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domenica 22 luglio 2007

Pensioni: ecco come..



21 luglio 2007


Pensioni nuove
con gradualità

di Marco Rogari




Nel 2008 i lavoratori dipendenti potranno andare in pensione con 58 anni di età e 35 di "versamenti". Dal 1° luglio 2009 scatterà un meccanismo di "quote" (somma di anzianità anagrafica e contributiva) ancorato però al possesso di 35 anni di contribuzione: si partirà da quota 95, con almeno 59 anni di età, per poi salire il 1° gennaio 2011 a 96 (minimo 60 anni) e nel 2013 a 97 (non meno di 61 anni). Per gli autonomi il requisito anagrafico sarà più alto di un anno. È questo il pilastro su cui poggia l'intesa sulle pensioni tra Governo e sindacati, raggiunta ieri all'alba dopo una maratona di otto ore (non senza momenti di tensione in cui si è sfiorata la rottura) e poi ratificata con voto unanime dal Consiglio dei ministri.

Oltre al mix scalini-quote l'accordo prevede l'esenzione dalle nuove soglie di uscita di una platea di 1,4 milioni di "usuranti" (compresi i turnisti notturni e i lavoratori alla catena di montaggio) e la revisione dal 2010 dei coefficienti ma con una cadenza triennale e automatica. Il pensionamento di vecchiaia delle donne resta fissato a 60 anni, ma potrebbe essere rallentato con l'attivazione delle finestre fin qui previste solo per "l'anzianità".

Il superamento dello scalone costerà 10 miliardi nel prossimo decennio, tutti reperiti nelle settore previdenziale.
Soddisfatto il ministro Padoa-Schioppa: l'operazione, che coniuga "sostenibilità" e rigore «avrà un costo netto pari a zero ». L'intesa, oltre a garantire il punto di arrivo della "Maroni", rimedia alle «carenze» del sistema che «possiamo immaginare non verrà toccato per molti anni », dice il ministro sottolineando di aver tenuto conto delle preoccupazioni della Ue. Come conferma la telefonata di congratulazioni ricevuta dal commissario Almunia. Certo- ha aggiunto il ministro- tutto è migliorabile: «Ma i problemi più acuti li abbiamo risolti e abbiamo ottenuto un risultato straordinario, con l'accordo delle parti sociali. Una manifestazione del senso di responsabilità da parte di tutti degna di apprezzamento ».

Accelerata la «Maroni»
Alla fine è passato il piano al quale ha a lungo lavorato il ministro Damiano. Un piano che lunedì, in un nuovo round con le parti sociali, si tradurrà in un protocollo sul Welfare con le misure su ammortizzatori e mercato del lavoro. Ma a spuntarla è stato anche il ministero dell'Economia: l'accordo si chiude con un costo interamente coperto con misure previdenziali. Senza considerare che le quote assomigliano molto a degli scalini: la loro flessibilità è limitata da vincoli anagrafici e contributivi. Il Tesoro è anche riuscito ad anticipare il "punto di arrivo" della legge Maroni (62 anni di età e 35 di contributi) dal 2014 al 2013 e a incassare una revisione dei coefficienti posticipata al 2010 ma con una cadenza triennale e, soprattutto, "automatica".

L'ultimo duello
Il Tesoro puntava a quota 96-97, i sindacati e Prc a quota 95. A quel punto il Governo ha presentato una proposta con uno scalino e quote a salire ogni 18 mesi partendo da 95 per arrivare a 97. E ha anche concesso che l'intervallo tra quota 96 e 97 si allungasse a 24 mesi. Di fronte ai tentennamenti dei sindacati è poi arrivato l'aut aut di Romano Prodi: via libera o mi dimetto. Subito dopo l'ok di Cgil, Cisl e Uil (seppure nella forma di«presa d'atto»da parte di Epifani). Seguito dal disco verde dell'Ugl su un accordo apparentemente più oneroso per i sindacati di quello lasciato sul tavolo nella notte del 26 giugno. Con, forse, l'eccezione della Cisl, che è riuscita ad imporre le "quote", ideate da Pier Paolo Baretta.

