"Istruitevi, perché avremo bisogno di tutta la nostra intelligenza. Agitatevi, perché avremo bisogno di tutto il nostro entusiasmo. Organizzatevi, perché avremo bisogno di tutta la nostra forza." Antonio Gramsci

domenica 9 dicembre 2007

«Liberate Jurka, l’orsa rapita»


Il ministro Pecoraro Scanio: lì non può più rimanere, serve un recinto più grande

Cortei e appelli nel Trentino
Era troppo vivace, chiusa in un recinto dopo 8 anni di libertà

MILANO — Almeno arrivasse il gelo... Lei se ne andrebbe in letargo e arrivederci alla primavera prossima. Invece no. Le temperature la tengono ancora sveglia e l’orsa Jurka si annoia come mai le è capitato nei suoi nove anni di vita. Anche perché — vuoi mettere? — otto anni e mezzo li ha passati a macinare chilometri nei boschi, prima in Slovenia, poi in Italia accanto a Jose, il padre dei suoi tre cuccioli. E adesso, da sei mesi, quel misero pezzetto di terra... Era stata portata dagli italiani nel parco dell’Adamello Brenta per un programma di ripopolamento di orsi in questa zona delle Alpi. Ora è in una prigione, meno di duemila metri quadrati. Ha tentato di continuo la ricerca di una via di fuga, l’hanno vista abbarbicata a qualche tronco d’albero per scrutare più lontano e decidere il da farsi.


Ma non c'è modo di evadere dal recinto
del Santuario di San Romedio (Comune di Sanzeno), angolo di arte cristiana nell’incanto della Val di Non, in Trentino. Così la «detenuta » oggi è meno agitata dei primi tempi, come fosse rassegnata all’idea di rimanere lì dentro. Ma ora sono gli umani ad agitarsi per lei, con un crescendo di proteste, iniziative, appelli. Nei giorni scorsi, per dire, una sorta di movimento trasversale pro-Jurka ha contato le firme raccolte in un paio di mesi per chiederne la liberazione: 18mila, tanto per cominciare.

Decine le associazioni che sostengono la causa dell’orsa, dai vegetariani alla Lega anti- vivisezione, dall’Enpa ad Animal’s Emergency, da No alla caccia ad Oipa Italia. Tutti a pregare il presidente della Provincia autonoma di Trento, Lorenzo Dellai, di rilasciare l’ostaggio plantigrado. Tutti a mandargli email per chiedergli che intervenga. Lui risponde dal sito della Provincia. Rivendica «gli sforzi fatti in questi anni per riportare l’orso fra le nostre montagne», ricorda che «solo Jurka finora ci ha costretto a prendere un provvedimento di riduzione in cattività» e trova «ingeneroso l’atteggiamento dimostrato da una parte, spero francamente minoritaria, dell’opinione pubblica ».

Ambientalisti e animalisti sperano nel ministro Pecoraro Scanio: «Alfonso, pensaci tu», diceva uno dei tanti slogan urlati nel corteo per Jurka organizzato a metà ottobre per le vie di Trento. E lui, il ministro, pur riconoscendo che «la Provincia autonoma di Trento si è sempre distinta per l’attenzione dimostrata nella reintroduzione degli orsi», dice che ha chiesto da tempo, alla stessa Provincia, di «costruire un recinto più grande e adatto a Jurka perché lì dov’è non può rimanere». Fermo restando che «si verifichi, comunque, la possibilità di liberarla». Ma il fatto è che l’orsa — come già suo figlio Bruno, ammazzato in Baviera a giugno del 2006 — è un esemplare «problematico».

Fra le praterie e i boschi d’alta quota dell’Adamello-Brenta, e nelle frazioni di alcune comunità montane, si è fatta più di un nemico. Pastori, per lo più. Ma anche gente che se l’è ritrovata sull’uscio di casa o nel pollaio, apicoltori che a causa sua hanno perduto decine di arnie, automobilisti che se la sono vista sbucare a bordo strada. Dal 2005 fino all’aprile del 2007 ha costretto una squadra di emergenza a intervenire per 84 volte, per 36 volte è stata segnalata fra le case dei montanari. Vai a spiegarglielo che non si fa...


