Marzia Bonacci, 10 luglio 2007
Giustizia
Cominciata a Palazzo Madama la discussione generale sul provvedimento che precede le votazioni. Per ora si procede senza fiducia, ma la strada del voto blindato non è esclusa. L'Associazione nazionale magistrati proclama per il 20 luglio lo sciopero di protesta contro la riforma del Guardasigilli
Il tempo massimo consentito è il 31 luglio giorno in cui, se non sarà approvata anche alla Camera la riforma presentata dal ministro della Giustizia Clemente Mastella, entrerà in vigore il piano approvato dal precedente governo (riforma Castelli). Procede dunque a ritmo serrato l'iter istituzionale in seno a Palazzo Madama per licenziare il testo che dovrà avere l'ok definito da Montecitorio: oggi la riunione dei capigruppo della maggioranza ha stabilito di affrontare la votazione iniziale del ddl senza ricorrere alla fiducia, anche se la strada del voto "blindato" non è esclusa e dipenderà dall'atteggiamento che andrà ad assumere nelle prossime ore l'opposizione. Quel che è apparso certo è la volontà di giungere ad un voto finale e decisivo entro sabato prossimo, proprio per scongiurare il pericolo di una entrata in vigore automatica, entro la fine del mese, della legge Castelli. La giornata di oggi è stata dominata dalla discussione generale sul provvedimento, che precede le votazioni sul disegno di legge cominciando dagli emendamenti, a cui ha partecipato il Guardasigilli, il quale ha difeso il disegno di legge definendolo "una sintesi positiva nell'equilibrio politico dato". Oltre all'intervento di Mastella, protagonista della discussione odierna sul tema, anche l'annunciato sciopero dell'Anm che, contraria al ddl promosso dal governo, si è detta pronta ad astenersi dall'attività il prossimo 20 luglio.Intervento del ministro della Giustizia a Palazzo Madama. Il ministro della Giustizia durante il suo intervento, riferendosi agli equilibri di forza che caratterizzano questo governo soprattutto al Senato, ha definito il ddl come "l'unico provvedimento possibile rispetto alla maggioranza parlamentare" data. Ma ha anche sottolineato la preoccupazione che possa determinarsi intorno alla riforma un "sovraccarico ideologico di una disputa che può e deve trovare una soluzione non traumatica e utile". Dunque, il Guardasigilli ha sottolineato la necessità di porre un freno alle 'guerre puniche' che si stanno consumando tra magistratura e politica, per arrivare ad approvare un disegno che gli appare capace di garantire "le ragioni di tutte le componenti della società" e non come "una iniziativa volta a strutturare l'ordinamento a tutto vantaggio della magistratura come dicono alcuni o punitiva nei confronti delle toghe, come afferma la magistratura associata". A riprova di come, nel formulare il testo, non ci sia stata nessuna pregiudiziale ideologica, quella stessa che ora Mastella teme possa ricadere negativamente nella approvazione del ddl, il ministro ha citato il fatto che "i testi Castelli sono stati in parte conservati, laddove le scelte di fondo erano ritenute corrette, talvolta rafforzandone la portata, come per l'accesso in magistratura e le valutazioni di professionalità dei magistrati". Modifiche invece laddove, ha detto Mastella, si presentavano aspetti della riforma che apparivano "ai limiti della costituzionalità perchè incidenti sull'autonomia e l'indipendenza della magistratura". Sul dibattito futuro, il Guardasigilli si è detto disposto ad accogliere quei consigli volti allo "scioglimento dei nodi politici che hanno fin qui caratterizzato l'iter parlamentare del provvedimento, al fine di consentire un sereno esame e arrivare all'approvazione", rispondendo in questo modo anche al messaggio del presidente della Repubblica che ha più volte sottolineato, come ricordato dallo stesso Mastella, l'urgenza di riformare in modo condiviso il sistema giudiziario. Sul tema spinoso e controverso della separazione delle carriere dei magistrati, Mastella si è detto convinto che vi siano, per realizzarla, "ostacoli di ordine costituzionale che ne impediscono la realizzazione per legge ordinaria", tanto che "non è stata prefigurata nemmeno nella scorsa legislatura, quando c'era una maggioranza, almeno numericamente, consistente".
A difesa del ddl anche il relatore Giuseppe Di Lello, il quale ha parlato di "una riforma equilibrata", aggiungendo che"per questo non ci spaventa che sia gli avvocati che i magistrati protestino, arrivando questi ultimi ad annunciare uno sciopero".
