"Istruitevi, perché avremo bisogno di tutta la nostra intelligenza. Agitatevi, perché avremo bisogno di tutto il nostro entusiasmo. Organizzatevi, perché avremo bisogno di tutta la nostra forza." Antonio Gramsci

sabato 21 luglio 2007

“Locombia”: ultime notizie

Scrivere di attualità colombiana non è certo un compito facile. Qualunque giornalista si cimenti, tentando di descrivere anche solo le “ultime” notizie, ha immediatamente l’impressione di essere limitato nelle sue analisi. E certamente non per demerito personale. Questa è la sensazione d’impotenza del “cronista cosciente” che comprende che una notizia dell’ultima ora non può spiegare mezzo secolo di barbarie dei diritti umani. L’Eldorado svelato, i record sindacali, i mercati roventi e i Diritti Presidenziali: questo ed altro per la cronaca di una nazione, che ai media, pare "normale".




Di
Martin E. Iglesias



Le illustrazioni in questo articolo sono dell'artista colombiano in esilio Gustavo Muñoz Matiz.
L'autore è impegnato a diffondere campagne e notizie di solidarietà con il popolo colombiano.

Il titolo dell'opera qui sopra è: "Terrorismo de estado con estatuto antiterrorista"


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Dossier PLAN COLOMBIA
Guerra "invisibile"


Scrivere di attualità colombiana non è certo un compito facile. Qualunque giornalista si cimenti, tentando di descrivere anche solo le “ultime” notizie, ha immediatamente l’impressione di essere limitato nelle sue analisi. E certamente non per demerito personale.
Chi volesse cimentarsi a realizzare un’analisi generale della Colombia come “cappello introduttivo”, per poter poi procedere a descrivere un solo particolare argomento, fulcro del proprio articolo, si sentirebbe particolarmente frustrato. Ovviamente tento di descrivere quella sensazione di incompletezza che avverte il commentatore, se leale con se stesso, nella pratica più comune del lavoro giornalistico: la sintesi. In effetti la quantità di notizie provenienti dalla nazione andina, grazie all’opera continua dei mezzi d’informazione governativi e indipendenti - sia nazionali che esteri - è paragonabile a quella di tanti altri Stati “occidentali e democratici”. Eppure non è la stessa cosa; e non si riserva alla Colombia lo stesso spazio informativo che avrebbe un qualsiasi altro Stato occidentale nelle sue particolari condizioni sociali e politiche. Tentare di sintetizzare la condizione sociale di una nazione, dopo oltre quarant'anni di guerra civile ininterrotta e quasi totalmente ignorata è come voler spiegare l’oceano a chi l’acqua non l’ha mai vista.

Banale cronaca estera
Questa è la sensazione d’impotenza del “cronista cosciente” che comprende che una notizia dell’ultima ora non può spiegare mezzo secolo di barbarie dei diritti umani, e non può essere comunque estrapolata da un contesto storico che potrebbe far pesare la notizia stessa a favore di una o di più parti in conflitto. L’errore di considerare la Colombia una nazione normale, non può essere risolto dall’opera, se pur meritoria, di singoli giornalisti o analisti. Una nazione in guerra civile perenne deve essere considerata tale prima di tutto dai governi mondiali, dalle forze politiche e istituzionali mondiali.
Ecco allora che nessun’altra espressione fu mai più onesta e stridente nello stesso tempo:“Locombia” (loco = matto), così la chiamava il padre del “magico realismo” Gabriel García Márquez anagrammandone il nome. Foreste, acque, petrolio, ricchezze naturali e energetiche scompaiono per i colombiani sotto la continua emergenza democratica, per poi ricomparire all’estero, descritte solo all’interno di fredde analisi economiche legate ai mercati internazionali.
La nazione in cui è stata sperimentata la guerra “a bassa intensità”, il “narco-terrorismo”, l’entrata in scena delle “Military Private Company”. Colombia ha adottato, dall’entrata in scena del presidete Alvaro Uribe Velez, l’oblio istituzionalizzato e nei simposi internazionali parla della guerra civile come lotta al terrorismo, auspicando addirittura l’intervento militare statunitense come per l’Iraq, mostrando agli investitori internazionali una nazione flessibile alle regole della privatizzazione, considerando, tra le altre, la “propria” biodiversità come merce privatizzabile.



