"Istruitevi, perché avremo bisogno di tutta la nostra intelligenza. Agitatevi, perché avremo bisogno di tutto il nostro entusiasmo. Organizzatevi, perché avremo bisogno di tutta la nostra forza." Antonio Gramsci

lunedì 23 luglio 2007

Amazzonia: Indigeni in "Isolamento Volontario"

Gli Indigeni in "Isolamento Volontario", sono popolazioni di cui si hanno solo alcuni elementi della loro esistenza. Non hanno mai avuto contatto con il "nostro mondo" e solo un virus potrebbe portarli allo sterminio. Sono in pericolo di estinzione centinaia di culture, saperi, lingue e miti che non abbiamo mai ascoltato. Ma "non abbiamo bisogno di incontrarli per difenderli", anzi, dobbiamo difendere la loro scelta di non incontrarci.

Popoli non contattati:
stesso pianeta, un altro mondo

Di Martin E. Iglesias - Selvas.org


Questa è l'immagine della locandina del primo Convegno Internazionale sui Popoli in Isolamento Volontario dell'Amazzonia, del novebre 2005 a Belem, Parà in Brasile



8 maggio 2007

“Sudest del Perù. Dipartimento di Madre de Dios. Conca amazzonica. Forse il nome di questo dipartimento in piena foresta d'Amazzonia è l'esclamazione di stupore di fronte all'immensità della natura; il senso di smarrimento, come il mio… dopo due giorni di cammino tra foglie e rami senza fine; la consapevolezza di scoprirsi esseri piccolissimi ai piedi di questi giganti verdi di cui si vedono solo le radici, da quanto sono grandi… e che oscurano anche la luce solare tanto sono fitti e alti. “Madre de Dios” è sicuramente una preghiera o un'imprecazione, un esclamazione di sconforto o un voto anticipato nella speranza di tornare nella civiltà che abbiamo lasciato alle spalle, oramai da troppo tempo per raggiungere il campo base numero “tres”. …Ho così tanta vegetazione nelle mie pupille da inquinare i miei ricordi e non ricordare più di che colore fossero le strade, le case, il molo intorno agli uffici della B….. Trade Company, il colore della scrivania dove ho firmato il mio ingaggio, una settimana fa, per questa spedizione a caccia, non del tesoro di chissà quale eldorado nascosto, ma di tronchi di Cedro e di Mogano pagati però a vero peso d'oro, questo sì... La “Base tre” è ancora a poche ore di cammino, al confine sud di un gigantesco orto di mogano,, così lo chiamiamo noi. Una vena aurifera di piante dalle cortecce tutte uguali, che emergono da questo oceano di muschi e felci e ragni. Come se Dio avesse avuto la passione e la pazienza di piantare, tutti insieme, uno di fianco all'altro, migliaia di alberi della stessa famiglia e concedesse proprio a noi, ora, dopo migliaia di anni, l'opportunità di raccoglierli. Questo è ORO. E noi siamo solo gli apripista di una miniera che frutterà alla Company affari per decenni e per noi una paga speciale, una vera vincita alla lotteria…questa volta è l'ultima volta che…”

Una freccia spezza in due il cuore di Javier, quasi ad anticipare la premonizione de “l'ultima volta”. Siamo nell'aprile 2002. Questo fu solo il secondo incontro-scontro documentato dall'inizio di quell'anno. A gennaio altri due “madereiros”, i tagliatori illegali di legname, furono ricoverati nell'ospedale Santa Rosa di Puerto Maldonado, nella provincia amazzoniaca peruviana di Madre de Dios con ferite gravi di frecce, forse avvelenate, ricevute a poche ore di cammino dalle canoe abbandonate sulla riva del fiume.