Quota 97 con clausola
Prima di quota 97 è prevista una clausola sotto forma di verifica sui risparmi: se fossero significativi questa quota potrebbe saltare. Due le possibilità di uscita con quota 95: (59+36 o 60+35). Altrettante con quota 96 (60+36 o 61+35) e 97 (61+36 o 62+35).

Finestre e agevolazioni
Per le "anzianità" rimane invariata la riduzione da 4 a 2 delle finestre fissata dalla "Maroni" (gennaio e luglio). I lavoratori con 40 anni di contributi potrebbero uscire in modo accelerato (4 finestre) ma a una precisa condizione: il rallentamento del flusso di "vecchiaia" di uomini e donne (con 2 o 4 finestre).

Usuranti e coefficienti
Saranno esclusi dai nuovi requisiti 1,4 milioni di lavori usuranti (anche gli addetti impiegati su tre turni, in attività «vincolanti » e alla produzione di serie) pari a circa 5-6mila esenzioni pensionistiche l'anno. Quanto ai coefficienti, la stretta media del 6-8% dovrà essere valutata ed eventualmente modificata (sulla base di nuovi parametri) da una commissione ad hoc, che dovrà concludere i lavori entro il 2008. I nuovi coefficienti scatteranno nel 2010: l'aggiornamento diventerà triennale e automatico.


Accordo sulle pensioni:
prosegue lo smantellamento della previdenza pubblica!

L´urgenza di una risposta unitaria e di classe!

dichiarazione del Comitato Centrale del PdAC

E´ ormai una costante del modello sindacale concertativo, i peggiori accordi contro i lavoratori la burocrazia sindacale li firma appena prima della chiusura delle fabbriche e degli uffici, a luglio. Una modalità di comportamento che mira a bloccare una risposta operaia adeguata alla truffa messa in atto. L´accordo sulle pensioni del 20 luglio 2007, tra governo Prodi e Cgil, Cisl e Uil si inserisce in questa dinamica storica.

I termini dell´accordo
Lo scalone di Maroni viene diluito in tre scalini, nel periodo gennaio 2008-gennaio 2011, andando anche oltre: dal 1 gennaio 2008 l´età minima di anzianità è di 58 anni, dal 1 luglio 2009 di 59 anni e quota 95, dal 1 gennaio 2011 di 60 anni e quota 96, dal 1 gennaio 2013 di 61 anni e quota 97. Per chi ha maturato i quaranta anni di contributi ci saranno quattro "finestre di uscita", lo stesso vale per le pensioni di vecchiaia, che non decorrono più al compimento dell´età minima, determinando un reale aumento dell´età pensionabile, anche per le donne, di alcuni mesi.
Accanto all´aumento dell´età pensionabile l´accordo prevede, in linea con la riforma Dini, un meccanismo automatico, da attuare entro il 2008, che determinerà il valore dei coefficienti di rendimento previdenziale sulla base di parametri esterni al bilancio dell´Inps (finanziato con i contributi dei lavoratori e oggi in attivo), quali le dinamiche delle grandezze macroeconomiche, l´andamento demografico, l'aspettativa di vita, gli obiettivi di bilancio statale. Sulla base di queste valutazioni, il governo ogni tre anni, autonomamente e senza obbligo di contrattazione, stabilirà a quali coefficienti di calcolo la pensione dovrà fare riferimento, con apposito decreto ministeriale. Pertanto con questo accordo la pensione del lavoratore esce definitivamente dalla categoria del salario differito e contrattato, mentre il governo si appropria definitivamente della cassa dell´Inps. La stessa rivendicazione della sinistra sindacale di separare l´assistenza dalla previdenza viene svuotata di contenuto. La burocrazia sindacale ha evidentemente deciso di mandare alla deriva quello che resta della pensione pubblica puntando a gestire assieme ai poteri forti i fondi pensione.
Infine, l´intesa ha previsto: la detassazione del premio di risultato, ossia il salario contrattato in azienda, in tal modo il governo finanzia le imprese e da avvio allo smantellamento di quel che resta del contratto nazionale; di aumentare dal 2011 ulteriormente i contributi previdenziali a carico dei lavoratori; di procedere all´unificazione degli Enti previdenziali che porterà ad un travaso dei soldi dai fondi in attivo (quello dei lavoratori dipendenti) a quelli in passivo (quelli dei dirigenti d´azienda, autonomi).
L´accordo è condito con una polvere di zucchero (tutele per i lavori usuranti, una promessa prevista dalla Dini e mai mantenuta, aumento miserevole delle pensioni minime, promessa della copertura previdenziale per i periodi di disoccupazione) in modo da addolcire nei confronti con i lavoratori l´amara medicina. Su questi aspetti già si dilungano stampa e mass media borghesi, così come vari esponenti dei partiti della sinistra di governo, come il responsabile lavoro di Rifondazione, Zipponi.
Il segretario generale della Cgil, Guglielmo Epifani, nella sua relazione al Direttivo Nazionale della Cgil ha detto che l´accordo è propedeutico all´intesa che ci sarà la prossima settimana su mercato del lavoro e ammortizzatori sociali. Viste le premesse, aggiungiamo noi, è facile prevedere nuovi benefici all´impresa e nuovi attacchi ai diritti dei lavoratori.