Gustavo Muñoz Matiz. - "Ni perdon, ni olvido"


L’Eldorado svelato
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"Con le trattative per gli accordi economici bilaterali con gli USA, Uribe è in prima fila nei prossimi accordi per il Trattato di Libero Commercio (TLC) inseguendo il primato di privatizzazione cileno. Gli accordi, superando l’ostacolo causato dal ritardo dell’approvazione dell’Area di Libero Commercio delle Americhe (ALCA), spianeranno la strada agli investimenti nordamericani nella regione a discapito delle industrie locali già in forte crisi come le già infrante garanzie sindacali dei lavoratori.
Con il TLC, secondo l’analista Gustavo Pedro, solo ad esempio, Bogotà vivrà un recesso forzato. A differenza delle campagne e delle coste industrializzate, il Distretto della capitale è ricco di medie e piccole industrie di trasformazione e fonte di servizi per il mercato interno e per la regione andina. Con l’arrivo delle società statunitensi, forti oltre che dei sussidi statali anche dei brevetti registrati ai quali non vogliono rinunciare, grazie alla riduzione delle tasse d’importazione, la tendenza allo smantellamento delle manifatture locali sarà radicale. Se la disoccupazione continuerà il suo trend negativo (solo nel 2001 la disoccupazione femminile era quasi al 55%), si prospetta anche per la Colombia, un’impiego massiccio di forza lavoro a basso costo, soprattutto manifatture, con la creazione delle ormai tristemente conosciute “maquilladoras”: forza lavoro facilmente ricattabile e sottopagata, preferibilmente femminile, precarizzazione e messa al bando dei diritti dei lavoratori.

Record sindacali
Su quest’ultimo punto la Colombia non teme confronti: è il Paese più pericoloso al mondo per i sindacalisti. Come scrive lo statunitense Philip Cryan su Counterpunch, nell’ultimo decennio sono stati uccisi almeno 1.500 sindacalisti (anche se nesuno conosce le cifre reali) e nessuno è mai stato condannato per i quasi 400 omicidi di sindacalisti tra il 2001 e il 2002. L’80 per cento di sindacalisti uccisi nel mondo era colombiano.
Alcuni membri del Sianaltrainal (sindacato che rappresenta anche i lavoratori della Coca-Cola) sono stati rapiti e torturati, altri sono stati incarcerati con false accuse. La lotta dei sindacalisti della più diffusa bibita a livello mondiale è diventata un simbolo per la difesa dei diritti umani e dal luglio del 2003 è partita una campagna internazionale di boicottaggio dei prodotti del potente marchio USA.
In questi giorni si è conclusa la marcia della “Carovana Internazionale di Solidarietà con i Lavoratori Colombiani”, convocata da oltre novanta sigle sindacali della nazione. Circa 60 delegati internazionali, provenienti da Italia, Stati Uniti, Canada, Spagna, Germania, Inghilterra, Svizzera, Belgio solo per citarne alcuni, hanno ascoltato le denunce di centinaia di dirigenti sindacali colombiani nelle diverse tappe del loro viaggio. Violazione dei diritti umani e sindacali s’intrecciano con testimonianze di paramilitarismo al servizio degli industriali e delle compagnie multinazionali. I delegati internazionali denunciano tra l’altro le gravi condizioni degli sfollati interni per la guerra, che nel silenzio totale rimangono le maggiori vittime delle violenze e dei sopprusi. Betsey Piette, rappresentante del Centro di Azione Internazionale degli Stati Uniti, conferma che negli USA grazie a Uribe Velez, si ha della Colombia un’immagine completamente diversa. Jesus maria Gete, dai Paesi Baschi, racconta la Carovana come un’esperienza inenarrabile e che la comunità internazionale ha molte responsabilità per la mancanza di solidarietà verso i colombiani.