Dichiarazione di sciopero dell'Anm. Proprio mentre in Senato era in corso la discussione generale sul provvedimento di ridefinizione dell'ordinamento giudiziario che precede le votazioni sul disegno di legge, i magistrati hanno dichiarato la loro volontà di astenersi dal lavoro il prossimo 20 luglio in polemica e opposizione con il ddl governativo. La decisione è stata presa dal Comitato Direttivo Centrale che ha votato a favore dello sciopero registrando due sole astensioni, quella di Lucio Aschettino e di Giuseppe Cascini, entrambi di Magistratura Democratica. Tentando una mediazione con gli esponenti di Md, che si erano espressi contrariamente allo sciopero, il parlamento dell'associazione ha approvato un documento che stabilisce in sabato 14 luglio il prossimo appunto «per valutare gli sviluppi e i risultati dei lavori parlamentari e per avviare ogni ulteriore decisione, ivi compresa l'eventuale revoca dello sciopero».
Alla scelta dell'Anm, Mastella ha risposto invitando i magistrati a rivedere la propria posizione nel tentativo di "porre fine a questo annoso scontro che pone contro due poteri dello Stato", ristabilendo la "necessaria serenità in modo da ricomporre questa annosa vertenza tra i poteri".
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Di Pietro scrive male. E Mastella non si "sputtana"
Jacopo Matano, 04 luglio 2007
Giustizia Il battibecco tra i ministri monopolizza il dibattito sulla riforma della Giustizia: il motivo del contendere è una lettera che il leader dell'Idv invia al titolare di Via Arenula. Ma due punti sui tre contestati da Di Pietro non sussistono. E Mastella si infuria: "il Guardasigilli sono io, non lui"
Una baruffa tra ministri ed esplode la polemica. Saranno le origini (più o meno) comuni, quel popolo sannita “bellicoso e forte”, sempre pronto allo scontro. Sarà che questa mattina a Roma il sole stentava a fare capolino, ingrigendo l’ambiente della politica. Eppure l’infuocato carteggio tra Antonio Di Pietro e Clemente Mastella, una partita di insulti che si è dipanata per tutta la giornata, non sembra avere molto a che vedere né con la riforma della giustizia, né con il futuro, roseo o drammatico, della magistratura.
La giornata dei due ministri inizia di buon ora ma con il piede sbagliato. Nella serata di ieri, giusto poco prima di cena, Di Pietro aveva definito la riforma del Guardasigilli “un inciucio”, ed aveva promesso che non l’avrebbe votata: da qualche ora era arrivata la notizia della protesta degli ex colleghi della magistratura, dimissioni della giunta dell’Anm e sciopero all’orizzonte inclusi. Il ministro delle infrastrutture ed ex pubblico ministero si sveglia quindi di malumore. Prende carta e penna e indirizza una dettagliata e tuonante missiva a Mastella (e a Prodi): nel testo del disegno di legge sulla Giustizia, scrive Di Pietro, “vi sono vistosi elementi di forte perplessità che, alterando sensibilmente l’assetto delle questioni come deliberate dal Consiglio dei ministri, ne minano pericolosamente la stessa legittimità”. Quali sono questi elementi? Il ministro li elenca uno per uno: “l’introduzione di nuovi ed inopinati vincoli al passaggio di funzioni (da requirenti a giudicanti e viceversa) per i magistrati ben oltre quanto definito al Consiglio dei Ministri”, elementi che “dissimulano in realtà l’intenzione di introdurre il perno della inaccettabile separazione delle carriere”. Secondo poi: è “inaccettabile che l’organizzazione degli uffici di procura sia sottratto alla valutazione preventiva e oggettiva che è assicurata dall’apposito programma, che consente anche agli organi di autogoverno la possibilità di consapevole e approfondito esame di eventuali problematicità emergenti”. Infine, “del tutto inaccettabile è la previsione che consente agli avvocati componenti del Consiglio Giudiziario di esprimersi anche sulle questioni afferenti la progressione in carriera dei magistrati”. Per questo motivo, scrive il responsabile di infrastrutture e trasporti, “non dubitando certo della opportunità della composizione dei consigli giudiziari arricchiti con tali partecipazioni, è necessario che il ruolo dei rappresentanti del mondo forense sia limitato alle altre questioni di competenza dei consigli giudiziari, relative alla funzionalità degli uffici giudiziari del territorio, senza intromissioni nel campo della valutazione circa la progressione in carriera del magistrato”. Una lettera fiume per spiegare il motivo dello sfogo di ieri, e per criticare i punti che non vanno nel d.d.l. licenziato dalla Commissione Giustizia: ma due di quei tre punti “fondamentali” risultano, agli occhi dell’intera Commissione, come “errati”.