Popolazione Korubo in "contatto iniziale" - Vale do Javari - Amazonas, Brasile - Foto di Vincent Brackelaire



La guerra dei Mondi
“Gli scontri tra popolazioni indigene in “isolamento volontario” e i tagliatori illegali di legname, sono difficilmente documentabili per via dell'attività fuorilegge di questi ultimi che preferiscono non curarsi in strutture sanitari”, come sottolinea la Defensoria del Pueblo peruviana, un organo costituzionale indipendente per la difesa dei diritti fondamentali delle persone e delle comunità.
“I registri ospedalieri di Santa Rosa testimoniano solo una piccola documentazione di un'enorme guerra mai dichiarata. Ad esempio non esiste quasi alcuna prova di feriti o decessi da parte delle popolazioni indigene” che nel difendere il loro “non contatto” voluto, muoiono nella foresta che è parte indissoluta di loro stessi,la difendono e li difende, gli appartiene e loro appartengono ad essa.
L'incontro-scontro di civiltà, assume in questi casi il vero senso, triste e profondo, di guerra tra culture, tra umanità dello stesso pianeta sì, ma non dello stesso mondo.
Per uno dei mondi, infatti, queste guerre sono parte della storia che avanza. Per l'altro mondo queste rappresentano la fine, l'estinzione della loro esistenza.
Secondo gli ultimi dati raccolti, sono almeno duecento le popolazioni indigene in isolamento volontario di cui si ha qualche traccia o indizio di esistenza ai bordi della foresta amazzonica, e di una cosa si è certi: sono le ultime “non contattate” di tutto il continente americano. La definizione di “isolamento volontario” è un compromesso linguistico che serve a identificare tutte quelle popolazioni che non hanno avuto un contatto, documentato e risalente a qualche generazione fa, con la nostra storia, e di cui preferiscono astenersene. Questa vasta area geografica comprende sette nazioni: Bolivia, Brasile, Colombia, Ecuador, Paraguay, Perù e Venezuela. Ognuno di questi Paesi adotta soluzioni di protezione, verso queste popolazioni, molto differenti tra loro. Il Brasile e il Perù, dove si trovano il maggior numero di popolazioni in isolamento volontario, sono le nazioni più all'avanguardia avendo espresso a livello legislativo strumenti di protezione e difesa delle aree naturali abitate e utilizzando definizioni esplicite per “indigeni non contattati o in contatto iniziale”. Le altre nazioni, pur riconoscendo l'esistenza di questi popoli, mancano di una legislazione specifica e omogenea, lasciando a comunità indigene locali o a organizzazioni non governative (Ong) il compito e l'onere della difesa e prevenzione ai contatti.


Mappa solo indicativa tratta da: Situación de los últimos pueblos indígenas aisladosen América latina (Bolivia, Brasil, Colombia,Ecuador, Paraguay, Perú, Venezuela) a cura di Vincent Brackelaire

:: LINK UTILI ::
Servicio de Información Indígena

www.servindi.org

La costituzione del gruppo CIPIACI

Encuentro Internacional sobre Pueblos Indígenas Aislados de la Amazonia

Programma PDF


Appello di Santa Cruz de la Sierra - Bolivia

Programma PDF


Queste popolazioni storicamente hanno affrontato e superato numerosi ostacoli nel corso dei secoli: le invasioni e l'asservimento a medi e grandi imperi, come quello Inca, ad esempio. Sono sopravvissute allo sterminio virale, che a causa dell'arrivo degli europei nel nuovo continente, ha preceduto e facilitato l'opera dei Conquistadores iberici, infettando mortalmente circa 60 milioni di persone, secondo gli ultimi studi, in solo cento anni.
Hanno dovuto ricercare sempre nuove rotte migratorie nella foresta, per evitare le nuove strade, gli oleodotti, le piattaforme estrattive, gli incendi speculativi per creare nuovi pascoli, gli abbattimenti forestali, luci, rumori, presenze costanti e nuove che premono ai bordi del loro mondo. Sono circondati. Costretti ad avere incontri, e scontri, con altre popolazioni che, come loro, stanno fuggendo verso il centro del loro pianeta che si restringe sempre più.

