"Istruitevi, perché avremo bisogno di tutta la nostra intelligenza. Agitatevi, perché avremo bisogno di tutto il nostro entusiasmo. Organizzatevi, perché avremo bisogno di tutta la nostra forza." Antonio Gramsci

martedì 17 luglio 2007

Ondata di suicidi alla Renault




Francia, ondata di suicidi alla Renault: denuncia dei sindacati

Rachele Gonnelli

Ormai è un'epidemia: sei suicidi in pochi mesi alla renault. E tutti e sei di operai specializzati e quadri che decidono di togliersi la vita proprio nella fabbrica. Come volessero segnare del proprio sangue quel luogo che li fa soffrire, scegliendo di non abbandonare mai il lavoro che hanno così tanta paura di perdere da perdere nel frattempo il sonno e la speranza. «Morti di delocalizzazione, denuncia il sindacato francese. Perché le morti bianche non sono solo per mancanza di misure di sicurezza e caschi.

L'ennesimo caso è di martedì 17 luglio e tocca la storia di un "colletto bianco", un altro dipendente del gruppo automobilistico che si è suicidato nel suo ufficio nello stabilimento di Mulhouse, nell'est della Francia. Sale così a sei il numero di suicidi di dipendenti dello stesso gruppo dall'inizio dell'anno.

I sindacati hanno espresso «inquietudine» in relazione a «forti pressioni sui luoghi di lavoro». Ricordano che tre dipendenti dello stabilimento Psa Peugeot-Citroen di Mulhouse si erano suicidati a maggio. Un altro caso nello stesso stabilimento era avvenuto ad aprile. Altri tre casi di suicidi si erano avuti nei mesi scorsi in altre sedi Renault. Secondo il sindacato dei lavoratori l'incremento dei suicidi per motivi di lavoro è dovuto «al clima di ansia che regna nell'impresa», come lo stress legato alle minacce di delocalizzazione o alla «concorrenza tra i giovani ingegneri ed i vecchi tecnici».

Se la Fiat sceglie la Polonia per la nuova auto di punta, la NuovaCinquecento, il gruppo Peugeot-Citroen che ha inglobato la vecchia Renault ha abbandonato lo storico stabilimento di Flins per costruire la Twindo2 nel modernissimo impianto di Novo Mesto in Slovenia. E già produce 900 mila auto all'anno in Slovacchia, dove oltre a salari che costano un terzo di quelli francesi, già nel 2002 quando la corsa all'Europa dell'est è partita per le case automobilistiche occidentali il governo assicurava sgravi e finanziamenti a fondo perduto talmente consistenti che anche i coreani hanno deciso di delocalizzare lì. Grazie ai contributi statali per l'urbanizzazione delle aree industriali pari al 65% della spesa e altre facilitazioni e agli investimenti, le fabbriche della Slovacchia sono ora molto competitive. Hanno una produttività altissima nelle nuove linee di montaggio informatizzate. Si calcola che nella nuova fabbrica-modello di Zilina della Kia, per ogni operaio - e sono 10mila - ci siano tre robot.

Robot, lavoratori meccanici al posto di operai francesi o coreani, come in questo caso. Recentemente il Consiglio economico e sociale, un organo istituzionale consultivo, aveva stimato che ogni giorno in Francia una persona si suicida per motivi legati al proprio lavoro: troppo stress, carichi, precarietà, pressioni psicologiche e di performance, depressione. Difficile tenere il passo. La Francia si piazza al terzo posto tra le nazioni dove «le depressioni legate al lavoro» sono le più numerose. Al vertice oltre agli Stati Uniti, dove si sa perdere il lavoro spesso significa perdere tutto - casa, auto, protezione sociale medica, relazioni sociali - c'è ora l'Ucraina. Terza la Francia, appunto. Sono i dati dell'Organizzazione mondiale della sanità. Nicolas Sarkozy ha vinto le elezioni anche promettendo l'aumento dello Smic - il sussidio di disoccupazione - e la lotta alla precarietà del lavoro.

La disoccupazione è all'8,1 percento in Francia, ai minimi dell'ultimo quarto di secolo. Ma la precarietà del lavoro, generalizzata nei contratti dei giovani, si è estesa anche a fasce d'età non più giovanili. Solo un anno e mezzo fa i giovani contestavano in piazza il contratto di primo impiego, il Cpe, sorta di salario d'ingresso per usare una teminologia italiana. Oggi sono i meno giovani che invece di protestare non hanno più la forza.