Sulla presenza degli avvocati nei consigli giudiziari emerge subito che, tralasciando i tecnicismi, la situazione in esame al Senato non è quella che ha in mente Di Pietro: il ministro delle infrastrutture si riferisce ad un testo del disegno di legge risalente a molto tempo fa, addirittura alla stesura che era approdata in Commissione il 20 giugno scorso. Ma da allora il testo è stato modificato sostanzialmente, suscitando, tra l’altro, polemiche in senso nettamente contrario a quella del leader dell’Italia dei Valori: il senatore Manzione, avvocato della Margherita, aveva dato in escandescenze e alla fine votato contro proprio perché nell’emendamento della maggioranza non veniva contemplata la presenza dei legali nella composizione del consiglio giudiziario. E veniva inibita la presenza della sedia del Presidente dell’Ordine degli Avvocati all’interno del consiglio: una norma che avrebbe destato preoccupazioni sulla possibile ingerenza dei ruoli forensi, una norma che, come ci conferma il senatore Casson, semplicemente “non c’è”. Poi si passa al punto riguardante le procure, ovvero il secondo all’ordine del giorno della virulenta lettera del ministro. E anche qui, il Presidente della Commissione Cesare Salvi spiega “la commissione ha deciso lo stralcio di quella parte”. Fioccano le dichiarazioni: tutta la maggioranza difende il testo della Commissione e invita Di Pietro ad assumere "un altro atteggiamento" e a rileggersi il d.d.l.
Ma la lettera “strafalciata” del ministro delle infrastrutture fa immediatamente infuriare il destinatario Mastella, che, appena terminato di spendere ottimismo sull’ingresso della sua riforma in Aula al Senato, sputa il caffè amaro. “Non so cosa mi abbia scritto”, è il suo primo commento a caldo, “ma per quanto mi riguarda sono attestato sulla linea della Commissione”. Poi il ministro arriva subito al nocciolo della questione, e si àncora alla poltrona, sfogandosi: “lo faccio perché altrimenti sembrerebbe che il ministro della Giustizia sia Di Pietro e non io, e non mi pare. Se lo vogliono trovare un ministro della Giustizia in Di Pietro facciano pure, si accomodino..”. E l’elegante chiosa: “Se oggi accettassi una cosa del genere significherebbe sfiduciare la maggioranza della commissione e sighificherebbe sputtanarmi: questo lo può fare Di Pietro, non io”.
Il battibecco personale condisce così lo scontro sulla riforma. L’Italia dei Valori ha annunciato che presenterà degli emendamenti, in linea con la protesta dell’ ANM. Bisognerà vedere su quali punti cardine, visto che l’ultimo comunicato presentato dai magistrati sui punti critici della riforma risale anch’esso a prima dell’esame in Commissione, visto che i togati sono divisi sulle direzioni da prendere (Magistratura Democratica è contraria allo sciopero, se l’alternativa alla Mastella si chiama “riforma Castelli”). E visto che il punto focale rimane, a questo punto, solamente quello della distinzione delle funzioni: anche lì, solo il Senato saprà dare una risposta, e i magistrati hanno ed avranno il diritto di esprimersi in base ad informazioni qualificate e non alla posta dei titolari dei dicasteri.
Eppure i bisticci e le gelosie ministeriali sembrano monopolizzare la dialettica politica, non consentendo di andare al di là del ping pong di polemiche. La lettera pasticciata di Di Pietro fa il suo ingresso nella bolgia del Senato presentata in anteprima dal “suo” orecchio, nonchè voce, in Commissione Giustizia Aniello Formisano. Ma l'orecchio e la voce di Di Pietro non possono che sentire male e riferire di conseguenza: il senatore Formisano alla riunione del 28 giugno scorso, ovvero quella decisiva per il testo da inviare all’Aula, semplicemente non c’era.
fonte: http://www.aprileonline.info/3928/di-pietro-scrive-male-e-mastella-non-si-sputtana......
4 commenti:
Mò che casino! Ho capito a stento.
Comunque non mi fido degli avvocati, anche se non conosco affatto i giudici.
Spero che il nuovo ordinamento giudiziario non sia forzitaliafavorevole.
Megli Di Pietro casinista che Mastella "giustizialista" ;)
Grazie dell'attenzione. Un saluto.
Dovere, edgar, dovere.. In effetti, c'è stato un "buco" nel panorama della nostra informazione. Ti ringraziamo per avercelo segnalato.
Ciao.
mauro
;)
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