Uno sbocco evitabile
L´accordo era stato preceduto dalle relazioni del governatore di Bankitalia e del presidente della Corte dei Conti, davanti al Senato, nel corso dell´audizione sul Dpef. Entrambi hanno utilizzato gli stessi argomenti -"le scelte in materia previdenziale sono cruciali nell´assicurare il riequilibrio dei conti pubblici"- per esprimere le richieste dei poteri forti, dei banchieri e degli industriali, e proposto la stessa ricetta: "In Italia come in tutti i Paesi avanzati le risposte sono due: aumentare gradualmente l´età media effettiva di pensionamento e sviluppare la previdenza complementare". Dove si andava a parare era pertanto evidente, come era evidente la disponibilità della burocrazia sindacale a firmare, proprio per questo non hanno voluto mobilitare i lavoratori. La sinistra di governo (Prc, Pdci, Verdi, Sd), da cui proviene qualche distinguo, si è prima affidata alla burocrazia sindacale della Cgil e poi ha licenziato l´accordo in sede di consiglio dei ministri, "senza cambiare una riga" come ha dichiarato soddisfatto Prodi.
Adesso la sinistra della burocrazia sindacale (la Fiom di Rinaldini, Lavoro e Società, Giorgio Cremaschi per la Rete 28 aprile) chiede un referendum tra i lavoratori. Ma dopo aver visto nel 1995 lo svolgersi del referendum sulla riforma Dini, approvata con il voto dei pensionati, sappiamo che la cosa può ridursi nel raffazzonare delle pseudo-votazioni per far passare anche questa ennesima controriforma.
La strada deve invece essere quella di respingere l´accordo puntando sulla mobilitazione unitaria della classe, sul pronunciamento dei delegati e dei lavoratori nei luoghi di lavoro. Quanto al referendum, per essere valido deve svolgersi sotto stretto controllo dei lavoratori e soprattutto deve essere piegato alla costruzione dello sciopero generale contro il governo e il padronato.

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3 commenti:

Anonimo ha detto...

Faccio prima a risolvere un'equazione a 10 incognite che capire il sistema pensionistico!... la pensione? Cos'è un pensile grande grande o un pensiero grande grande?... mah!

Anonimo ha detto...

E' un grande "penso", edgar..

"Non devo disturbare i miei compagni con la Lotta di Classe"
"Non devo disturbare i miei compagni con la Lotta di Classe"
"Non devo disturbare i miei compagni con la Lotta di Classe"
"Non devo disturbare i miei compagni con la Lotta di Classe".........

mauro

Val ha detto...

Quando manca il coraggio di riformare(veramente !!!)e si continuano a tappare buchi questi sono i risultati.
Tolto qualcuno che ha ancora la capacità di percepirlo:questi ne sudano ne perdono loro denaro e che 'azzo ci azzeccano con le pensioni e il lavoro ,è intuibile solo da Dio.
Mi risuonano ancora nelle orecchie le parole di una cassiera dell'Esselunga ,25enne,che di fronte al fatto delle mie lamentele verso il Pd,in un discorso tra me e una mia compagna di partito,ha pensato bene di intervenire dicendo testualmente :fate bene,quelli non hanno mai difeso i lavoratori.
E se non è una lavoratrice una cassiera di un supermercato chi lo sara mai?
E avanti con il vespaio !
Suerte
Val