"Istruitevi, perché avremo bisogno di tutta la nostra intelligenza. Agitatevi, perché avremo bisogno di tutto il nostro entusiasmo. Organizzatevi, perché avremo bisogno di tutta la nostra forza." Antonio Gramsci

venerdì 28 dicembre 2007

Betancourt, parola di figli



Da Parigi sono arrivate lettere di un Natale triste, ma non lettere rassegnate. La speranza è il filo che lega voci lontane.


”Leggete queste lettere. Leggetele bene. Le voci che vi parlano svegliano la notte. Suono quotidiano nella giungla fra gli specialisti della violenza e dell’odio: la Betancourt le descrive con parole semplici, sconvolgenti... Leggere per voi è così poco. Per lei è un messaggio e una commovente offerta di solidarietà. Ingrid resta lucida e coraggiosa; eroica. Libera...”.
Comincia così la prefazione di Elie Wiesel, premio Nobel, scrittore che sessant’anni fa ha sopportato la stessa disperazione vagabonda di Ingrid, di Clara Rojas e del suo bambino, dell’ex parlamentare Consuelo Gonzales de Perdono: stanno marciando verso la libertà in chissà quale Amazzonia mentre la Betancourt resta prigioniera. “Lettres a Maman- par delà l’enfer”, lettera alla mamma oltre l’inferno scritte da Mélanie e Lorenzo, figli dell’ostaggio ancora sepolto nel gulag verde dei guerriglieri. Sei anni nelle mani dei signori di una guerra dimenticata; incatenata dall’ultimo liberismo selvaggio nel continente che cambia, prigioniera della nostalgia demenziale di una rivoluzione armata scopòta nel mercato coca e rapimenti.

Cinismi in apparenza diversi ma egoismo e vanità li avvicinano. La versione integrale della lettera di Ingrid e la risposta dei suoi ragazzi esce a Parigi il 3 gennaio, editore Seuil. Un amico mi ha spedito le bozze, ne anticipo qualche riga per far capire che non si tratta della furbizia di un istant book commerciale: è il solo modo concesso a Mélanie e a Lorenzo per far sapere alla madre che il mondo non l’ha dimenticata e che il dolore della sua immagine è una ferita aperta sotto le frivolezze del Natale mangia e compra. La Betancourt non deve essere dimenticata perché non è mai stata tanto in pericolo da quando il caso è scivolato nei geroglifici di un intrigo internazionale mentre le sua resistenza sta declinando.

Non dimenticarla con un libro vuol dire portare queste lettere ai microfoni di France International e di certe radio colombiane: ogni settimana leggono a chi è sperduto i messaggi dei familiari. “Vi ascolto e mi trema il cuore”, Ingrid si commuove nel ricordarlo. Wiesel non si commuove: ne è angosciato. L’angoscia di Ingrid lo riporta nell’Europa che gli ha rubato la prima vita. “Mai dimenticherò ciò che ho passato, anche se fossi condannato a vivere quando Dio stesso. Mai”. Deportato ad Auschwitz, vede sparire madre e tre sorelle nei forni di Hitler “perché inadatte al lavoro”, quel lavoro che sfinisce il padre fino alla morte. Trascinato a piedi nel gelo, non un pezzo di pane, arriva a Buchenwald con alle spalle i russi che inseguono i nazisti in fuga. Ricomincia da un orfanatrofio francese, fa il giornalista, incontra François Mauriac, scrive “La notte”, memoria che lo avvicina a Primo Levi: “Mai dimenticherò quel silenzio notturno che mi ha tolto per l’eternità il desiderio di vivere”.

Sfogliando la lettera della Betancourt, Wiesel ritrova i suoi passi nel buio: “Imprigionata, tormentata, torturata, abbandonata da troppi protagonisti, per troppo tempo, sprofonda nelle tenebre lontane del terrore”.
Scrive Mélanie “Mia piccola mamma, la tua lettera è arrivata da lontano, al di là dello spazio e del tempo. Nella giungla che ti trattiene sei lontana anche dal sole. Le tue parole ci hanno risvegliati. Abbiamo capito cosa vuol dire essere liberi...”.

Se la prosa “lucida” della Betancourt ricorda a Wiesel quel suo stringere i denti per resistere nell’Europa distratta, la grande informazione vicina al presidente della Colombia, Uribe, liquida l’appello della Betancourt con una compassione sospetta che la prefazione del grande scrittore rovescia senza pietà: Ingrid é lucida e consapevole, mentre nei bisbigli colombiani la si rappresenta come il fantasma di chi ormai non sa come è cambiato il mondo. Temendone il ritorno destabilizzante, cominciano ad inquinare le verità che la Betancourt può testimoniare e che già annuncia nei sogni scritti alla madre: rivuole una Colombia non liberista, ma solidale e consapevole dell’infelicità di milioni di diseredati. I figli hanno raccolto il messaggio e lo amplificano, e insistono senza tenerezze per nessuno. “Tutto continua a dipendere da certe persone: i dirigenti della Farc, il governo colombiano. Solo un pugno di uomini”, responsabili di uno strazio senza fine.

