di Davide Madeddu
Dopo l'omicidio, un appello perché «chi sa parli». C'è rabbia e dolore tra gli abitanti di Orgosolo per la morte di Peppino Marotto, il poeta sindacalista rivoluzionario di 82 anni assassinato sabato davanti all'edicola dove avrebbe dovuto comprare i giornali. L'Unità, che acquistava ogni mattina e poi i giornali regionali e qualche altro nazionale. Nel paese della Barbagia adesso c'è bisogno di verità. E gli abitanti, così come i numerosi militanti e i parenti di Peppino Marotto vogliono risposte. Vogliono sapere chi ha ucciso Peppino Marotto.
Tutti, dal sindaco al parroco vogliono capire perché è stato ucciso un uomo di 82 anni con 6 colpi di pistola sparati da breve distanza. Dalla Cgil, il sindacato per cui Peppino Marotto aveva lavorato in tanti anni di militanza (era stato anche segretario della Camera del Lavoro che lui stesso aveva contribuito a fondare proprio a Orgosolo) escludono che possano esserci ragioni politico sindacali, mentre gli inquirenti che portano avanti le indagini non escludono alcuna pista. Una delle ipotesi seguite dagli investigatori, che in questo caso mantengono il più stretto riserbo, potrebbe essere quella di uno screzio. Futili motivi per qualche rimprovero che il poeta avrebbe fatto a qualcuno.
Ipotesi di lavoro ma nulla di più, almeno per il momento, dato che al momento non ci sarebbero testimoni. E non ci sarebbe neppure una spiegazione per la scelta del luogo dell'omicidio. Peppino Marotto è stato assassinato davanti all'edicola, in una strada trafficata e situata in pieno. Una zona molto più esposta della sede della Camera del Lavoro (alla periferia del paese) dove sarebbe dovuto andare dopo qualche minuto o vicino a casa. Tra gli abitanti che stanno in piazza c'è stupore. Qualcuno davanti ai cronisti dei giornali regionali lancia un appello perché chi sa «parli, anche con una telefonata anonima».
È troppo poco però. In paese ancora non si riesce a credere che possa essere successo. Che Peppino, il poeta, il sindacalista che ha unito la lotta da prima linea a quella culturale, sia stato ucciso a poche decine di metri dalla chiesa del paese. Dove venne ucciso nove anni fa don Graziano Muntoni. Nessun testimone allora, nessun testimone oggi. E nessun motivo. Dalla parrocchia al municipio il grido ci condanna è unanime. «Non lo dovevano toccare - dicono gli anziani davanti alle telecamere del Tg3 - cosa ci porta questo adesso? Nulla, dolore e rabbia». Per quell'uomo che non c'è più.
Peppino Marotto, il sindacalista che ogni giorno, nonostante l'età, continuava ad impegnarsi, come volontario dello Spi (il sindacato pensionati della Cgil) e il patronato Inca, a favore degli altri. L'uomo di 82 anni, «il comunista» come amava definirsi, che aveva cercato di fermare la violenza con la cultura. Con le lotte sindacali prima, affianco ai pastori e agli operai e con la poesia dopo. E poi le altre iniziative musicali con il coro del Supramonte. Fu lui a far sorgere, negli anni 70 il gruppo dei muralisti e a sostenere quei disegni che rivendicavano «progresso, cultura» ma anche «rivoluzione e ribellione» a un mondo fatto di omertà che affrescano tutte le pareti della parte vecchia di Orgosolo. E la cultura, con la rivoluzione e il sogno del «riscatto del proletariato» hanno contraddistinto e caratterizzato la sua esistenza.
«Da uomo di prima linea era adesso impegnato in quello culturale - ricorda Giampaolo Diana, segretario generale della Cgil - la sua attività era dedicata soprattutto a queste iniziative». Che erano fatte di partecipazioni ai convegni sul lavoro piuttosto che su Gramsci cui ha dedicato alcuni poemi musicati anche da altri artisti.
Pubblicato il: 30.12.07
Modificato il: 30.12.07 alle ore 20.25
fonte: http://www.unita.it/view.asp?idContent=71751
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