Gustavo Muñoz Matiz. - "20 de junio, Dia del refugiado"


Il 16 giugno, durante la Giornata Mondiale del Rifugiato indetta dalle Nazioni Unite, il rappresentante dell’ACNUR in Colombia, Francisco Galindo, ha fornito le cifre dell’esodo colombiano: dal 1999 in oltre 200 mila hanno dovuto abbandonare il Paese a causa della guerra, e solo nel 2003 ci sono state quasi centomila domande di asilo all’estero. Sono circa 3 milioni (2 milioni secondo stime ufficiali) i colombiani sfollati a causa della guerra civile e della violenza dal 1985, cifre, queste, eguagliate in una tragica classifica solo dalle nazioni centro africane. L’ACNUR dichiara che le cifre mostrano come la crisi umanitaria colombiana abbia un “impatto mondiale”. E a risentirne maggiormente sono senza dubbio le nazioni confinanti che accolgono malvolentieri, anche per la mancaza d’aiuto logistico e economico, gli sfollati anche in previsione di un prossimo aumento, soprattutto lungo la frontiera sud, dovuto alla nuova operazione militare denominata “Plan Patriota”.

Mercati roventi
:: APPROFONDIMENTI ::
Le parti in guerra
FARC-EP
(Multilingue)Website delle Forze Armate Rivoluzionarie di Colombia.
Colombia Popular--ELN
(Multilingue) Website dell'Esercito di Liberazione Nazionale, seconda organizzazione guerrigliera in Colombia.
Colombia Libre - AUC/ACCU
(Español) Website del più grosso gruppo paramilitare in Colombia.
Colombian Army
(Español) Website dell'Esercito colombiano.
U.S. Southern Command
SOUTHCOM è responsabile delle operazioni U.S. Army in Latino America.
Se milioni di umani rimangono invisibili tra le poche righe di cronache italiane, ugualmente rimangono taciute le cifre riguardanti l’impegno statunitense nella regione. Un appoggio di milioni di dollari e migliaia di uomini a difesa degli interessi nazionali USA più che alla guerra alle droghe. Cambiano, infatti, gli obiettivi ufficiali del Comando Militare Sud degli Stati Uniti: l’appoggio all’offensiva dell’esercito colombiano contro le Forze Armate Rivoluzionarie della Colombia (FARC) non è più giustificato con la lotta al narcotraffico, come avvenne all’avvio del Plan Colombia nel 2000.
Il generale statunitense James T. Hill, a capo del Comando Sud, precisa “I progressi raggiunti con il presidente Uribe ci spingono a pensare che si stia presentando un’opportunità reale, che solo richiede un leggero aumento di truppe, per poter raggiungere i nostri obiettivi in Colombia”. All’inizio del 2004 il presidente Bush aveva chiesto al Congresso di Washington di approvare l’aumento delle truppe impegnate in Colombia: da 400 a 800 i soldati regolari e da 400 a 600 i “contrattisti privati”. Per supportare la richiesta Roger Noriega, il nuovo sottosegretario di Stato per l’Emisfero Occidentale, ha dichiarato che gli attuali limiti che fissano la presenza militare USA in Colombia “sono troppo restrittivi” se si vogliono effetivamente realizzare i programmi statunitensi. E intanto si stanziano altri 600 milioni di dollari per i prossimi tre anni superando la cifra di 3.000 milioni di dollari destinati da Washington al Plan Colombia e utilizzati almeno per l'80% nell'industria bellica, consolidando così la Colombia come il terzo destinatario al mondo di aiuti militari statunitensi dopo Israele e Egitto.
E come se non bastasse l’aiuto alla guerra dell’alleato nordamericano, il Governo colombiano crede ci siano buone possibilità di ricevere una, molto discussa, commessa di carri armati dalla Spagna promessi dal governo Aznar e tremendamente scomodi per il neo presidente Zapatero. Il portafoglio dell’ipotetico “Ministero della Guerra” colombiano pare sia senza fondo, e senza vergogna, quando vanta sulle agenzie stampa di economia internazionale i nuovi acquisti: “Sono in arrivo 24 aerei da combattimento per una spesa di 234,5 milioni di dollari e 12 elicotteri per 20 milioni di dollari, questo tramite l’apertura di credito estero per le cifre equivalenti”.
A quasi due anni dalla nascita del Piano di Sicurezza Interno voluto da Uribe la rincorsa armamentista non ha avuto tregua, e questo è fonte di preoccupazione per i paesi confinanti che temono una esondazione della guerra lungo le proprie frontiere.