”Questi uomini non possono avere scuse. Hanno avuto tutto il tempo per riflettere sulle loro decisioni, hanno potuto valutarle milioni di volte continuando a ripetere: aspettiamo il momento giusto, che vuol dire aspettare di avere carte buone in mano per imporre il loro gioco. Oggi i giochi sono finiti. Non ci saranno altre partite. Questa è l’ultima partita. Le Farc devono essere coscienti che nei prossimi giorni, nelle prossime settimane, la loro decisione concluderà la storia. Se faranno un passo in avanti liberando gli ostaggi, la storia lo ricorderà. Ma se insisteranno nel rimandare la liberazione per guadagnare strategicamente qualcosa sentendosi protette dallo scudo delle vittime, alla fine perderanno. Saranno gli sconfitti della storia. Il presidente colombiano, dal quale si poteva pretendere più compassione, umanità o semplice protezione, ha lasciato passare questi anni (quasi sei) con una certa indifferenza; peggio, innalzando ostacoli ogni volta che si apriva uno spiraglio per far saltare la possibilità di tentare un accordo. Ci siamo sempre scontrati con un certo tipo di interessi che sfuocano in secondo piano la vita di coloro che noi amiamo... Se ammettono che è prioritario salvare esseri umani, le cose diventano semplici: accordarsi con la Farc per lo scambio di ostaggi... Le critiche che noi rivolgiamo al governo le abbiamo riascoltate in ogni altro paese, dall’America Latina all’Europa, Francia, soprattutto... Mi domando cosa pensi, mamma, in fondo alla foresta ascoltando briciole di informazioni alla radio... Forse non credi più alla possibilità di tornare. Io ci credo. C’è qualcosa che supera la nostra volontà. Tanti occhi sono rivolti verso voi ostaggi, sguardi che si indignano, coscienze che si svegliano, mobilitazione che attraversa il mondo... Mamma, sappiamo che bisogna fare in fretta. Sappiamo che stai toccando il fondo. Immaginiamo quanto sia difficile trovare la forza per un’altra notte di sofferenza, un’altra marcia forzata nell’inferno; altre umiliazioni... Non è una lettera d’addio. È una lettera di ben trovata. A presto, mamma”.

Nelle 169 pagine del libro si ringraziano Hugo Chavez e Sarkozy, Piedad Cordoba, senatrice colombiana che ha tirato i primi fili della mediazione coinvolgendo il presidente venezuelano. Su Uribe e il suo governo Mélanie e Lorenzo rovesciano parole di sdegno che la buona educazione prova a sfumare.

Uribe ha tolto a Chavez la mediazione mentre Chavez stava per ricevere la lettera e le immagini di Ingrid e di altri ostaggi dopo quattro anni di niente.Vice presidente della Colombia è Francisco Santos, fino a qualche mese fa tra i proprietari e direttore del “Tempo”, giornale senza rivali a Bogotà. La sua é una delle famiglie che dominano il paese. Quando Walter Veltroni espone l’immagine di Ingrid al Campidoglio, Santos protesta con una lettera ipocrita mandata al Corriere della Sera.

Betancourt, è importante come ogni altro ostaggio, ripete. Ma prima di lei le Farc hanno rapito altre 2000 persone. L’obiettivo non può concentrarsi su un solo prigioniero; deve programmare la restituzione immediata e senza condizioni di tutti. Principi sacrosanti che annunciano la paralisi. Fermi, aspettiamo.. Era il febbraio 2007. Si ricordavano i 5 anni di prigionia della signora che aveva sfidato Uribe alla presidenza promettendo un paese senza caste, multinazionali sotto controllo, politica solidale e sensibile al destino di 3 milioni di uomini e donne in fuga dalla guerra interna: profughi dimenticati. Il mese scorso il vice presidente Santos imbuca consigli più o meno uguali indirizzati ai sindaci di tante città francesi: non esponete il ritratto della Betancourt, non accentrate il problema degli ostaggi solo su questa donna. E mentre il Tiempo (comprensibilmente filo governativo) ne mette in dubbio l’equilibrio mentale temendone il ritorno e accusando Chavez di ingerenze inaccettabili per essere riuscito a provare che Ingrid è viva ed é prossima la liberazione di tre prigionieri importanti; mentre si sparge fumo per confondere le idee, il sindaco del diciottesimo arrondissement di Parigi copre i Campi Elisi con l’immagine della Betancourt. Adesso é più che mai in pericolo: i bombardamenti sbadati dell’esercito insistono con la soluzione di forza. Solo per caso – spiegano i ministri di Uribe – le forze armate colombiane manovrano in queste ore attorno alle frontiere amazzoniche verso le quali stanno marciando Clara, il suo bambino e il terzo ostaggio.

