Andrea Dapporto*, 18 gennaio 2008
Su questa tragica vicenda del Porto di Venezia pesa come un macigno la caduta del potere contrattuale, la parcellizzazione del lavoro, nei terminal e in tanti mestieri affidati a imprese d'appalto, al lavoro interinale che penetra anche dove il lavoro è più pericoloso e domanda, soprattutto, esperienza. Ma, assieme a questo, emerge la mancanza di rappresentanza politica del lavoro
Altri due morti. Questa mattina alle 3, a Porto Marghera, nella stiva di una nave, hanno perso la vita due portuali.
Causa principale, il guadagnare sul tempo, bisogna lucrare sui minuti in cui la nave si ferma nel porto, il costo del noleggio mangia il profitto.
La nave era appena arrivata da Chioggia, dove aveva lasciato parte del carico di soia: non c'è tempo per le verifiche necessarie sullo stato della stiva, bisogna scaricare alla svelta, per poi riprendere il mare.
Un portuale di un impresa d'appalto si cala nella stiva ed è sopraffatto dall'esalazioni di anidride carbonica, un secondo portuale, lavoratore interinale, avviato dalla Compagnia Lavoratori Portuali, tenta di soccorrerlo, viene colpito d'asfissia. Un marinaio romeno, per tentare di salvarli, rischia di morire. La bombola d'ossigeno con cui il capitano della nave compie un disperato tentativo di rianimazione è scarica.
Il tremendo bilancio: i due portuali sono morti, il marinaio rumeno è in gravi condizioni.
Immediato è stato proclamato lo sciopero del porto per tutta la giornata odierna, con il blocco di tutti gli imbarchi. Il sindacato dei portuali e le Rappresentanze Sindacali Unitarie dei terminal del porto su hanno organizzato per tutta la giornata un presidio davanti alla sede della Compagnia dei Lavoratori Portuali e chiedono al Comune di Venezia che si proclami il lutto cittadino in concomitanza con i funerali dei due lavoratori. I portuali, in tutto il Paese, sono in sciopero.
Il Centro Intermodale Adriatico, dove è avvenuto il tragico incidente, è stato riconvertito a terminal portuale alla fine degli anni '80, precedentemente era un'azienda siderurgica. Il nucleo storico sono metalmeccanici diventati portuali. Gran parte del lavoro operativo è svolto da imprese d'appalto.
Il primo lavoratore, Zanon, era dipendente di un impresa d'appalto, da più di vent'anni lavorava in porto. Il secondo Ferrara, lavoratore interinale, non aveva molta esperienza.
Ancora una volta non siamo di fronte ad un "destino cinico e baro", sono mancate le dovute precauzioni e il sistema di soccorso si è dimostrato nefastamente inefficace.
Conosco il "mondo del porto", sono stato Segretario del Sindacato dei Trasporti della CGIL di Venezia e per anni in Camera del Lavoro e nel Comitato Portuale, nominato per elezione diretta dei lavoratori, ho seguito le condizioni dei portuali. Un lavoro difficile e pericoloso, tramandato da padre in figlio, imparato "rubando" il mestiere con gli occhi, saltando dalla gru, alla banchina, dalla banchina, alla stiva. Questo modo di crescere e di formarsi è ormai da anni in crisi, i tempi sono sempre più drammaticamente stretti, per fare e per imparare il lavoro. La precarietà, tra i giovani, uccide la speranza del futuro, sulle banchine dei porti non toglie solo la speranza, ma anche la vita.
Questa mattina al varco d'ingresso del porto si respirava un'aria di riscatto, ma serpeggiava anche l'amarezza, che sempre si legge di fronte alla morte sul lavoro, che anche questa volta questo sacrificio sia inutile. Questo è lo sfregio più terribile alle vittime sul lavoro.
A Venezia, come nell'intero Paese, "le morti bianche" rappresentano un'estesa piaga, i Sindacati confederali veneziani, nei giorni scorsi, avevano proclamato lo Sciopero Generale Provinciale, ponendo al centro dell'iniziativa di lotta la questioni del diffondersi di incidenti sempre più gravi nei posti di lavoro, nell'indifferenza della politica e dell'amministrazione veneziana.
Su questa tragica vicenda del Porto di Venezia pesa come un macigno la caduta del potere contrattuale, la parcellizzazione del lavoro, nei terminal e in tanti mestieri affidati a imprese d'appalto, al lavoro interinale che penetra anche dove il lavoro è più pericoloso e domanda, soprattutto, esperienza.
Ma, assieme a questo, emerge la mancanza di rappresentanza politica del lavoro. Nel Consiglio comunale di Venezia, venivano eletti operai metalmeccanici e chimici, lavoratori portuali, non solo dai partiti di sinistra, ma dalla stessa DC. Oggi abbondano avvocati, liberi professionisti e "bottegai", per mestiere e vocazione. Il PCI ha sempre portato in parlamento un chimico o un metalmeccanico. Oggi il ceto politico, nelle istituzioni, sopprime la rappresentanza sociale, mentre i lavoratori, in carne ed ossa muoiono sulle banchine, agli altiforni, nei cantieri.
*Coordinatore Regionale Veneto
Sinistra Democratica
fonte: http://www.aprileonline.info/5947/marghera-due-operai-morti-asfissiati
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1 commento:
E la strage continua...
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