La foresta che per loro significa vita, utero e mammella, significa storia, popolata di antenati, parole, suoni, forme amiche e nemiche ma sempre conosciute e decodificate, si sta trasformando in un inferno di trappole, ostacoli, paure e divieti sconosciuti che provocano alla loro esistenza incertezza e rabbia.

Darcy Ribeiro, famoso antropologo brasiliano che ha convissuto con molti gruppi indigeni in contatto iniziale, forse non esagerava quando definiva la storia del contatto come “un vero sterminio, senza che abbia portato loro nessun elemento positivo”. Infatti la prima causa di morte e sterminio per questi popoli migratori della foresta rimane, come 500 anni fa, la malattia, il virus - di qualsiasi genere, tra l'altro - al quale noi con i nostri contagi storici e pandemie continentali abbiamo reagito costruendo barriere di difesa, reazione e immunità alla morte, possono ancora oggi, sterminare questi gruppi di umani sprovvisti di difese immunitarie adeguate.

Umanità in estinzione
Tra i pericoli che incombono sul mondo dei popoli in isolamento volontario, lo sfruttamento di risorse naturali la fa da padrone: per ampiezza d'impatto, investimenti e organizzazione anche quando ciò non è legale. Ma oltre il contatto con trafficanti di legna esotica e ingegneri petroliferi impegnati in campagne di trivellazione ed esplosioni sotterranee alla ricerca dell'oro nero, tutti rigorosamente sotto scorta armata, il cosiddetto “turismo informale” è tra tutti i contatti il più insidioso.
Sotto questa definizione sono compresi ovviamente le persone disposte a pagare una guida indigena locale per scopi puramente di escursione, anche se estrema proprio come detta l'ultima moda, pronti a donare oggetti (e virus) in cambio, magari, di una foto o di un filmato in esclusiva. Sono compresi però anche ricercatori e cacciatori (detti “pirati”) di biodiversità, che nella speranza di trovare nuove formule da brevettare osano approcci con le popolazioni non contattate per carpirne i segreti e gli usi tradizionali. Ultima ma non meno pericolosa è la vera e propria “caccia all'ultimo indigeno da convertire”, lanciata da alcune chiese, in programmi fondamentalisti come il New Tribe Mission, sponsorizzato anche attraverso internet.

“Dopo cinque secoli di contatti disastrosi che hanno causato la scomparsa di centinaia di popoli, solo alla fine del ventesimo secolo è cominciata a cambiare la percezione delle cose - riassume Vincent Brackelaire, sociologo e antropologo, che ha stilato il documento riassuntivo del primo incontro internazionale sui popoli in isolamento volontario, svoltosi a Belem do Parà, in Brasile, nel novembre del 2005 - e bisogna attendere solo l'inizio del XXI secolo perché ci si preoccupi in modo globalizzato della sopravvivenza dei popoli indigeni in isolamento. Molte specie animali in via di estinzione sono molto più protette, grazie a specifici di protocolli di difesa internazionale, rispetto agli ultimi popoli sconosciuti del pianeta, con le loro società, culture, saperi che rischiano di scomparire prima di essere conosciuti. Sono gruppi umani con abitudini, lingue e miti che, anche se mai ascoltati, fanno parte del patrimonio umano materiale e immateriale che l'UNESCO ha come missione proteggere”.

Le istituzioni internazionali, in parte, riconoscono i diritti inviolabili dei popoli indigeni in quanto popoli originari. La Convenzione169 dell'Organizzazione Mondiale per il Lavoro (OIL), ad esempio, riconosce diritti ai Popoli Indigeni anche di proprietà ed uso del proprio territorio, ovviamente solo laddove gli Stati abbiano ratificato la Convenzione stessa e solo nel qual caso la facciano rispettare. Ma per i popoli indigeni non contattati, far valere i propri diritti è indubbiamente più complicato, non avendo loro, per autonoma scelta di sopravvivenza, un rapporto diretto e di rappresentanza con il nostro mondo di regole e convenzioni.


