Un settore al collasso che nessuno dei due Poli è riuscito a governare
Aizzati da un deputato di Forza Italia, i "padroncini" sono 120 mila e sanno di poter bloccare l'Italia
ROMA — Paolo Uggè non è Leon Vilarin, il capo dei camionisti cileni che nell'autunno del 1972 diede la spallata decisiva al governo di Salvador Allende. Ma dire che nessuno abbia mai pensato che lo sciopero dei Tir potesse dare, se non proprio una spallata, perlomeno una spallatina al governo di Romano Prodi, sarebbe inesatto. Anche perché Uggè non è soltanto il capo dei camionisti italiani. Lui è pure, fatto molto singolare, parlamentare della Repubblica.
Siede alla Camera sui banchi di Forza Italia, il partito di Silvio Berlusconi, il quale da mesi insiste che Prodi se ne deve andare. E lui conosce la sua gente, come dimostra il commento tutt'altro che signorile dopo la riunione con il governo: «Ci stanno prendendo per i fondelli». Proprio quello che ci voleva per distendere gli animi prima della precettazione.
I padroncini schiumano rabbia e l'aumento vertiginoso del gasolio è soltanto la classica goccia che ha fatto traboccare il vaso. Il centrodestra li aveva coccolati al punto da portare al governo perfino il loro capo Uggè: sottosegretario alle Infrastrutture con delega alla logistica. Per intenderci, come se avessero dato al sindacalista degli statali il compito di scrivere il contratto del pubblico impiego. Non che i problemi fossero stati affrontati e risolti. Ma con il centrosinistra l'aria è cambiata di colpo.
La paura di nuove tasse, le liberalizzazioni che fanno temere la caduta delle ultime barriere anche in un settore apparentemente protetto, o l'assenza di feeling con un governo che guarda i lavoratori autonomi senza troppa indulgenza. Perfino quelli che con un governo simile dovrebbero trovarsi più in sintonia: e non a caso protestano anche gli autotrasportatori della Cna. Forse il fattore scate nante non è stato uno solo di questi elementi, quanto piuttosto una miscela di tutti. Ma il risultato è nitroglicerina.
I camionisti possono bloccare il Paese e l'hanno dimostrato. Se ci si è fermati davanti ai tassisti, che al massimo possono bloccare Roma e Milano, figuriamoci davanti ai Tir. Come stupirsi, quindi, che nessun governo abbia mai voluto prendere di petto questa faccenda? Del passaggio di Uggè al governo (due anni e mezzo), per esempio, si ricorda soprattutto la redazione del «Piano nazionale della logistica» da parte di un organismo pomposamente battezzato Consulta nazionale dell'autotrasporto, di cui l'ex capo del Cuna era presidente. Ne facevano parte 41 persone e una serie di consulenti, fra cui Lorenzo Necci ed Ercole Incalza. Costo del Comitato e del Piano, per il solo 2005, due milioni di euro.
Ovviamente quel Piano non ha risolto nulla. Né poteva farlo. I padroncini sono 120 mila: sia con il centrodestra, che li coccolava, sia con il centrosinistra, che non li ama troppo, continuano a fare una vita d'inferno. Ed è sempre peggio. Loro sono troppi e le loro aziende sono troppo piccole, mentre le grandi imprese olandesi o tedesche invadono il mercato. Pur essendo in un settore dove serve la licenza, si scannano tra di loro per un carico. La concorrenza è violenta al punto che si lavora in perdita, con tariffe di un euro e trenta a chilometro, pur di lavorare. Siccome poi l'organizzazione è inesistente, capita che il camion torna indietro scarico. La conseguenza è che il 40% dei mezzi marciano vuoti: uno spreco enorme oltre a un danno incalcolabile per l'ambiente.
Sergio Rizzo
12 dicembre 2007
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