Diritti “presidenziali”
Le preoccupazioni internazionali aumentano anche, o forse solo, quando il presidente si lascia scappare nei suoi discorsi pubblici l’ennesimo attacco alle organizzazioni di difesa dei diritti umani. Come un copione, già visto, che mira al discredito delle entità “scomode” perché “denuncianti”, Uribe Velez ha nuovamente attaccato le ONG che “collaborerebbero con la guerriglia” e per questo minacciate di espulsione.
“Un grave attentato è stato compiuto nella città di Appartadò dove da tempo si è instaurata una Comunità di Pace” - come ci scrive Michele Cirillo della Fondazione Internazionale Lelio Basso, Gruppo Colombia “sette persone sono state uccise e sedici ferite in un attacco attribuito dalle autorità alle FARC. Giovedì 27 maggio, pochi giorni dopo l’attentato il presidente Uribe, in visita in quella regione ha dichiarato: “la Comunità di San Jose di Apartadò continua a garantire un corridoio alle FARC (…) Se si deve arrestare qualcuno dei dirigenti di questa comunità che fa ostruzione alla giustizia che lo si metta in prigione e suggerisco alla DAS (Dipartimento Amministrativo Sicurezza – polizia segreta) che gli stranieri che ostacolano li mettano in galera o che siano espulsi!” Gli stranieri che cita Uribe sono volontari internazionali del Fellowsship of Reconciliation e delle Peace Brigades International.
L’accanimento del presidente colombiano verso le associazioni di diritti umani aumenta, puntando questa volta il dito, durante una cerimonia della polizia nazionale il 16 giugno, contro Amnesty International.
L’obiettivo del suo sfogo pubblico era il discredito dell’organizazione internazionale. Come primo commento dopo 28 ore dalla strage di Gabarra dove sono state trucidate 24 persone, si domanda “perché Amnesty si precipiti a condannare il terrorismo di Stato e non quello delle organizzazioni terroristiche con le quali sembra avere una coincidenza ideologica”, riferendosi alla presunta responsabilità delle FARC nel massacro. A livello internazionale, Stati Uniti e Gran bretagna in testa, non hanno mancato di dissociarsi dalle affermazioni imbarazzanti di Uribe che non vuole ammettere le varie accuse presso l’ONU di non rispetto e difesa dei diritti umani in Colombia.

La deriva “Uribista” non mancherà di stupire ulteriormente il cronista attento, probabilmente, con le prossime iniziative sulla Legge di Rielezione Presidenziale e sulle trattative, entrate nel calendario ufficiale colombiano questo 7 luglio, con le forze paramilitari elle AUC.
Stupirà solamente se si avrà la semplice la volontà di mantenere allenata la voglia di non dimenticare, e così consegnando all’oblio l’onore dell’ultima parola.


Martin E. Iglesias, giornalista e ricercatore delle dinamiche sociopolitiche latinoamericane, è presidente e coordinatore volontario tra i fondatori dell'Associazione Culturale SELVAS.org.
E-mail: info@selvas.org

fonte:
www.selvas.org/newsCO0104.html


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