Il presidente della Camera lancia una sfida di «politica culturale» invitando gli intellettuali a superare i pregiudizi
Porgendo la mano a Silvio Berlusconi, aveva messo tutto in conto. Ora Fausto Bertinotti è diventato bersaglio di critiche e censure. La colpa di Bertinotti è di aver accettato il dialogo con il Cavaliere. E dinanzi all'accusa il presidente della Camera lancia una sfida di «politica culturale» agli intellettuali di sinistra benpensanti, li invita a superare «i pregiudizi», a smetterla con gli «integralismi », e a sostenere il dialogo sulle riforme, strada che è comunque intenzionato a percorrere fino in fondo. Perché la partita va al di là della trattativa sulla legge elettorale: «Possibile non si capisca? Possibile non si avverta il sentimento profondo del Paese? Possibile non si comprenda che la classe dirigente corre il rischio dell'apartheid? Possibile non si veda che se non ce la facciamo, stavolta falliamo tutti e soprattutto cade tutto?».
Bertinotti confida che attraverso questa chiave di lettura possa essere compreso il significato della sua mano tesa verso Berlusconi, descritto da molti nel centrosinistra come un «nemico» con cui non si deve parlare per non perdere la propria verginità politica. Si rende conto delle ostilità che incontra, ne parla quotidianamente al telefono con Walter Veltroni, vittima anche lui di allusioni e battute tendenziose. Ma resta fiducioso: «Sono fiducioso per disperazione». Concetto terribile, espresso di getto, quasi volesse levarsi un peso. A suo dire, d'altronde, se il dialogo fallisse, dopo non ci sarebbe nulla, tranne l'immagine del dramma di Torino alla ThyssenKrupp, dove «ho percepito una separazione, un cancello, tra gli operai che stavano dentro la fabbrica e si sentivano soli, e noi che venivamo visti come quelli che stanno fuori e non muoiono bruciati».
È il pericolo dell'«apartheid» che lo preoccupa. E se ieri, con incredibile coincidenza, Giampaolo Pansa sull'Espresso lo ha disegnato come «il grande puffo», Furio Colombo sull'Unità lo ha intruppato nello «schieramento dei super partes berlusconiani», e la senatrice comunista Manuela Palermi su Liberazione
l'ha accusato di sacrificare la Cosa rossa sull'altare dell'intesa con Veltroni e il Cavaliere, Bertinotti non ha ceduto alla tentazione di voltare le spalle alle critiche. Ha preferito la fatica del confronto, che è diventata sfida: «È una sfida di politica culturale. Io penso infatti che il dialogo sia necessario per rinnovare il nostro sistema e agganciarlo al grande processo di trasformazione dei partiti che è in atto in Europa. La legge elettorale è solo un tassello, il primo passo. E per compierlo bisogna rischiare».
«Io rischio», dice Bertinotti: «Iniziamo a rischiare tutti. Iniziamo a rompere le logiche opportunistiche, a superare i settarismi, ad abbandonare interessi di piccolo cabotaggio, in base ai quali, io che sono girotondino non ci sto, io che sono un piccolo partito non ci sto, io che punto a preservare una posizione di potere non ci sto. Con la politica del "non ci sto" siamo diventati "politiglia", come ha scritto Giuseppe De Rita sul Corriere. Perciò sono convinto che sia giusto dialogare con tutti, anche con Berlusconi ». In fondo, come ha spiegato ai suoi, il dialogo porta a un processo di «auto-responsabilizzazione » del Cavaliere: la mano tesa è un segno di fiducia, toccherà a lui non dilapidarla.
È l'unica strategia per uscire dal pantano, «lo penso anch'io che sono forse il più prevenuto di tutti verso Berlusconi», dice Ciriaco De Mita, infastidito dagli «attacchi pretestuosi» al presidente della Camera: «Questa purtroppo è la prova che si fa fatica a vincere la stupidità. Perché il Cavaliere stavolta ha compiuto davvero un gesto di straordinaria intelligenza politica, prestandosi al dialogo. Finalmente accetta di confrontarsi senza sotterfugi, e apre la strada a un bipolarismo adulto. Per questo dovremmo essere tutti contenti». Bertinotti, venuto a conoscenza delle parole di De Mita, ha sorriso come a voler sottoscrivere il ragionamento dell'ex segretario democristiano.
La sfida culturale oltre che politica a sinistra è lanciata, «io ho deciso di rischiare». Bertinotti è consapevole che il fallimento non rappresenterebbe la sconfitta di qualcuno ma di tutti. E spera che, a forza di insistere, in futuro sarà buona regola tenere cordiali rapporti con l'avversario pur tenendo la distanza. Oggi qualsiasi gesto distensivo desta invece scandalo. E figurarsi dunque cosa direbbero in quel mondo che si nutre di livore verso «il nemico», se sapessero di una telefonata che il presidente della Camera volle fare per solidarizzare con il Cavaliere. Erano i giorni in cui impazzavano su tutti i quotidiani e i settimanali le foto pruriginose che ritraevano l'ex premier in compagnia di alcune starlette, ospiti della sua villa in Sardegna, e sedute sulle sue gambe.