Foto di gruppo del neonato CIPIACI da www.servindi. org: Maria Saravia (CIDOB, Bolivia), Almir Ñarayamonga (COIAB, Brasil), Efrén Calapucha (CONAIE, Ecuador), Fernando Nihue (NAWE, Ecuador), Hipólito Acevei (CAPI, Paraguay), Aquino Picanerai (UNAP, Paraguay), Arahugo Gañan (ONIC, Colombia), Egberto Tabo (COICA), Segundo Alberto Pizango (AIDESEP, Perú) y Antonio Iviche Quique (FENAMAD, Perú).



I portavoce degli “invisibili”
“La situazione critica di estrema vulnerabilità dei popoli indigeni in isolamento e contatto iniziale, nell'esercizio dei loro diritti umani e fondamentalmente del loro diritto alla vita, richiede un urgente adozione di azioni politiche che diano risposte efficaci alle necesità di protezione”. Così si appellano i partecipanti all'ultimo convegno sul tema, tenutosi a Santa Cruz de la Sierra, in Bolivia nel novembre 2006. Sono decine di rappresentanti di movimenti indigeni istituzionalizzati che hanno deciso di diventare portavoce ufficiali degli “invisibili”. E finalmente il 13 aprile si è costituito il Comitato Indigeno Internazionale per la Protezione dei Popoli Indigeni in Isolamento Volontario e in Contatto Iniziale (CIPIACI), formato da organizzazioni indigene di sette nazioni del Sudamerica. La fondazione di questo gruppo di lavoro sul tema renderà visibili le istanze dei popoli senza voce; gli interventi urgenti a carattere politico dovranno essere in appoggio “alla prosecuzione del lavoro intrapreso soprattutto da organizzazioni indigene in questo ambito che hanno stabilito spazi di visibilità nazionale e internazionale nel corso di diversi anni di lavoro”. Infatti, la comunanza di sensibilità e la conoscenza del territorio fanno delle organizzazioni indigene locali i referenti naturali e ideali per le politiche di difesa e promozione della causa.


A sinistra, JulioCusurichi , Puerto Maldonado, Perù - Foto di Tom Dusenbery


Di ciò ne è convinto anche il comitato scientifico e la giuria del Goldman Environmental Prize, un premio alle cause ambientali istituito nel 1990 che quest'anno, 2007, a suo modo ha voluto riconoscere il merito di tale lavoro, anche se ad personam, a Julio Cusurichi Palacios, leader indigeno Shipibo della Federazione indigena FENAMAD di Puerto Maldonado, Madre de Dios, Amazonia peruviana. Julio Cusurichi si è distinto per la sua battaglia civile in difesa dei popoli indigeni in isolamento volontario, riuscendo nel 2002 insieme alla sua federazione ad ottenere la creazione di una riserva territoriale per questi popoli di 7.688 chilometri quadrati, in un area tra le più vergini dell'Amazzonia.
Questo premio, anche se personalistico, darà visibilità al lavoro svolto da Julio Cusurichi e alla sua battaglia civile, e l'opportunità di viaggi e conferenze pubbliche: “E' mia responsabilità difendere i popoli indigeni in isolamento volontario che non hanno voce e che sono le persone più vulnerabili del pianeta. Ho bisogno di informare i politici che prendono le decisioni che danneggiano questi popoli e proporre loro alternative possibili”.

Oltre di intuibili misure urgenti di protezione, questa parte di umanità che ha deciso di continuare a vivere come fecero i loro antenati per millenni, ha bisogno sia del rispetto della Comunità Internazionale, come di ogni singolo umano di questo pianeta, sia della voce di più persone possibili del nostro Mondo. La nostra voce per dare al loro Mondo una speranza di vittoria sull'estinzione e sullo sterminio invisibile che abbiamo, anche inconsapevolmente, deciso per loro.




