"Istruitevi, perché avremo bisogno di tutta la nostra intelligenza. Agitatevi, perché avremo bisogno di tutto il nostro entusiasmo. Organizzatevi, perché avremo bisogno di tutta la nostra forza." Antonio Gramsci

giovedì 3 gennaio 2008

Damiano: «Su salari serve pazienza»



Il ministro ai sindacati: rinunciate allo sciopero, con la fretta non si ottengono risultati.

Prodi: vertici confermati.

Il Ministro del Lavoro Cesare Damiano (Lapresse)
ROMA - «Se si sceglie la strada della concertazione si esclude il conflitto preventivo». Così il ministro del Lavoro, Cesare Damiano, esorta i sindacati ad abbandonare la scelta dello sciopero nel caso in cui nell'incontro con il governo dell'8 gennaio non avranno risposte immediate sui salari. Su questo tema, spiega Damiano a Radio Anch'io, «con la fretta e la furia non si ottengono risultati. La concertazione per sua natura ha bisogno di tempo, di pazienza di risorse, di negoziato e di compromesso».

SINDACATI IN ALLERTA - Una posizione che non si concilia molto con quella dei sindacati: dopo che nei giorni scorsi era stato il leader della Cisl, Raffaele Bonanni, a minacciare lo sciopero generale in assenza di un'inversione di rotta dell'esecutivo in tema di politiche salariali, un nuovo affondo arriva ora da Luigi Angeletti, segretario generale della Uil: Abbiamo una riunione dei direttivi di Cgil, Cisl e Uil fissata per il 15 - ha detto Angeletti ai microfoni di SkyTg24 - e se in quella data non ci saranno risposte, o se saranno vaghe, sia riguardo alle tasse che sulla questione dei contratti, saremo costretti a fare uno sciopero». «La cosa più importante - ha aggiunto - è avere riduzioni serie delle tasse sui salari perchè in Italia gli stipendi, oltre ad essere i più bassi d'Europa, stanno anche diminuendo in termini reali a causa delle tasse alte e dell'aumento dei prezzi».

«SERVE LA CONCERTAZIONE» - Il ministro Damiano ha in ogni caso ribadito che è necessario aspettare la trimestrale di cassa per vedere quali saranno le risorse sul tavolo. Quanto alla soglia di reddito entro la quale operare per intervenire sul potere d'acquisto di salari e pensioni, Damiano afferma che i 40mila euro sono il riferimento al quale guardare. «Si apra una fase di confronto - ha esortato - e si costruisca la soluzione sulla base delle risorse e sulla base delle priorit». «Siamo reduci - ha aggiunto Damiano - da un grande successo, l’approvazione del protocollo sul welfare e abbiamo impiegato un anno ad arrivare a quel risultato. Questo dimostra che il governo crede nella concertazione e ha fatto rinascere la concertazione. Abbiamo il 2008 che dovrà individuare nuovi obiettivi. Sicuramente la questione del potere d’acquisto non solo delle retribuzioni ma anche delle pensioni medio-basse è una questione fondamentale».

«VERTICI CONFERMATI» - E' stato poi lo stesso presidente del Consiglio, Romano Prodi, a illustrare la tabella di marcia del governo in materia di confronto con le parti sociali: «Stiamo facendo i calendari, i vertici sono confermati sia ovviamente quelli che riguardano gli aspetti economici salariali, sia quelli che riguardano gli aspetti istituzionali e delle riforme elettorali».


03 gennaio 2008

fonte: http://www.corriere.it/politica/08_gennaio_03/damiano_salari_61db2914-b9d9-11dc-9ac8-0003ba99c667.shtml

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CONTI PUBBLICI: FERRERO, ORA RISORSE PER SALARI

(AGI) - Roma, 2 gen. - Con il calo del fabbisogno, "vi sono le risorse per aumentare i salari e le pensioni medio basse riducendo il carico fiscale ai ceti piu' deboli". Lo sostiene in una nota il Ministro della Solidarieta' Sociale Paolo Ferrero, commentando i dati positivi sul fronte dei conti pubblici che saluta come "una buona notizia".

Allo stesso tempo, pero', e' giunta anche una notizia "cattiva" e cioe' che "il Partito democratico e' un potente fattore di destabilizzazione del quadro politico e del governo.
Visto che Franceschini non puo' pensare che la sinistra abbia istinti suicidi o tantomeno che la sinistra possa restare in coalizione con chi la vuole assassinare, ci puo' spiegare cosa vuol fare il PD? Vuol far andare avanti il governo Prodi o punta ad una grande coalizione con la destra? Ci faccia il favore di dirlo", conclude il Ministro. (AGI) Pit 021924 GEN 08

fonte: http://www.agi.it/ultime-notizie-page/200801021927-pol-rom1131-art.html

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Allarme salari, la Sardegna è in rosso
Stipendi bassi con un potere d'acquisto che diminuisce