Camminano accompagnate dalle Farc. E se una pattuglia del governo “per caso” incrocia prigionieri e carcerieri, cosa succede?
A chi daranno la colpa giornali e Tv, in agguato per conto del presidente Uribe? Agli orribili guerriglieri, naturalmente, davvero orribili, non solo nella crudeltà, soprattutto nel dosaggio dei ricatti. Tre morti in più o in meno non cambiano il loro profilo morale ma regalano ad Uribe la rivincita sul Chavez che continua a mediare con l’appoggio a Washington dei senatori democratici James McGovern, Bill Delahunt, e Gregory Meeks.

Lontano dalla foresta per salvare almeno la faccia, Uribe fa girare la giostra degli appelli e degli abbracci con presidenti amici. Nebbia nella quale è complicato orientarsi. Confondere per non risolvere é l’ultima maniglia alla quale si aggrappa per non perdere il rispetto degli elettori e non avvilire la poltrona che vorrebbe eterna, proprio come Chavez ma nessuno se ne meraviglia. Mentre scrivo, Clara, il bambino e l’altra signora ostaggio attraversano l’Amazzonia chissà con quale fortuna.

Un giornale popolare di Bogotà gioca col Natale paragonando il loro viaggio alla fuga della sacra famiglia nell’Egitto accogliente di Gaza. Due mila anni dopo il mondo è davvero peggiorato. Gesù, Giuseppe e Maria si mettevano in salvo da Erode.
Il guaio è che nella Colombia dei nostri giorni di Erode ce n’è più di uno. “Cara Mamma, siamo fieri di te che rifiuti di giocare il gioco dei rapitori. Il tuo esempio ci ha fatto diventare grandi. Tu, noi, assieme”. E la speranza continua.

mchierci2@libero.it

27/12/2007
La cortesia dell'Unità

Maurizio Chierici | altre lettere di Maurizio Chierici

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Supporters of hostage Ingrid Betancourt attend a candle-light ceremony outside the Notre Dame Cathedral in Paris December 22, 2007. People gathered to demand the liberation of the kidnapped former Colombian presidential candidate Ingrid Betancourt who has been held captive since February 2002. From Reuters Pictures by REUTERS.

Supporters of hostage Ingrid Betancourt attend a candle-light ceremony outside the Notre Dame Cathedral in Paris December 22, 2007. People gathered to demand the liberation of the kidnapped former Colombian presidential candidate Ingrid Betancourt who has been held captive since February 2002.

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Supporters of hostage Ingrid Betancourt attend a candle-light ceremony outside the Notre Dame Cathedral in Paris December 22, 2007. People gathered on Saturday to demand the liberation of kidnapped former Colombian presidential candidate Betancourt who has been held captive since February 2002. From Reuters Pictures by REUTERS.

Supporters of hostage Ingrid Betancourt attend a candle-light ceremony outside the Notre Dame Cathedral in Paris December 22, 2007. People gathered on Saturday to demand the liberation of kidnapped former Colombian presidential candidate Betancourt who has been held captive since February 2002.

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Supporters of hostage Ingrid Betancourt attend a candle-light ceremony outside the Notre Dame Cathedral in Paris, December 22, 2007. People gathered to demand the liberation of kidnapped former Colombian presidential candidate Ingrid Betancourt who has been held captive since February 2002. Banner reads, 'Mobilise for the Liberation of Ingrid, Clara and all the hostages in Colombia'. From Reuters Pictures by REUTERS.

Supporters of hostage Ingrid Betancourt attend a candle-light ceremony outside the Notre Dame Cathedral in Paris, December 22, 2007. People gathered to demand the liberation of kidnapped former Colombian presidential candidate Ingrid Betancourt who has been held captive since February 2002. Banner reads, 'Mobilise for the Liberation of Ingrid, Clara and all the hostages in Colombia'.

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Franco-Colombian politician Ingrid Betancourt, held hostage in Colombia by the Revolutionary Armed Forces of Colombia (FARC), appears on a giant screen, in front of the French National Assembly, 21 December 2007 in Paris. Colombian Marxist guerrillas confirmed the eve they would release three hostages, including a top aide Ingrid Betancourt, posting on their website a statement earlier released through Cuba. Subtitles read "no more kidnaping". From Getty Images by AFP/Getty Images.


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