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martedì 17 luglio 2007
Diritto alla Scelta Terapeutica
Quanti in Italia sanno che il Tribunale di Bolzano ha sancito che ogni cittadino può consigliare qualsiasi prodotto omeopatico senza violare la legge?
Il Tribunale di Bolzano - Sezione Penale - in persona del giudice: Dott. Claudio Gottardi alla pubblica udienza del 11.01.2005 ha pronunciato la seguente SENTENZA nel procedimento penale n. 1125/04 DIB. contro XX, imputata del delitto dall'art. 348 c.p. per avere, eseguendo visite mediche, emettendo diagnosi ed effettuando terapie a base di prescrizioni di medicinali omeopatici, esercitato abusivamente la professione medica, senza essere in possesso della prescritta abilitazione professionale.
Accertato in Bolzano il 12.12.2001.
A seguito di ulteriori accertamenti è emerso che la XX era priva di qualsivoglia titolo Medico… essa era peraltro in possesso di un diploma di medicina biologica ottenuto negli U.S.A., del quale non aveva peraltro mai richiesto l'equipollenza ai sensi della normativa italiana e di attestati relativi alla partecipazione a numerosi seminari di omeopatia.
Dall'analisi del contenuto delle dichiarazioni testimoniali, tutte concordi sui punti salienti del fatto, emerge come fosse noto a tutti i clienti la circostanza che la XX non era medico, non essendosi peraltro la stessa mai qualificata come tale...
L'attività della XX iniziava con un colloquio, vertente sulle abitudini di vita dei clienti, proseguiva con la lettura dell'iride tramite uno speciale strumento e si concludeva con la somministrazione di una serie di consigli, relativi al modo migliore di regolare la propria vita e all'assunzione di prodotti omeopatici, acquistabili in farmacia o erboristeria.
Il suo intervento non era peraltro alternativo alla medicina "ufficiale" e nemmeno invasivo di diagnosi effettuate dai medici personali dei suoi assistiti.
G.B., medico omeopata, ha riferito in ordine all'attività esercitata in concreto dall'imputata, definita quale attività "atipica", rivolta alle persone che soffrono di disagi non qualificabili quali vere e proprie patologie, e in ordine all'orientamento della comunità medica internazionale, prevalentemente indirizzato a negare dignità scientifica alla disciplina della "medicina omeopata".
…Orbene mancando qualsivoglia definizione legislativa dell'attività "omeopatica" non è possibile qualificare la stessa come pratica terapeutica "non convenzionale", facendola confluire nell'alveo dell'esercizio dell'attività medica, per la quale è quindi richiesta l'iscrizione all'albo professionale.
Soccorre a tal fine l'insegnamento costante della Suprema Corte (cfr. Cass. n. 22528/2003), la quale, nel definire le pratiche terapeutiche "non convenzionali", ne delinea i caratteri che le qualificano come attività medica: una diagnosi di un'alterazione organica o di un disturbo funzionale del corpo o della mente, l'individuazione dei rimedi, la somministrazione degli stessi da parte del medico.
…Proprio partendo da tali premesse, va desunto che l'attività omeopata integri gli estremi del reato d'esercizio abusivo della professione medica unicamente nell'eventualità in cui essa si sostanzi nella diagnosi di una malattia, ovvero nella commercializzazione di prodotti o preparati medici, comunque perseguenti finalità terapeutiche.
Orbene i detti tratti salienti dell'attività medica… sono del tutto mancanti nell'attività professionale posta in essere dall'imputata.
Nessun compimento di atto medico è riconoscibile infatti nell'attività svolta dalla XX, non avendo la stessa nel corso delle proprie consulenze mai ispezionato il corpo dei propri "clienti", né tantomeno usato strumenti invasivi o altri mezzi idonei ad effettuare analisi o misurazioni cliniche, né emesso diagnosi o prognosi.
Alle stesse conclusioni si deve giungere… in ordine all'eventuale invasione da parte dell'imputata delle competenze riservate alle scienze della psiche umana: come l'assenza di una malattia fisica distingue l'attività de quo da quella del medico, egualmente l'assenza di una malattia psichica la distingue dall'attività dello psicologo o dello psicoterapeuta.