Giusi Fasano
09 dicembre 2007

fonte: http://www.corriere.it/cronache/07_dicembre_09/orsa_jurka_chiusa_recinto_trentino_580a15cc-a63c-11dc-b0eb-0003ba99c53b.shtml


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Bruno e i suoi fratelli


DI CARLO GRANDE


SPORMAGGIORE (TRENTO). Questa è la storia di Jurka, l’orsa più furba e inafferrabile del Trentino e d’Italia, e del suo partner Jose, l’orso più «macho» delle Alpi: sono la madre e il padre di Bruno (JJ1, dalle iniziali dei genitori), il maschio di due anni ucciso in Baviera un mese fa, immolatosi suo malgrado affinché si cominciasse a parlare con rispetto del «signore della foresta», l’animale che ha condiviso le grotte con i nostri antenati, le montagne con i nostri padri e le culle con i nostri figli, ma è trattato da qualcuno come uno straniero da cacciare, una belva pericolosa da uccidere.

Jurka e Jose vivono - con altri ventitré orsi - nelle fortunate foreste del Parco Adamello Brenta. Boschi, laghi e praterie d’alta quota, le uniche dalle quali l’orso bruno (più grande di quello marsicano) non s’è mai estinto. Oggi l’orso conosce una nuova e fragile rinascita: venticinque plantigradi sono il risultato del progetto «Life Ursus», che dal ‘96 ne ha reintrodotti una decina, grazie al lavoro di Wwf, provincia di Trento e Parco Adamello Brenta. Gli animali si sono riprodotti perché la zona è intatta, ha grandi foreste, poche strade e rocce dolomitiche piene di cavità naturali scavate dall’acqua, tane ideali; e soprattutto perché la maggior parte degli umani li ha accettati, consapevole che la loro presenza è il miglior simbolo di natura vera e un formidabile volano turistico.

Il bagnetto della sera
L’orso «Bruno» aveva ereditato l’audacia della madre nei confronti dell’uomo. Così faranno i tre fratelli-cuccioli che vivono qui con Jurka. Speriamo non diventino un caso, andando a cercare cibo nei paesi altrui. Non c’è guardaparco che non conosca e racconti con enorme affetto le marachelle di questa femmina di nove anni, liberata nel 2001, e della sua passione per galline e aveari. Qualche settimana fa Jurka ha fatto il bagno nel fiabesco lago di Tovel, sotto gli occhi dei turisti. Un orso che alle sette di sera attraversa a nuoto uno dei laghi più belli delle Alpi è un’emozione grandissima, da raccontare a figli e nipoti. Jurka si nasconde da due mesi e ricompare all’improvviso, nonostante i guardaparco l’aspettino per metterle il radiocollare e frenarne le scorribande.

Troppo sfacciata: fa scattare l’allarme di un pollaio e quando arrivano le guardie corre a farne scattare un altro a due chilometri di distanza, poi mentre i «ranger» si precipitano là lei torna al primo e si serve. Jurka è capace di superare il recinto elettrico che protegge gli alveari abbattendo con la zampa un paletto, senza prendere la scossa. Si fa cadere in un recinto di arnie scivolando dal ramo di un albero vicino, all’imbrunire si accoccola con i cuccioli su un roccione e guarda di sotto, per ore, un ballo campestre. Ascolta i suoni e guarda le luci. Chissà a cosa pensa. Jurka passeggia a bordo strada con i piccoli e se quelli decidono di attraversare e una macchina inchioda per non investirli lei si siede tra loro e il paraurti dell’auto, osservando tranquilla l’esterrefatto automobilista. Jurka, madre di Bruno-JJ1, è un’orsa «problematica», ma non ha mai aggredito l’uomo. Non lo farà, se non per difendere i cuccioli o se si sente aggredita.

