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domenica 6 gennaio 2008

La disoccupazione fa paura. Venerdì nero a Wall Street




di Daniela Roveda


Un balzo in avanti del tasso di disoccupazione americano connesso al rallentamento della creazione di nuovi posti ha scatenato ieri una bufera sui mercati americani e internazionali. L'aumento inatteso ha infatti risvegliato il fantasma della recessione negli Stati Uniti: tutti gli indici di Borsa sono rapidamente e inesorabilmente scesi ieri e una spessa nube di incertezza ha avvolto Wall Street e contagiato l'Europa.

La disoccupazione al 5% registrata nel mese di dicembre ha fatto suonare nuovi campanelli d'allarme sul futuro dell'economia americana, e al tempo stesso ha rafforzato l'attesa dei mercati su un nuovo taglio ai tassi di interesse. Per alleviare le pressioni di breve periodo sulla liquidità bancaria, ieri la Federal Reserve ha indetto due aste nel mese di gennaio in cui metterà a disposizione 60 miliardi di dollari di prestiti a breve, 20 in più di quanto era stato messo all'asta in dicembre.

La prima settimana del 2008 si è chiusa quindi sotto un ombrello di pessimismo. Ieri l'S&P 500 ha perso il 2,46%. L'S&P500 ha chiusola prima settimana (corta) del 2008 a -4,5%; punito anche da un downgrade del colosso dei microchips Intel, l'indice Nasdaq ha registrato una flessione ancor maggiore in termini percentuali, con un calo del 3,77% (-6,3%).

Nonostante la marcata reazione negativa delle Borse, per la Casa Bianca quest'ultimo dato sulladisoccupazione ha portato "buone notizie": «Ogni volta che un numero più alto di cittadini americani ha lavoro, per il Paese è un fattore positivo», ha detto ieri il portavoce Tony Fratto. In effetti l'economia ha creato in dicembre 18mila nuovi posti di lavoro, un numero tuttavia sensibilmente inferiore ai 50mila attesi dagli economisti, e pari a poco più di un decimo dei 115mila creati in novembre: si tratta infatti del peggior dato dal 2003.

Lo scivolone di Wall Street ha seguito di poche ore il tonfo alla Borsa di Tokyo, dove il Nikkei ha perso il 4% nella prima mezza giornata di contrattazioni dell'anno per scendere al livello più basso dal luglio 2006. Anche l'Europa ha vissuto una giornata nera. Dopo un avvio non particolarmente negativo gli indici hanno cominciato a peggiorare subito dopo la diffusione dei dati americani e l'apertura di Wall Street. Alla fine nel Vecchio Continente sono stati bruciati 160 miliardi di capitalizzazione. Parigi ha perso l'1,08%, Francoforte l'1,26%, Londra il 2,02%. A Milano l'S&P Mib ha lasciato sul campo l'1,61% e il Mibtel l'1,84 per cento.
Sono numerose le ragioni per cui le statistiche di ieri sul mercato del lavoro americano hanno preoccupato gli economisti. Incrementi mensili di tale dimensione – il tasso di disoccupazione è salito dal 4,7% di novembre al 5% di dicembre – sono rari e, come ha sottolineato ieri David Resler della Nomura Securities, si verificano in concomitanza con l'inversione del ciclo:l'ultima volta che il tasso di disoccupazioneè salito dello 0,3% è stato proprio nel gennaio 2001.

La banca d'investimenti Goldman Sachs ha messo in evidenza inoltre che ogni qualvolta la media trimestrale del tasso di disoccupazione sale di oltre lo 0,3% - ed è questo il caso attualmente - l'economia entra, o sta per entrare, in recessione. Nessuno tuttavia dà per scontata tale previsione, pur segnalando l'aumento dei rischi. Tecnicamente un'economia entra in recessione dopo due trimestri consecutivi di contrazione dell'attività economica.

L'indebolimento dell'economia in un momento di forte deprezzamento del dollaro, di alti prezzi del petrolio e di pressioni inflazionistiche in aumento complica sempre di più il dilemma per la Federal Reserve, che ha tagliato il tasso sui fondi federali già per tre volte consecutive, portandolo al 4%, tra settembre e dicembre. I prezzi dei futures sui fondi federali (i prestiti interbancari) incorporano oggi la previsione di un altro taglio di mezzo punto con una probabilità del 66 per cento.

Il pessimismo dei mercati è stato esacerbato anche da una notizia aziendale di grossa rilevanza, il downgrade della Intel. Una flessione degli ordini di microchip durante il quarto trimestre e l'aumento delle scorte hanno persuaso la JPMorgan ad abbassare il giudizio sul titolo: le quotazioni del colosso californiano sono precipitate dell'8,2%portandosi dietro l'intero settore dei semiconduttori.

fonte: http://www.ilsole24ore.com/art/SoleOnLine4/Finanza%20e%20Mercati/2008/01/borsa-disoccupazione.shtml?uuid=5e5186fa-bb67-11dc-9d75-00000e25108c&type=Libero

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