:: Perù - Pericoloso negazionismo da parte dei vertici dell'azienda petrolifera Perupetro::

La peligrosa “ignorancia” de Daniel Saba, Presidente de Perupetro

De Jorge Agurto -
Servindi.org
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(En Español)

Hace unos días Daniel Saba de Andrea, Presidente de Perupetro SA, declaró en el canal de televisión del estado que los denominados pueblos indígenas en aislamiento voluntario o no contactados no existen porque “nadie los ha contactado”. Con esta actitud el funcionario pretende sacar el debate sobre dichos pueblos del marco de los derechos de protección para trasladarlo al campo del cinismo.


Daniel Saba de Andrea, Presidente de Perupetro SA

Desde años atrás el tema de los pueblos aislados y en contacto inicial está de algún modo presente en la agenda de varias dependencias públicas principalmente por acción de la Asociación Interétnica de Desarrollo de la Selva Peruana (AIDESEP) y sus organizaciones afiliadas.

El año 2001 la protección de los pueblos en aislamiento constituyó uno de los ocho capítulos del Plan de Acción para los Asuntos Prioritarios a favor de las Comunidades Nativas que se elaboró al auspicio de la Comisión Especial Multisectorial para las Comunidades Nativas creada por la Presidencia del Consejo de Ministros.

El plan fue publicado como separata especial en el diario oficial El Peruano el 30 de junio de 2001 y presentado públicamente por dos ministros de estado. En éste plan se definen como objetivos: a) establecer el régimen jurídico especial de los pueblos indígenas en aislamiento voluntario, b) garantizar la conectividad del territorio de estos pueblos conformando un corredor ecológico cultural, y c) protegerlos de cualquier intrusión no autorizada en sus territorios de personas ajenas a ellas.

El año 2000 la Defensoría del Pueblo publicó el documento de trabajo: Tras las Huellas de Un Antiguo Presente. La problemática de los pueblos indígenas amazónicos y en contacto inicial. Recomendaciones para su superviviencia y bienestar escrito por Alonso Zarzar.

En ese texto se recomienda el diálogo entre el estado y la sociedad civil para debatir políticas específicas para estas poblaciones. Zarzar sugiere una comisión que elabore lineamientos de un programa de acción multisectorial orientado a formular una política nacional sobre los pueblos aislados y en contacto inicial.

En enero de 2006 la Defensoría del Pueblo publicó el informe 101: Pueblos indígenas en situación de aislamiento voluntario y contacto inicial, donde concluye que “la etapa de exploración [de hidrocarburos] es la que genera mayor riesgo de contacto con los pueblos indígenas en situación de aislamiento, debido a la alta movilidad de los equipos utilizados para la sísmica que se introducen en los bosques, incluyendo muchas veces las partes altas de las cuencas de los ríos” (Conclusión Ocho).
En mayo de 2006 el Congreso de la República aprobó la ley Nº 28736 sobre Pueblos en Aislamiento Voluntario con el objeto de “establecer el régimen especial transectorial de protección de los derechos de los Pueblos Indígenas de la Amazonía Peruana que se encuentren en situación de aislamiento o en situación de contacto inicial, garantizando en particular sus derechos a la vida y a la salud salvaguardando su existencia e integridad“.

En noviembre de 2006 se realizó el Seminario Regional sobre Pueblos Indígenas Aislados y en Contacto Inicial de la Región Amazónica y el Gran Chaco en seguimiento de las recomendaciones del Foro Permanente para las Cuestiones Indígenas de las Naciones Unidas y del Programa de Acción del Segundo Decenio Internacional para los Pueblos Indígenas.

El seminario fue organizado por la Oficina del Alto Comisionado de las Naciones Unidas para los Derechos Humanos y presentará un informe en la sexta sesión del Foro Permanente que se realizará del 14 al 25 de mayo próximo.

