"Istruitevi, perché avremo bisogno di tutta la nostra intelligenza. Agitatevi, perché avremo bisogno di tutto il nostro entusiasmo. Organizzatevi, perché avremo bisogno di tutta la nostra forza." Antonio Gramsci

lunedì 3 dicembre 2007

Energia rinnovabile: la Germania fa sul serio e noi?


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a cura di Paolo De Gregorio – 27 novembre 2007


…”Sono dati al cospetto dei quali non c’è rimedio eolico o solare che possa rimediare (checché ne dica il ministro Pecoraio Scanio)”… Giovanni Sartori (Crisi energetica, editoriale Corriere della Sera 17 novembre scorso)


L’illustre politologo, considerato addirittura di sinistra, non sa fare altro che seminare scetticismo e rassegnazione e irride a chi cerca di invertire la corsa verso il riscaldamento del pianeta.
La politica governativa italiana, quella che non decide e si limita a galleggiare sull’esistente, riceve uno schiaffo morale dalla Germania della Merkel che ha deciso di fare della lotta contro il riscaldamento globale la priorità più alta del proprio programma,stilando un programma articolato che prevede i seguenti punti:
- entro il 2020 le emissioni tedesche di anidride carbonica devono essere ridotte del 40% e le energie rinnovabili entro quella data devono coprire il 20% di tutte le fonti
- viene stanziato un miliardo di euro per la ricerca nel campo delle energie rinnovabili
- si interverrà con regolamenti edilizi nuovi che impongono costruzioni con materiali che le rendano a basso consumo di energia, nelle quali i pannelli fotovoltaici diventano parte integrante dell’architettura
- si offrirà ai condomini che producono energia solare in eccesso la possibilità di venderla a prezzi vantaggiosi ai gestori elettrici
- sono previsti incentivi statali per la costruzione di automobili a bassa emissione di inquinanti o elettriche o a idrogeno.
A questo piano organico, presto operativo, si aggiunge il fatto che il governo tedesco considera le energie rinnovabili un settore di affari con potenzialità di mercato mondiale, in cui il gruppo Thyssen ha già una società che è la numero uno al mondo in tecnologia per l’energia eolica, e la Bosch spende il 40% dei suoi fondi destinati alla ricerca per sviluppare prodotti per tecnologie che non usano combustibili fossili. La Solar di Berlino la settimana scorsa ha avuto un contratto per costruire 6 impianti di produzione di energia solare in Puglia (praticamente i tedeschi vendono sole ai pugliesi, che è come dire vendere ghiaccio agli esquimesi).
La riflessione che propongo è questa: la trasformazione del modo di produrre, da inquinante e distruttivo per la terra e la nostra salute, a processo sostenibile e salubre passa attraverso decisioni politiche e non per il “libero mercato” che continuerebbe allegramente nelle sue devastazioni.
Ciò richiede che la politica sia autorevole e le priorità ambientali non siano messe in coda, ma al primo posto programmatico.

Malgrado la Germania produca un cospicuo 27% del suo fabbisogno energetico dal nucleare, non è in programma nessun ampliamento del settore, avendo i pragmatici tedeschi capito che, se ai costi del kilovattore nucleare si aggiungono lo smantellamento delle centrali obsolete e la messa in sicurezza delle scorie, oltre i pericoli in agguato, l’energia del nucleare risulta la più pericolosa e costosa al mondo.
La immediata diffusione sul territorio di tecnologie rinnovabili, dai piccoli rotori eolici da balcone, ai tetti condominiali con pannelli fotovoltaici, se appoggiata da una politica governativa coerente e illuminata, nell’arco di pochissimi anni, porterebbe un paese come l’Italia, che per gli usi domestici consuma il 20% di tutta la energia prodotta (il 30% è per i trasporti, il 50% è assorbito dal sistema industriale), a rientrare nei parametri di Kyoto.

Se a questo aggiungessimo un piano per la costruzione di centrali a specchi (il solare termodinamico di Rubbia), che la Spagna sta già costruendo in venti esemplari, molte produzioni industriali che vanno a gasolio si potrebbero riconvertire a energia elettrica e la pace con l’ambiente sarebbe quasi fatta.
Tutta la responsabilità è della politica. Le forze economiche conoscono solo la legge del profitto e solo una buona politica può guidare e regolare uno sviluppo industriale sostenibile.

Paolo De Gregorio


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Si apre oggi a Bali il summit sui cambiamenti climatici


Si apre oggi a Bali il summit sui cambiamenti climatici



Delegati e scienziati di tutto il mondo hanno aperto oggi, a Bali, la più grande conferenza mai organizzata sul cambiamento climatico.


L’obiettivo fissato dalle Nazioni Unite è il raggiungimento di un nuovo accordo internazionale entro il 2008, al fine di assicurare il superamento del protocollo di Kyoto e raggiungere, nel 2009, un nuovo accordo che consenta di frenare e affrontare il surriscaldamento climatico.

Così, circa diecimila persone provenienti da oltre 180 Paesi (tra cui il Premio Nobel per la Pace, Al Gore e il segretario generale delle Nazioni unite, Ban ki-moon) si sono riunite nell’isola dell’arcipelago indonesiano per questo summit di due settimane sotto l’egida dell’Onu.
Scopo immediato della conferenza sarà quello di definire un calendario per i negoziati.
Secondo gli organizzatori, le due settimane di negoziati potranno essere considerate un successo se getteranno le basi per un accordo post 2012, quando scadrà quello firmato a Kyoto.
Chiedendo ai Paesi partecipanti uno sforzo collettivo, il segretario esecutivo della conferenza, Yvo de Boer, ha sottolineato che “toccherà ai Paesi sviluppati dare il buon esempio, visto che le nazioni in via di sviluppo devono contemporaneamente combattere la povertà”.

Alla conferenza prenderà parte anche l’Australia: il neo eletto premier laburista Kenvin Rudd, come primo atto da Capo del nuovo governo, ha infatti ratificato il protocollo segnando subito la differenza con il suo predecessore in fatto di clima.
Una scelta, quella dell’Australia, che di fatto ha isolato ulteriormente gli Stati Uniti, che ancora rifiutano di firmare il protocollo.

I due grandi nodi da sciogliere sono la stabilizzazione delle concentrazioni dei gas serra e la scaletta delle priorità per l’accordo che sostituirà quello firmato a Kyoto nel ‘97.

Così, oltre alla tempistica (per evitare un gap temporale tra il termine del primo periodo del Protocollo di Kyoto ed un successivo accordo, è necessario infatti che le negoziazioni vengano completate nel 2009, per lasciare poi ai Governi nazionali il tempo necessario per la ratifica entro al fine del 2012), occorrerà concordare anche le aree principali che il nuovo accordo dovrà coprire, come la mitigazione (inclusa la deforestazione evitata), ma anche l’adattamento e gli aspetti tecnologici e finanziari.

Oggi alle ore 12:07 - (Fonte: www.noipress.it)

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1 commento:

Franca ha detto...

A lezione anche dalla Germania...