Orbene, accertato che l'imputata non ha posto in essere atti tipici dell'attività medica occorre ora stabilire se i prodotti "omeopatici" dalla stessa consigliati (Natrium Muriaticum CH200 Coffea Cruda CH100 e lievito di birra) siano o meno considerati dal legislatore quali prodotti medicinali e in caso di risposta positiva se gli stessi, se somministrati da soggetto non qualificato, possano produrre danni alla salute.
Al primo quesito bisogna dare risposta negativa, poiché nessuna norma di diritto positivo regola, nel nostro ordinamento, la medicina omeopatica e perché i prodotti consigliati dalla XX sono liberamente in vendita, non occorrendo la presentazione di ricetta medica.
Anche a voler assimilare poi il prodotto omeopatico ad un prodotto medicinale non bisogna sottacere come la letteratura scientifica sia divisa sull'efficacia dei rimedi omeopatici, tant'è che l'orientamento dominante li considera alla stregua di non farmaci avuto riguardo alla quasi totale assenza di principi attivi.
Questo dimostrerebbe, d'altro canto, come il rimedio omeopatico opererebbe quale "placebo di lusso" in forza di una fortissima potenzialità suggestiva basata sulla sua diffusione internazionale e sull'apparente fondamento scientifico.
Se il farmaco è un medicinale formato da molecole misurabili, le cui proprietà farmacologiche sono valutate con metodo scientifico da una previa sperimentazione, al contrario il prodotto omeopatico ha la caratteristica di non avere molecola al di sopra della nona CH, ed essendo somministrato ad alta diluizione può produrre un effetto regolatore solo sul piano emozionale, perché non se ne conosce il meccanismo d'azione, ma non su quello biologico.
… L'evoluzione scientifica e tecnologica determinano sovente la possibilità che nuove attività professionali non riescano ad essere incasellate nelle professioni ufficialmente consolidate, ma ciò non può essere motivo per una dilatazione degli ambiti delle categorie professionali riconosciute, fino a comprendere nella riserva loro spettante, attività solo analoghe, complementari, parallele o ausiliarie rispetto alle professioni protette.
Fatta questa necessaria distinzione e non essendo stata data prova al di là di ogni ragionevole dubbio, che la XX abbia posto in essere atti tipici propri dell'attività medica, bisogna concludere nel senso che la sua attività professionale da definirsi rispetto all'ordinamento "atipica" , è tutelata e protetta dalla previsione di cui all'art. 41 Cost.
Per tali ragioni l'imputata deve essere assolta, ai sensi dell'art. 530 comma 2 c.p.p., dal reato ad essa ascritto in rubrica perché il fatto non sussiste.
P.Q.M.
Visto l'art. 530, comma 2 c.p.p.
ASSOLVE
XX dal reato a lei in rubrica ascritto perché il fatto non sussiste.
Così deciso in Bolzano l'11 gennaio 2005.
Il ragionamento è semplice. Se al prodotto omeopatico non si riconosce la qualità di farmaco (paragonandolo all’acqua fresca), non si può neanche accusare una persona che lo consiglia di esercizio abusivo della professione medica. È il caso di dire che anche per l’Ordine dei Medici vale il vecchio detto che non si può avere la botte piena e il marito ubriaco… (sarebbe più corretto dire botte piena e.. medico ubriaco! n.d.m)
Rinaldo Lampis
2 aprile 2006
fonte: http://www.x-cosmos.it/news/visualizza.php?id=3709
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1 commento:
L'arroganza di una parte della classe medica non ha limiti: un mio amico pranoterapeuta consigliò ad una persona che si era rivolta a lui di farsi visitare da un medico specialista, in quanto sospettava una grave malattia. Lo specialista in questione, saputo da chi era venuto il consiglio, chiese per il pranoterapeuta l'incriminazione per esercizio abusivo della professione medica, in quanto avrebbe "prescritto" una visita specialistica snza averne facoltà. Per fortuna, talvolta, anche i giudici mostrano un po' di buon senso e la cosa finì con un "non luogo a procedere"...
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