Contromano
CURZIO MALTESE
(da "Il Venerdì" di Repubblica, 20 Apr. 2007)
In una nazione dove le mafie controllano ormai tre regioni, un pezzo consistente di PIL e un fatturato di almeno cento miliardi di euro l'anno, la politica è riuscita a fare entrare nella Commissione Antimafia un paio di pregiudicati, Paolo Cirino Pomicino e Alfredo Vito, rispettivamente detti «o' ministro» e «mister centomila preferenze», condannati in via definitiva per corruzione.
Davvero un bel modo di rilanciare la lotta alla criminalità organizzata e alla politica collusa.
Non è stato semplice, ma neppure complicato. Stavolta due parlamentari, Angela Napoli (An) e Grazio Licandro (Pdci), avevano presentato in Parlamento una legge per vietare l'ingresso di parlamentari condannati nella Commissione Antimafia. Dopo un rapido e quasi omertoso dibattito, quasi ignorato dai media, la proposta è stata portata alla Camera, dove ha raccolto ventuno voti su 630.
Fine della 'questione morale'.
Fra i contrari, tristemente, anche il senatore di Rifondazione Francesco Forgione, già protagonista di serie battaglie nel Consiglio Regionale siciliano, e oggi presidente della Commissione.
La Commissione ha poteri enormi e sarebbe ora che li usasse, tutti e subito. Dire che siamo tornati all'emergenza criminalità è riduttivo. Stiamo arrivando alla resa incondizionata dello Stato, in alcune realtà, all'antiStato mafioso.
Nei cinque anni del governo Berlusconi, la lotta alla mafia non ha fatto un passo in avanti, ma ben il contrario. Alcuni pool meridionali sono stati smantellati, con la ragione e spesso l'alibi della "lotta al terrorismo internazionale". Altre procure sono state delegittimate, molti processi sono stati bloccati o ritardati dalle nuove leggi «garantiste», e molti finiranno in nulla.
Con l'avvento del governo di centrosinistra ci si aspettava una svolta che finora non c'è stata. La guerra di camorra a Napoli ha allarmato l'opinione pubblica e lo Stato ha provato a fare la faccia feroce, senza grandi successi. Laddove le cosche non hanno bisogno di sparare, come in Calabria perché hanno il controllo totale del territorio, non è notizia e dunque nemmeno si finge di occuparsi del problema. Si continuano a impallinare i magistrati onesti e capaci, come il Luigi De Magistris di Catanzaro, al quale hanno appena strappato un'inchiesta importantissima, la 'Poseidone', sull'intreccio fra mafia, massoneria e politica.
Nei prossimi cinque anni si gioca una partita decisiva. L'aumento dei traffici di ogni tipo nel Mediterraneo tornato al centro dell'economia mondiale, i soldi degli aiuti europei, i proventi del monopolio europeo della cocaina in mano ai clan meridionali, sono le tre leve con cui una mafia non più stragista tenterà l'assalto definitivo. Un assalto molto più pericoloso di quello fallito negli anni 90 da Riina e Provenzano a colpi di tritolo.
Da che parte stanno, in questa guerra, il governo, la politica e i partiti?
NOTA (di Tiziano Dal Farra): Paolo Cirino Pomicino e Alfredo Vito erano esponenti di spicco della DC di Tangentopoli (oggi riciclata in "Grande Centro", "Io c'entro", "italia di mezzo", etc.), e cioè del partito politico più corrotto, mafioso e denso di farabutti della storia italiana (of course, ante Berlusconi), rispettivamente in Campania e Puglia. Ogni commento guasta.
Vorrei invece conoscere i nomi dei ventuno che avevano tentato di votare a favore della legge. Per solidarietà.
fonte: http://vajont.org/vajont_static/malteseMafia.html
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