Il giudice proscioglie l'anestesista
Mario Riccio che interruppe la ventilazione meccanica aiutando Welby a morire è stato prosciolto dall'accusa di "omicidio del consenziente''. La moglie Mina: "Spero si faccia qualcosa per il testamento biologico"
Roma, 23 luglio 2007 - Piergiorgio Welby aveva tutto il diritto di chiedere l'interruzione della ventilazione artificiale che lo teneva in vita e il medico anestesista Mario Riccio, che lo sedò per poi staccare il respiratore meccanico, aveva il dovere di assecondare la volontà del malato. Con questa motivazione, il gup del tribunale di Roma, Zaira Secchi ha ordinato il «non luogo a procedere» nei confronti di Riccio, indagato per 'omicidio del consenziente' perchè il fatto non costituisce reato ai sensi dell'articolo 51 del codice penale sull'adempimento di un dovere. Soddisfatta della sentenza Mina Welby che in udienza ha raccontato la storia di suo marito.
Il giudice, con la sua decisione, ha recepito l'impostazione della procura di Roma da sempre convinta che su Riccio non si dovesse indagare ma costretta da un altro giudice (Renato Laviola) a formulare l'imputazione coatta ai fini di un rinvio a giudizio. Le argomentazioni del pm Francesca Loy, il contenuto del libro 'Lasciatemi morire' di Piergiorgio Welby, portatore da moltissimi anni di distrofia muscolare progressiva e deceduto il 20 dicembre scorso, la lettera che lui scrisse al presidente della Repubblica per fargli conoscere il caso e la testimonianza resa oggi dalla moglie hanno spinto il gup Secchi a scagionare l'anestesista da ogni accusa.
«La sentenza - ha commentato l'avvocato Giuseppe Rossodivita, legale del medico - costituisce un precedente molto importante: riconosce il diritto del malato, grazie agli articoli 13 e 32, secondo comma, della Costituzione, di rifiutare le terapie o la prosecuzione di terapie non più volute anche quando questa interruzione possa determinare la morte del malato stesso. Di fatto il giudice ha stabilito che era un dovere, per il dottor Riccio, staccare il respiratore perchè così aveva chiesto il paziente».
La notizia del proscioglimento gli è stata comunicata dall'avvocato. Per Mario Riccio, in vacanza in questi giorni in Grecia, la decisione del gup ha rappresentato un bel sollievo: "Questa vicenda stava prendendo una strada un pò pericolosa per me, visto che rischiavo quindici anni di carcere per omicidio del consenziente. Ho accolto la notizia con grande soddisfazione personale".
Entrando nel merito della questione, il medico anestesista che sedò Piergiorgio Welby e staccò il respiratore artificiale, determinando così il decesso del paziente, Riccio ha commentato: "Il giudice, con la sua sentenza, ha ribadito quello che già sapevamo e cioè che il paziente può rifiutare le terapie, anche quelle salvavita, e questo suo diritto può essere delegato ad altra persona. Lo dice la Costituzione. Io ho soltanto posto in essere il volere del paziente". "Anche l'Ordine dei medici che mi aveva assolto - ha proseguito Riccio - aveva riconosciuto che le terapie non possono essere eseguite contro il volere del paziente".
"Spero ora che il Parlamento faccia qualcosa per il testamento biologico. Lo chiedo soprattutto a nome di Piergiorgio perchè non vada perso il suo sacrificio". Mina Welby, moglie dell'esponente radicale affetto da una grave forma di distrofia muscolare e morto il 20 dicembre scorso, è soddisfatta della sentenza che ha prosciolto il medico anestesista che dopo aver iniziato la sedazione, staccò il ventilatore polmonare, determinando così il decesso di Piergiorgio. "Sono molto contenta del verdetto - ha esordito la donna -. Devo dire che ci speravo e che me l'aspettavo. Quando un giudice chiede cose così personali sul consenso della persona interessata e sulla fermezza del suo proposito, significa che è orientato a scagionare l'indagato. Io, in vista della mia deposizione di oggi, non mi ero preparata nulla, non avevo bisogno di cercare alcuna documentazione. Sapevo quello che avrei dovuto dire".
La donna ha così raccontato al gup Secchi la storia del suo rapporto con Piergiorgio, tutto il decorso della sua malattia, "come lui ha cercato di darsi una mossa per vivere al meglio delle sue possibilità, informandosi della malattia e sapendo tutto della sua evoluzione. Lui mi aveva avvertito: non mi sposare, mi diceva, perchè io ti rovino la vita. Io ho insistito e l'ho sposato ugualmente. Tornando indietro rifarei la stessa cosa. Siamo stati insieme 27 anni". La prima crisi respiratoria di Piergiorgio è del '97: "In quella occasione, io e lui facemmo un patto, di non chiedere aiuto ai medici. Subito dopo lui mi disse di aiutarlo. Negli anni a seguire, lui lavorò sul testamento biologico, sulla legge sull'eutanasia in Italia, aveva visto che in Olanda e Belgio c'era già un ampio dibattito. È stato mio marito a rivolgersi ai radicali perchè potesse avere un megafono, una voce in più, e rendere nota la sua storia. Con questo obiettivo scrisse al presidente Napolitano".
Mina Welby ha spiegato in udienza come la coppia incontrò il medico Mario Riccio: "Il dottor Casale si rifiutò di fare la sedazione e staccare il ventilatore, la magistratura era un po' incerta sul da farsi, perchè non c'era una legge che regolasse la materia. Tramite l'associazione Luca Coscioni, è stato il dottor Riccio a contattare mio marito che gli chiese personalmente di procedere alla sedazione e al distacco del respiratore. Così è accaduto. Il medico ha soltanto assecondato il volere di Piergiorgio".
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