. Size when folded 11 inch *11 inch.
The Calendar is dedicated to the memory of Naji Al-Ali and to mark the 60th year for the Palestinian Nakba (the 1948 Catastrophe). Naji is perhaps best known as the creator of the character Handala, who is depicted as a ten-year old boy and appeared for the first time in Al-Siyasa newspaper in Kuwait in 1969. The figure turned his back to the viewer from the year 1973, and clasped his hands behind his back.
“He is an icon that stands to watch me from slipping. And his hands behind his back are a symbol of rejection of all the present negative tides in our region.” Naji Al-Ali
Handala remains an iconic symbol of Palestinian identity and defiance.
Price: US $15
2 commenti:
Grazie.
Grazie a te che ce l'hai fatto conoscere...
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