Elettra Deiana*, 31 gennaio 2008, 17:24
Le immagini di un mezzo corazzato dell'esercito italiano colpito da una mina nel deserto dell'Afghanistan, e pubblicate in Italia da L'Espresso, svelano un particolare inquietante: i nostri soldati vanno in missione con la palma dell'Afrika Korps hitleriano dipinta sulle jeep. Immediato l'intervento del ministro Parisi, ma rimane aperto il problema della formazione culturale dei militari
Il ministro Parisi è intervenuto tempestivamente e fermamente per fare chiarezza sui militari italiani travestiti tra le montagne dell'Hindukush da seguaci delle avventure naziste. Non possiamo che esprimere il nostro apprezzamento per la pronta iniziativa del ministro, oltre che ringraziare un'altra volta quei mezzi di informazione - in questo caso l'Espresso - che non si accontentano delle veline e frugano nelle vicende del mondo, soprattutto in quelle riguardanti conflitti lontani, dimenticati, sottovalutati.
Mezzi corazzati italiani, impegnati in Afghanistan, decorati con lo stemma degli Africa Korps, i reparti nazisti guidati da Rommel fino alle porte del Cairo, durante le terribile seconda guerra mondiale: anche questo si nasconde tra le pieghe e le zone d'ombra della missione italiana a Kabul, sempre in bilico tra dichiarazioni ufficiali di adeguamento al mandato parlamentare - "missione di pace" ci ripetono i ministri Parisi e D'Alema - e notizie allarmanti sul coinvolgimento dei nostri contingenti in azioni di vero e proprio combattimento.
Sarà il caso finalmente di fare chiarezza sulla vera natura della missione, in occasione dell'ennesima, imminente discussione sul decreto di rifinanziamento.
Ma lo stemma nazista disegnato su mezzi militari contrassegnati dalla bandiera italiana va oltre ogni problema di valutazione politica: delinea l'esistenza all'interno delle forze armate di sacche culturali impregnate di razzismo e suggestioni coloniali, di disprezzo quando non di odio verso le popolazioni alle quali si dice di voler portare l'aiuto del peace keeping e del nation building. E anche di ignoranza, forse di aperta ostilità nei confronti dei limpidi principi di pace, democrazia, solidarietà internazionale che la Costituzione repubblicana assegna alle Forze armate e che costituiscono la base di legittimazione della loro stessa esistenza.
Il fascino fascistoide delle imprese coloniali, la voglia di esibire simboli in cui si mischiano il richiamo a quei miti palingenetici e la mistica guerriera che ne derivò non è certo peculiarità della nostra storia. Non siamo soli in Europa, se questo ci può consolare. Ma ovviamente non può né deve. In Germania un anno fa accadde la stessa cosa, il ministro della Difesa aprì un'inchiesta e sospese gli autori del gesto. C'è da augurarsi che la successione dei fatti, dopo l'iniziativa del ministro Parisi, porti anche in Italia a conclusioni analoghe.
Ma rimane aperto il problema della formazione culturale e istituzionale delle Forze armate, della responsabilità di gerarchie che evidentemente non hanno occhi per vedere e della complicità degli altri militari che magari non condividono ma non hanno cuore per contrastare. Ai militari impegnati in missioni internazionali non serve soltanto la formazione professionale. Serve anche di essere selezionati in base a rigorosi criteri di attitudine democratica e di amore per la Costituzione. Sarà il caso di pensarci.
*parlamentare Prc
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2 commenti:
Decisamente sì...
della serie :
Sparagli pure, ammazzali, ma al grido di "compagni sono costretto".
Mat
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