Bertinotti lesse commenti di condanna e analisi politiche irridenti, perciò decise di alzare la cornetta: «Presidente — esordì — mi spiace molto, perché queste sono cose fastidiose. È già sgradevole che si scavi nella vita privata e si violi la privacy. Lo è ancor di più se tutto ciò viene usato come appiglio per attaccare l'avversario politico». È collusione morale, quella di Bertinotti? E le regole di garanzia che ha chiesto per il «deputato Berlusconi» al procuratore di Napoli, sono un segno di complicità? Fabio Mussi, che pure non è del tutto convinto delle mosse di «Fausto», appoggia la sua sfida di «cultura politica»: «È ora di rifuggire dall'idea che non si parla con il nemico. E spero finiscano i tentativi di epurazione e di denigrazione. Sono retaggi che appartengono... al tempo che fu». Purtroppo sono «retaggi» che resistono.
Francesco Verderami
15 dicembre 2007
fonte immagine: http://www.ilcannocchiale.it/blogs/bloggerarchimg/Controcorrente/bertinotti%20appeso%202.jpg
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8 commenti:
Dopo questo post mi viene spontaneo porgere le mie condoglianze "politiche", senza ironia :-) a quelli che credevano...
Di sicuro la conversione di Bertinotti sorprende (molto poco), anche me, ma giusto perchè ha l'appoggio del "grande" De Mita.
Vi resta Diliberto.
by Mat
Non ci bastava Veltrusconi, no... pure Bertusconi ci voleva! Sinceramente io sono stufa di "mani tese", ne ho già viste troppe e tutte contro quello di cui tutti, soprattutto quelli che se ne riempiono la bocca, parlano a favore: gli interessi reali degli italiani.
Ma come si fa a definire "mossa intelligente di apertura" quello che altro non è che la difesa del proprio orticello, tanto per cambiare? Ovvio che uno - il cavaliere - che non si sente minacciato negli "interessi della nazione" (FI fino a ieri) poi accetti di dialogare... ma con chi? Con chi gli ha servito su un piatto d'argento un bell'indulto appena eletto, con chi in un anno e mezzo non ha accennato minimamente a mettere in piedi sul serio la soluzione del conflitto di interessi, con chi gli stende il tappeto rosso per fare una riforma elettorale che premi... chi? Gli italiani tutti? Macché: i due più grandi partiti. Ma poi, se la riforma elettorale è "per tutti", perché dovremmo aprire a Berlusconi? All'opposizione ci sta solo lui? Casini e Fini sono entrati in maggioranza? La lega no, non credo... ma potrei anche sbagliarmi. Ma smettiamola di prenderci in giro! Poi il povero Berty sente un muro tra gli operai della Thissenkrupp e lui: ma va? Almeno gli è rimasta un po' di sensibilità...
Mi pare ovvio l'invito: andate subito a firmare la petizione (il link lo trovate nella pagina iniziale, in alto a destra).
NO PASARAN!
E la separazione con gli operai lui pensa di eliminarla con le mani tese a Berlusconi?
Ma cominciasse a pensare di spingere il Governo a fare qualcosa di sinistra!
L'avvallo di De Mita! Pensa te!
Se non lo conoscessi, penserei che è andato fuori di testa!
Ma si sbaglia la Palermi a pensare che Bertinotti è disposto a rischiare anche di rompere la Cosa Rossa (che già rossa non è più).
Lui vuole fortemente questa legge elettorale perchè è l'unica cosa che potrà portare a questa strano matrimonio tra diversi.
Se gli altri tre non confluiranno nella Sinistra Arcobaleno, con la legge elettorale che si profila scompariranno.
Bertinotti la sa lunga...
Franca se metti 5 gocce di latte nel caffè....cambia tutto, anche il sapore oltre che al colore :-))
Mat
Certo il Berty è una vecchia volpe e sa destreggiarsi... però... a parte il fatto che gli altri tre da soli non sono poi così piccoli, c'è da considerare che un sacco di gente che a Roma c'era o ci sarebbe voluta essere magari non accetta così tranquillamente le sue alzate d'ingegno... e poi, se io appartenessi a RC e quello facesse passare una legge "ad personam" (questa volta ritagliata sulle sue misure), altro che stracciargli la tessera sul muso! Voto per gli altri! Quindi, che ci pensasse bene... noi di capi carismatici possiamo anche fare a meno, lui degli elettori no... :)
Grande è il disordine sotto il Cielo. La situazione, dunque, è eccellente.
Certo dev'essere una grande fonte di orgoglio avere De Mita dalla propria parte...
Ad ogni modo sono senza parole: mo' pure lui in visita ufficilae da Berlusconi manco ofsse il Papa...da Berlusconi! Un personaggio ineleggibile in qualunque altro paese del mondo, agitato dal centro-sinsitra come un orribile spaventapasseri in campagna elettorale, intoccato dagli avversari una volta all'opposizione.
Ho il terribile sospetto che il cavaliere abbia metodi infallibili per far contenti tutti, che siano tutti collusi. Anzi, siamo.
Siete!
Aspetto ancora un invito a cena con spintarelle e veline.
Poi puoi dire "siamo" :-)
Mat
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