L'attore a teatro rivisita l'opera di Gaber: "Attuale a distanza di decenni"
Vent'anni di carriera fra radio, tv, cinema: "Sempre con coerenza, mai tradire se stessi"
"Italia a rotoli per troppi privilegi"
di ALESSANDRA VITALI
Neri Marcorè
PUO' essere Piero Fassino con le gambe infinite e Maurizio Gasparri con l'eloquio incomprensibile, Alberto Angela dalle lunghe pause e Zapatero e Moggi e Ligabue. Ma è anche il sofisticato interprete teatrale di Simon, Veber e Pennac. Ha fatto fiction (è stato Papa Luciani su RaiUno), radio, doppiaggio, ha messo insieme gioco e cultura trasformando la lettura in un oggetto di passione in Per un pugno di libri su RaiTre, è uno degli attori meglio capaci di abitare il mondo sentimentale di Pupi Avati (due film, Il cuore altrove e La seconda notte di nozze e due nomination ai David di Donatello, fra poco un nuovo film insieme). Neri Marcorè è versatile senza divismi o eccessi. Si concede un solo lusso: quello di scegliere. "Una questione di coscienza e coerenza, al di là delle situazioni". Adesso è in scena (fino al 3 febbraio la tappa romana, all'Ambra Jovinelli) con Un certo signor G, diretto da Giorgio Gallione. Un'occasione per rivisitare l'opera di Gaber ed esplorare il mondo di un uomo comune che si interroga sul senso della propria vita, sempre sfiorata dal pericolo dell'imbecillità e del qualunquismo.
Il signor G nasce nel 1970. Sono passati tanti anni. Neri Marcorè, chi è oggi il suo signor G?
"In questi decenni si è evoluto, ha coltivato sogni, affrontato disillusioni, fino alla malinconia, alla mancata speranza che le cose potessero effettivamente cambiare. Quel signor G, oggi, conserva una grande attualità, perché quei testi erano universali. Tante cose sono cambiate, ma tante sono rimaste eguali. Anzi, si sono incancrenite".
La situazione politica italiana lo conferma?
"Dimostra che non si riesce a crescere. Ogni volta che pensi di aver toccato il fondo, arriva qualcosa che ti smentisce. E' l'interesse personale che impedisce di vedere oltre. Non so gli ultimi eventi a che cosa porteranno, ma sembra di leggere una certa miopia, la voglia di conservare i propri privilegi a costo di mandare tutto a rotoli. Anche perché nell'acqua torbida ci si muove meglio".
Fra cinema, televisione, teatro, sceglie sempre le proposte che più le si addicono, senza sbagliare un colpo. Si sente un privilegiato?
"In effetti è un lusso che non tutti si possono concedere. Ma la coerenza è un valore primario che ho sempre praticato. In altri momenti è stato difficile dire di no. Adesso so meglio chi sono, cosa voglio, e posso scegliere. In qualsiasi circostanza si deve esercitare il diritto di scelta. Il libero arbitrio è fondamentale, poi le conseguenze possono essere positive o negative, ma l'importante è non tradire mai se stessi".
Due sodalizi importanti con due artisti tanto diversi, Serena Dandini e Pupi Avati. In che cosa, con l'una e con l'altro, vi siete trovati?
"Il riconoscersi avviene senza un codice preciso. La presenza di autoironia di sicuro apre la comunicazione a un linguaggio comune che rende tutto più semplice. Sia Serena che Avati ne sono dotati, anche se in modo diverso. E poi l'intelligenza e il rispetto per gli altri, la passione nel fare le cose. Serena nei suoi programmi non pronuncia una frase che non sia stata pensata, Avati non fa un film in cui non si giochi l'anima. Queste componenti, leggerezza e pesantezza nelle loro accezioni migliori, sono elementi che ci accomunano".
Tornerà a lavorare al cinema?
"Si, con Avati. A maggio sarò sul set del nuovo film, che non sarà il prossimo a uscire perché dopo Il nascondiglio ne ha girato un altro con Silvio Orlando. Quello che farò io è una commedia ambientata a Bologna alla fine degli anni Cinquanta. Poi farò anche una fiction, Questo è amore, diretta da Riccardo Milani, per RaiUno. Non ho il ruolo principale, ho preferito così".
(23 gennaio 2008)
fonte: http://www.repubblica.it/2008/01/sezioni/spettacoli_e_cultura/neri-marcore/neri-marcore/neri-marcore.html
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G accusa
di Gaber - Luporini
1970 © P. A.
MONOLOGOIo accuso, io accuso l’umanità, io accuso le grandi potenze che sfruttano i piccoli stati, io accuso l’autorità, il potere non democratico, accuso la democrazia, io accuso il governo, gli intrighi, gli imbrogli, la corruzione, io accuso la stampa, io accuso la televisione, io accuso il mondo della canzone, io accuso Sanremo… a proposito… se telefonano quelli del Festival digli che accetto comunque, che la canzone è già pronta!
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GIORGIO GABER, IO MI CHIAMO "G"
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