"Istruitevi, perché avremo bisogno di tutta la nostra intelligenza. Agitatevi, perché avremo bisogno di tutto il nostro entusiasmo. Organizzatevi, perché avremo bisogno di tutta la nostra forza." Antonio Gramsci

giovedì 17 gennaio 2008

LA STRAGE QUOTIDIANA DEGLI OPERAI IN FABBRICA



La responsabilità della sinistra di governo, la necessità di un'alternativa dei lavoratori

di Antonino Marceca


In questo inizio 2008 due fatti evidenziano il pesante clima sociale e politico che grava sulla classe operaia del Paese: i licenziamenti politici negli stabilimenti Fiat del meridione e il documento "riservato" della ThyssenKrupp. Questi fatti proprio perché incisi nel mezzo della vertenza per il rinnovo del contratto dei metalmeccanici, che i padroni forti del sostegno del governo vogliono piegare a loro totale beneficio fino a presentare il 14 gennaio al tavolo un documento “finale”, giudicato “irricevibile” persino dalla parte più aziendalista della burocrazia sindacale, acquisiscono un significato politico generale.

La Fiat di Marchionne (indicato come "modello" da Bertinotti) e Montezemolo ha creato un clima poliziesco e intimidatorio negli stabilimenti di Termoli, Melfi e Pomigliano d’Arco sia con l’impiego di un numero imponente di vigilanti sia attraverso una serie di licenziamenti mirati. Nella seconda settimana di gennaio, a seguito della legittima risposta operaia ha inviato una decina di lettere disciplinari finalizzate al licenziamento di lavoratori e delegati dello stabilimento di Pomigliano. Un fatto che rende evidente la volontà della direzione Fiat di mettere in mora nelle fabbriche i diritti, le tutele e la stessa libertà sindacale: tutto questo proprio nel corso di una dura vertenza per il rinnovo del contratto nazionale e nel momento in cui si preannunciano migliaia di licenziamenti.
Il documento della ThyssenKrupp, sequestrato a Terni dalla magistratura, è stato elaborato dopo la strage della notte tra il 5 e il 6 dicembre 2007 che è costata la vita a sette operai. Da quanto risulta dall’articolo del Corriere della Sera del 13 gennaio il documento della direzione aziendale mette in relazione la risposta operaia, giudicata eccessiva e lesiva dell’immagine dell’azienda, con la presenza di “una lunga tradizione sindacale di stampo comunista”, scarica la colpa del grave incidente sulla distrazione operaia e non esclude al momento opportuno di colpire sul piano disciplinare, valutate le rassegne stampa cartacee e televisive, quegli operai sopravvissuti al rogo e i compagni delle vittime che hanno fatto dichiarazioni sulle gravi condizioni di lavoro nel gruppo industriale. Un documento particolarmente significativo del livello raggiunto dall’arroganza padronale, l’azienda infatti non solo nega ogni responsabilità sull’accaduto ma esercita un’azione mafiosa di intimidazione nei confronti dei lavoratori che dovranno testimoniare al processo. Nel contempo mira a reprimere i lavoratori che nel gruppo industriale vogliono rivendicare il diritto alla salvaguardia della propria salute e integrità fisica.


L’incidente alla ThyssenKrupp
La morte dei sette operai nel rogo dello stabilimento della ThyssenKrupp di Torino è purtroppo solo uno degli episodi del bollettino quotidiano degli incidenti mortali nei luoghi di lavoro. Ogni giorno, spesso nel silenzio dei mezzi di comunicazione padronale, muoiono tre, quattro lavoratori a causa di un incidente nel posto di lavoro: oltre 1300 l’anno, a fronte di circa un milione di infortuni denunciati, migliaia dei quali con esiti invalidanti. Ma molti infortuni e decessi non vengono neppure denunciati. Agli infortuni, devono aggiungersi le malattie professionali: tumori, malattie cronico-degenerative e disturbi psichici. Malattie connesse alla presenza di sostanze chimiche e polveri sottili nell’ambiente di lavoro; di fattori fisici (vibrazioni, radiazioni, rumore, temperatura); alla insufficiente superficie e cubatura dei locali; di carenti rapporti aeranti e illuminanti, naturali e diretti, degli ambienti di lavoro; allo stress legato all’organizzazione del lavoro; ai ritmi crescenti.
La denuncia operaia ha evidenziato nello stabilimento di Torino omissioni nelle misure e nella gestione della sicurezza (i tecnici dell’Auls, dopo l’incidente, riscontravano almeno 115 violazioni), la presenza di turnazione, orari e organizzazione del lavoro insopportabili. Una situazione di sfruttamento che i lavoratori erano costretti ad accettare per mantenere il posto di lavoro, facendo anche gli straordinari per integrare un salario insufficiente per vivere dignitosamente. Non solo: come ha dichiarato Pierre Carniti, ex segretario generale Cisl, lo stesso magistrato che segue le indagini ha dimostrato come funzionari preposti ai controlli igienico-sanitari negli ambienti di lavoro erano al tempo stesso consulenti dell’impresa, quindi in evidente regime di conflitto di interesse.

Quanto successo alla ThyssenKrupp certamente colpisce per il numero, per la giovane età degli operai colpiti, per il modo barbaro della morte, ma bisogna prendere coscienza del fatto che ogni giorno, tutti i giorni, si va al lavoro rischiando la vita in un tessuto industriale fatto di piccole e medie imprese, in cui il 54% dei lavoratori opera in aziende con meno di 15 dipendenti, quindi non difesi nemmeno dall’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori, dove mancano diritti e tutele, dove il sindacato, qualsiasi sindacato, è completamente assente.