Gli italiani sono i meno pagati d'Europa e i sardi sono quelli messi peggio. I sindacati, dopo l'allarme nazionale, sollevano anche nell'Isola il caso salari: meno 22 % rispetto ad alcune regioni del centro-nord, con le pensioni che hanno perso addirittura il 33 per cento di potere d'acquisto negli ultimi 15 anni. Un'indagine sugli stipendi dei sardi evidenzia come il mito del bancario medio sia destinato a scomparire. I leader sindacali: la povertà è in aumento e la Regione intervenga come può, magari sulle tariffe, in aiuto delle fasce più deboli. Le prime risposte devono arrivare dalla Finanziaria.
Gli stipendi e le pensioni dei sardi pesano il 22 per cento in meno rispetto ai salari del Centronord. I rincari delle tariffe di acqua, luce e gas penalizzano soprattutto la Sardegna, dove il potere d'acquisto delle pensioni si è ridotto del 33 per cento negli ultimi 15 anni. A Roma i leader sindacali minacciano lo sciopero nazionale se il Governo non metterà in campo rigide politiche a difesa dei salari, mentre nell'Isola i segretari lanciano l'allarme povertà e invitano la Regione a lavorare soprattutto sulle tariffe e sulle politiche sociali. Gli impiegati sardi non godono certo di buona salute. Tramonta il mito del bancario felice, se un capo ufficio con dieci anni di anzianità non supera i 1500 euro (netti) al mese, lo stesso stipendio di un insegnante delle medie superiori con un'anzianità di poco maggiore. «La politica fiscale è da ripensare», sentenzia Giampaolo Diana, segretario della Cgil, «non può gravare tutto sui lavoratori dipendenti». E lo sciopero, sottolinea Diana, «non può sempre essere l'arma da mostrare quando si deve rinnovare un contratto».

MARIO MEDDE. Il segretario sardo della Cisl lancia l'allarme pensioni: «Il loro potere d'acquisto si è ridotto del 33 per cento dagli anni '90 a oggi». La Sardegna: «Le politiche dei redditi e degli incrementi salariali rappresentano un problema da affrontare anche a livello regionale. Come si legge nell'ultimo rapporto del Cnel su retribuzioni e costo del lavoro, il Nordovest risulta essere l'area con le retribuzioni medie più elevate del Paese, con differenze di oltre 22 punti percentuali nei confronti del Sud e delle Isole». Differenziali in busta paga «che si riflettono ovviamente sull'imponibile previdenziale e sulla consistenza delle pensioni». Anche la Sardegna vive una «condizione di inferiorità: lo attestano le pensioni Inps (vecchiaia, anzianità e prepensionamento), che da noi hanno un importo mensile medio individuale di 703,09 euro, mentre la media mensile nazionale raggiunge i 781,29 euro». Un raffronto impietoso: «In Lombardia, la pensione media mensile di vecchiaia raggiunge i 906,12 euro». L'istantanea isolana: «La conseguenza dei bassi salari e delle basse pensioni, in aggiunta a un numero di disoccupati reali intorno a quota 165 mila, è l'aumento delle povertà relative che nella nostra Isola coinvolge il 16,9% delle famiglie, ovvero circa 300 mila persone». La Regione: «Deve fare la sua parte con una politica dei redditi che deve prevedere la diminuzione dell'imposizione fiscale locale e regionale, il monitoraggio di prezzi e tariffe, l'incremento delle risorse finanziarie e l'accelerazione della spesa sulle politiche del lavoro e il potenziamento delle politiche di sviluppo». Priorità che, secondo il sindacato, «deve avere la Finanziaria regionale per il 2008».

GIAMPAOLO DIANA. «In Sardegna la gente sta male, stipendi e pensioni sono troppo bassi rispetto al costo reale della vita», evidenzia il leader sardo della Cgil, «avevamo chiesto alla Regione un intervento modesto, quello di esentare alcune fasce di reddito dall'addizionale Irpef, ma ci è stato risposto che non è competenza dell'amministrazione». Abbassando di un punto l'Irap per le imprese, questa la seconda richiesta di Diana, «si può arrivare a un peso minore per le imprese sarde quantificabile in 42 milioni di euro». Ma le forme di sostegno per le fasce deboli, dice il segretario di Cgil, «possono essere numerose ed efficaci, sediamoci attorno a un tavolo e discutiamone». Dobbiamo ritoccare, suggerisce Diana, «le tasse comunali per chi ha redditi bassi, ci deve essere una convinzione collettiva che le tariffe sono troppo alte e che tutto questo non fa ripartire la "domanda". La nostra economia è a rischio sopravvivenza, se non restituiamo ai salari un potere reale, tangibile». Secondo Diana «i nostri stipendi valgono il 20 per cento in meno rispetto a dieci anni fa». E fornisce la sua lettura anche su scala nazionale: «Lo sciopero non può essere un'arma da esibire sempre, bisogna ripensare la politica fiscale se questo Paese ha il reddito da lavoro tassato dal 30 al 40 per cento, mentre le rendite finanziarie hanno una pressione che non supera il 10». Troppo pesante la tassazione «su chi lavora: dobbiamo pensare a uno sgravio di 4, anche 5 punti percentuali».

MICHELE CALLEDDA. Il segretario aggiunto della Uil è in linea con i suoi colleghi, ma aggiunge: «Sì, parliamo di politiche sociali, ma pensiamo anche a fare reddito». Se anche il presidente Napolitano «ha lanciato in questi giorni l'allarme sui salari troppo bassi, significa che il momento di agire seriamente è arrivato». E se è allarme in tutta Italia, «la Sardegna vive questa situazione ancora peggio». Calledda chiede alla Regione «maggiore concertazione perché si affronti anche a livello locale questo impoverimento costante e consistente delle retribuzioni» e indica i tre punti sui quali lavorare: «Certamente l'abbattimento delle tariffe, poi l'applicazione reale del welfare e un maggiore controllo sulla fiscalità locale». Secondo Calledda «acqua e Ici sono temi sui quali si può e si deve trattare, e spetta anche alla Regione il compito di organizzare una politica che venga incontro alle fasce di reddito più basse». Un'ora di un operaio italiano «è pagata 14 euro, dieci in meno rispetto a un lavoratore tedesco: su questo occorre trattare, il Governo deve fare la sua parte». Perché lo sciopero generale è dietro l'angolo.

ENRICO PILIA

2 commenti:

elena ha detto...

Damiano ha assolutamente ragione. Peccato si sia dimenticato di dirlo agli autotrasportatori...
Bah!

Franca ha detto...

Le premesse di Damiano, almeno all'inizio, non erano affatto concilianti...