di Sergio Sergi
I gemelli Jaroslav e Lech Kaczynski, che tengono tuttora in mano la Polonia, sono ritornati in azione. Dopo aver dato scacco al Consiglio europeo dello scorso giugno, imponendo, in concorso con i britannici, significative limitazioni alle innovazioni del nuovo trattato Ue, si sono messi di traverso, imponendo il veto, alla decisione di proclamare il 10 ottobre la «Giornata contro la pena di morte». Alla riunione di ieri del Coreper (il consesso degli ambasciatori dei 27 Paesi Ue), istruito da Varsavia, il rappresentante polacco ha detto di no alla proposta avanzata dalla Commissione Barroso, in linea con la recente decisione dei ministri degli Esteri, di sostenere l'iniziativa italiana per la moratoria sulla pena di morte in sede Onu. Provocando lo sconcerto di quasi tutti i Paesi, la Polonia non ritiene «interessante» una giornata ufficiale contro la pena di morte mentre riterrebbe più significativa una «giornata per la vita, oppure contro l'aborto o l'eutanasia».
La presa di posizione è stata letta come una sorta di provocazione a poche settimane dalla riunione dell'assemblea delle Nazioni Unite dove sarà presentata la proposta italo-europea e rappresenta, indubbiamente, una gatta da pelare per la riunione informale dei ministri degli Esteri Ue che si riuniscono oggi a Viana do Castelo, in Portogallo. È in questa occasione che i ministri dovranno esaminare la bozza di trattato preparata dagli esperti giuridici, dopo l'accordo di giugno. E si sa già che il governo polacco, che sta per sciogliersi in vista delle nuove elezioni del 21 ottobre, intende avanzare ancora dei problemi: sulla Carta dei diritti, sulla Corte di Giustizia, sul numero dei parlamentari europei. Vale ricordare che nel testo approvato al summit di giugno a Bruxelles, i Kaczynski ottennero di fare inserire un protocollo in cui si afferma che la Carta dei diritti fondamentali non interviene sulle questioni morali né sul diritto di famiglia. Una linea politica ben nota della dirigenza polacca, diffusa e sostenuta dal direttore di «radio Maria», un amico strettissimo dei gemelli al potere.
Ma il fatto è che la Polonia dei Kaczynski, ormai, è un ostacolo all'integrazione europea. Il ministro degli esteri, Massimo D'Alema, ieri ha detto che la Polonia è governata «da una destra nazionalista, retrograda e antieuropea che ha prodotto danni preoccupanti all'Europa». La Commissione ha espresso il parere che la giornata europea contro la pena di morte vada egualmente proclamata. Secondo il vice presidente Franco Frattini, con il pieno consenso del Consiglio, che c'è già stato nella vicenda del sì all'iniziativa in sede Onu, e del Parlamento europeo, sarà possibile confermare l'iniziativa. Già in sede di Coreper, l'ambasciatore italiano, Rocco Cangelosi, ha espresso la «fortissima sorpresa» e una eguale «fortissima preoccupazione» per le ricadute politiche che potrebbe avere il blocco della giornata contro la pena di morte. Si tratta di una posizione definita «sconcertante» da parte di Famiano Crucianelli, sottosegretario di Stato con delega per gli Affari europei. Non va, ovviamente, dimenticato che la Polonia è uno tra i cinque Paesi dell'Ue a non aver ratificato il protocollo della Convenzione europea dei diritti dell'uomo che vieta la pena di morte. Del resto, il presidente Kaczynski di recente intendeva riaprire il dibattito sull'efficacia della pena capitale. La vice presidente del Parlamento europeo, Luisa Morgantini, ha definito «scandaloso» il veto polacco. «Allarme e preoccupazione» per il successo dell'iniziativa sulla moratoria sono stati espressi da Piero Fassino.
Pubblicato il: 07.09.07
Modificato il: 07.09.07 alle ore 11.47
fonte: http://www.unita.it/view.asp?idContent=68710
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