Lo spot del governo
Nelle stesse settimane in cui gli effetti sulle carni operaie del rogo dell’acciaieria di Torino accrescevano il numero delle vittime, il governo di centrosinistra convertiva in legge il Protocollo Damiano sulle pensioni e il mercato del lavoro.

Il combinarsi del crollo del potere d’acquisto dei salari per effetto degli accordi del 1992-1993, che abolirono la scala mobile e vararono la concertazione, la detassazione degli straordinari, la precarizzazione del lavoro introdotta con le leggi Treu e Biagi e riordinata con il Protocollo Damiano, le leggi contro gli immigrati, l’estendersi della privatizzazione -dai reparti ospedalieri ai servizi di prevenzione delle Aziende USL- attraverso il meccanismo delle consulenze, dei corsi e quant’altro sono tutti fattori che moltiplicano il rischio, già insito nel modo capitalistico di produzione, degli infortuni sul lavoro e delle malattie professionali.
Il recente studio pubblicato dell’Eurispes, “Infortuni sul lavoro: peggio della guerra”, mette in evidenza come tra gli immigrati si verifica un’altissima omissione delle denuncie di infortuni sul lavoro; che immigrati e nuovi assunti, atipici, lavoratori a termine, e "soci-lavoratori" sono i più esposti a rischio di infortunio. Non a caso circa l’85% degli incidenti mortali “avviene nell’ambito dei sub-appalti” dove regna la precarietà, mentre le età più colpite sono quelle giovanili o vicine all’età della pensione.

Lo studio proprio nelle prime righe segnala come le cifre “mettono in risalto l’inefficacia dei provvedimenti legislativi”, ai quali si è aggiunta il 3 agosto 2007 la legge n° 123, che assieme ai decreti attuativi dovrebbe prevedere un riassetto della normativa in materia. La legge affida al Presidente della provincia il coordinamento delle azioni istituzionali di vigilanza e ispezione con la costituzione di Organismi Paritetici Provinciali.
In Finanziaria 2008 il governo Prodi ha stanziato 50 milioni di euro per il potenziamento delle attività di prevenzione e contrasto degli incidenti e delle malattie professionali sui luoghi di lavoro, larga parte di questi euro verranno spesi per uno spot pubblicitario “Usare la testa, si deve. Evitare la croce si può”, gli autori dello spot spiegano che il senso del messaggio che verrà trasmesso da Tv, stampa, radio e internet è che “la vita nel posto di lavoro non si può mettere in gioco per qualche distrazione”, come dire che la causa degli infortuni è dovuta al fatto che gli operai sono sbadati! Non c’è dubbio che la ThyssenKrupp terrà conto dello spot governativo al processo, magari per chiedere una condanna degli operai sopravvissuti al rogo e farsi risarcire.


La necessità del controllo operaio e di un'alternativa di classe
Ma quando a Bergamo, nella fonderia Pilenga, un operaio viene sospeso per tre giorni perché segnalava al capo reparto i rischi di infortunio presenti nell’ambiente di lavoro: “rischio incendio in presenza di fumatori”, “rischio di caduta in caso di urto di pancali sovrapposti”, “olio chimico che fuoriesce dalle macchine e va sui pavimenti”; o quando l’infermiera professionale di Monza viene licenziata, perché "è venuto meno il rapporto fiduciario", a seguito della denuncia alla stampa del rischio di diffusione di malattie infettive per la mancata sterilizzazione delle “attrezzature e supporti medici”; allora è chiaro che è urgente e necessario il controllo operaio e delle masse popolari. Le cause degli infortuni e delle malattie professionali non sono dovute alle “distrazioni” operaie, come vorrebbe farci credere lo spot governativo e padronale, ma sono l’effetto di un sistema capitalistico di sfruttamento bestiale: le imprese che non vogliono investire nelle strutture e nei macchinari per realizzare un ambiente di lavoro salubre e privo di fattori di rischio, di padroni che non intendono rinnovare i contratti nazionali e aumentare i salari, anzi chiedono agli operai di lavorare di più, di aumentare i ritmi, di legare il salario alla produttività; di un governo padronale che incentiva gli straordinari e la privatizzazione dei servizi sanitari pubblici; di norme precarizzanti che ricattano giovani e immigrati; di una permanenza al lavoro eccessiva in termini di anni e ore di lavoro.

Non saranno gli Organismi Paritetici Provinciali, previsti dalla nuova normativa, ma la mobilitazione e la lotta dei lavoratori, la costruzione di una vertenza generale sulla base di una piattaforma sindacale unificante e adeguata alla fase, contro il governo e il padronato, a porre un freno alla barbarie capitalistica. Primo passo nella lotta per abbattere questo sistema di sfruttamento e di guerra, nella prospettiva di un'alternativa vera, di classe, cioè di un governo dei lavoratori per i lavoratori. E' per favorire questa lotta che è nato un anno fa il Partito di Alternativa Comunista, è in questa lotta che, quotidianamente, sono impegnati in ogni mobilitazione contro il governo e contro il padronato i nostri militanti.



www.partitodialternativacomunista.org


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2 commenti:

Anonimo ha detto...

A leggere questi post sembra che sulla materia ci siano vuoti legislativi.
Tutti sanno che non è così e che se si vuole si possono individuare i responsabili, che non sono solo i proprietari della ditta.
Se si usasse l'indice anzichè la lingua, molte cose migliorerebbero.
Mat

Franca ha detto...

Non c'è neanche quella coscienza di classe che s'invoca