Il maschio, Jose, è un bestione di dodici anni e 250 chili, che negli impressionanti filmati del «rilascio» (nel 2000) spalanca con con una zampata la «gabbia», si ferma arrabbiato a guardare i «ranger» e balza nel bosco. Gli orsi per un paio di chilometri possono correre ai 50-60 all’ora, lo fanno quasi sempre per scappare dall’uomo: nei rarissimi incontri tutto quello che si vede è un sederone in fuga fra tronchi e foglie. L’orso – spiegano i guardaparco Gilberto Volcan e Matteo Zeni – non è né buono né cattivo, è un animale selvatico, per niente aggressivo. E’ più forte e veloce di noi, nuota benissimo. E’ un po’ miope, si alza in piedi solo guardare meglio. Con gli orsi come Jurka, un po’ come con Yoghi e Bubu, occorrono semplici precauzioni. In Slovenia, dove ce ne sono 500 (altrettanti in Croazia, seimila in Romania) in dieci anni c’è stata una sola vittima, che si era avvicinato ai cuccioli.

Un simpatico fannullone
L’orso, in fondo, è un simpatico fannullone, un opportunista che dorme tutto il giorno e gironzola la sera e la notte. Mica ti aspetta dietro l’albero per rubarti il panino. Adora la frutta: mangia al 75 per cento vegetali, poi invertebrati e carne in minima parte, specie carcasse. Non è un cacciatore come il lupo. Il suo motto è «minimo sforzo, massimo rendimento»: alveari, polli e pecore sono preda dei più audaci, se non protette da recinti elettrificati o cani. Vale la pena, proteggerlo: passeggiare anche con la vaghissima prospettiva di scorgerlo, come avviene per il lupo, accende l’immaginazione. I boschi si riempiono di magia. Lo sanno migliaia di turisti.

Divieto di espatrio
Quest’autunno il Wwf Italia farà informazione preventiva nelle Alpi centrali: gli «avvocati dell’orso» spiegheranno a tutti come comportarsi, chiederanno fiducia. E’ la gente del posto che decide la vita o la morte degli animali. Oggi l’orso che esce dal Trentino è quasi un orso morto. Prima o poi, però, arriverà anche nelle Alpi occidentali. Come tutte le cose belle non conosce confini: ha dato i nomi alle stelle, è ora di abbandonare il rapporto schizofrenico che abbiamo con lui. Peluche o nemico? In fondo si tratta di decidere come vogliamo la montagna: luna park da cittadini, giardino addomesticato, o l’ultimo baluardo di vita autentica, in cui non è possibile controllare tutto. Realisticamente, fanno più danni i cervi che attraversano la strada o le punture dei calabroni.

Nemmeno si deve indulgere al pietismo: a ricordarci la vera natura dell’orso è Jose, quando ha perso la testa per le tre orse nell’oasi faunistica di Spormaggiore. Erano in estro, per tre notti ha cercato furiosamente di saltare l’alta gabbia di sbarre, ha graffiato tronchi e abbattuto la prima rete di recinzione. La gente del paese (e le signore) facevano il tifo per lui. La quarta notte ce l’ha incredibilmente fatta: è saltato dentro e le ha messe incinta tutt’e tre, riuscendo anche a fuggire. L’ha guidato un istinto ancestrale, quello che ha spinto i 25 orsi dell’Adamello Brenta a scegliere gli stessi sentieri e tane dei loro antenati, gli stessi luoghi: Passo dell’orso, Rio degli Orsi, Orsera. Anche Vida, liberata nel 2002, ha seguito questo istinto: ha girovagato per mesi e si è stabilita in un luogo detto San Lucano, santo addomesticatore di orsi. Poi è partita verso l’Austria, seguita grazie al radiocollare. Quando si è sganciato hanno perso le tracce. Vida la vagabonda, l’inquieta, è scomparsa nel Parco degli Alti Tauri. Se sia tornata sotto l’ombra protettrice di San Lucano, nessuno lo sa.

fonte: www.lastampa.it/cmstp/rubriche/girata.asp?ID_...


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