El pasado miércoles 18 de abril de 2007 el Presidente de Ecuador, Rafael Correa, presentó la política pública que orientará las acciones del Estado ecuatoriano en relación a los pueblos indígenas aislados de la amazonía que se desplazan por una extensa región del nororiente de la amazonía ecuatoriana.

En dicha política se definen principios como el de Intangibilidad, Autodeterminación, Reparación, Pro homine, No contacto, Diversidad cultural, Precaución, Igualdad y Respeto a la dignidad humana, que orientan las siguientes líneas estratégicas de acción: 1) Consolidar y potenciar el principio de intangibilidad, b) Asegurar la existencia e integridad física, cultural y territorial de estos pueblos, c) Equilibrar la presencia de actores externos en sus zonas de influencia y d) Detener las amenazas externas.

Además, el gobierno ecuatoriano ha propuesto no explotar el crudo del campo Ishpingo-Tambococha-Tiputini (ITT), el más grande del país en la reserva Yasuní, a cambio de recibir una compensación económica de los países industrializados por esta acción de conservación. Esta propuesta ha sido saludada positivamente por organizaciones ecologistas debido a que los países industrializados tienen la obligación de adoptar y apoyar este tipo de medidas para evitar que haya más petróleo en la atmósfera que afecte al cambio climático.

Estos son algunos antecedentes y el contexto en que se producen las declaraciones de Daniel Saba, ex candidato al Congreso por la lista de Ollanta Humala y que fue objetado por no haber renunciado a tiempo al partido Acción Popular.

Fue elegido el 24 de agosto de 2006 por el gobierno del APRA como Presidente del Directorio de Perupetro SA y en marzo de este año anunció en una gira en Londres que el Perú firmaría 25 contratos de exploración de hidrocarburos con lo cual superará el récord de 16 acuerdos suscritos el 2006.

Es muy preocupante y peligroso que un funcionario que representa el estado en materia de promoción de la inversión en hidrocarburos desconozca la política de estado que reconoce la existencia de los pueblos aislados y que con el único afán de alentar la inversión en hidrocarburos se exprese con tanta irresponsabilidad de manera pública.

Como señala Claudia Cisneros en un artículo publicado en el diario La República: “La tragedia está (…) en que una persona de sus 'capacidades' muestre tal ignorancia o peor, pretenda ignorancia para seguir entregando lotes ilegalmente, en perjuicio de quienes por ley y moral tienen derecho a que su vida no sea puesta en riesgo”.

“Mientras Perupetro espera captar US$ 1,000 millones de inversión este año por 82 contratos de exploración/explotación, los sin voz, solo esperan seguir teniendo el mismo derecho a vivir que cualquiera. Los No-Contactados existen aunque el Sr. Saba, en su mundo ideal, quiera negarlos para seguir entregando concesiones” concluye Cisneros.

Los congresistas de la república deben solicitar de inmediato al Poder Ejecutivo un pedido de información para saber si las declaraciones del señor Saba constituyen una nueva política de estado que desconoce la existencia de los pueblos aislados -en abierta contradicción con la Ley 28736- o incluir en la estación de preguntas una interrogación al poder ejecurtivo en el mismo sentido.

Las declaraciones de Daniel Saba de Andrea no podemos pasarlas fácilmente por alto. No solo agrede y cuestiona los informes de la Defensoría del Pueblo sino que obsesionado por vender lo más rápido los recursos de gas y petróleo no renovables del país ahora quiere desaparecer de la realidad a los pueblos más vulnerables del país.


Martin E. Iglesias, giornalista e ricercatore delle dinamiche sociopolitiche latinoamericane, è presidente e coordinatore volontario tra i fondatori dell'Associazione Culturale SELVAS.org.



fonte: http://www.selvas.org/newsAMZ0107.htm

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