Pubblicato il: 17.07.07
Modificato il: 17.07.07 alle ore 20.28

fonte: http://www.unita.it/view.asp?IDcontent=67521


8 commenti:

Anonimo ha detto...

un livre parle du harcelement moral, et de ses consequences, pour ceux et celles qui ont un coup de blues je vous le conseille
http://www.travailleravecdescons.com

Anonimo ha detto...

Quante ne avrei da dire su questi argomenti... però "non ho più la forza".
Solidarietà alle famiglie che soffrono queste situazioni.

elena ha detto...

Amico anonimo, grazie per la segnalazione... purtroppo il mio francese è praticamente inesistente e dovrò almeno aspettare la traduzione in inglese! A meno che... qualcuno si offre volontario per la traduzione? :)
Merci!

Equo ha detto...

L'amico francese consiglia un libro che parla del "tartassamento morale" e delle sue conseguenze, ovviamente recuperabile al link allegato,suppongo.

elena ha detto...

WOW! Abbiamo trovato l'interprete! Fantastico!!! Davvero Equo, cliccare ho cliccato - e se ho capito giusto, te lo inviano senza spese di spedizione (Mauro dice anche che forse lo si può scaricare, ma, anche se fosse, io non ci capirei molto... c'ho messo dieci minuti a capire il titolo...!).
Allora, ce lo traduci??? :)

Val ha detto...

Dopo i diritti negati e il diritto di avere dei doveri,pure questi negati,sono riusciti a far venire meno la dignità delle persone.
In altro post,scrivevo del mio pessimismo legato al fatto dell'incapacità di comprensione politica su quella che deve essere la linea guida della parte che rappresentiamo.
Ora,difficilmente indietreggio di fronte alle difficoltà e se ne sento il bisogno intervengo a muso duro e senza nessun tipo di remora contro chiunque faccia dell'abuso su ogni cosa,una quotidianità certa.
Altrettanto difficilmente,se messo alle strette,credo che potrei mai vestire i panni del suicida,al contrario penso che mi si addica molto di più la figura dell'omicida e ,siccome mi ritengo persona intelligente penso che quest'ultima pratica sarebbe mirata e selettiva.
Spiegatemi perchè mai, una persona privata di tutto o che si sente in quella condizione dovrebbe pensare al suicidio e lasciare libero campo all'ultima delle sue debolezze?
Certo,il passo è ancora lungo ma,quando le nuove generazioni scopriranno che, oltre all'impossibilità di accedere ai beni materiali che la natura ci ha lasciato in dote ,non è permesso loro nemmeno l'esercizio dell'onestà ,ebbene da quel momento sarà il principio della fine.
Purtroppo,sono costretto a condividere quello che era il pensiero di Durruti(anarchico che chiamava borghesia il capitalismo e che non era affatto un bandito ,come viene descritto in wikipedia,anche perchè molto difficilmente un bandito viene ucciso da un colpo di pistola alle spalle)che recitava testuale"La borghesia dovrà farlo a pezzi il suo mondo" ....appunto!
Come non condividere questo pensiero?
Sarà il fatto di crederci ancora,sarà che probabilmente sono anarchico ancora più di Durruti,sarà la reminescenza cristiana che c'è in me ,ma sono proprio questi fatti che mi convincono ancora di più nel continuare a fare quello che è nelle mie intenzioni, per posare i primi mattoncini della nuova sinistra che deve totalmente e necessariamente essere diversa da questo modello di società che non vogliamo e non dobbiamo pensare nostro.
Questo lo devo ai miei figli e al nostro popolo.
Non posso pensare che la resa e l'accettazione del pensiero di Durruti,devono essere per me un dogma.
Le palle di zio fra Giulio,Buenaventura!
In questo mondo ci vivo anch'io,anzi anche noi.
Suerte.
Val

Equo ha detto...

Elena: spero intendessi "tradurre il titolo" che recita: "Manuale di sopravvivenza in ufficio: lavorare con dei coglioni"...a tradurre il libro non ci penso proprio!
Val: sottoscrivo pressoché tutto quello che hai scritto. Talvolta arrivo a capire il suicidio come forma di protesta estrema e non di resa...ma, sino a quando esiste una prospettiva di lotta (collettiva, individuale...anche solo di pensiero) non bisogna lasciar deserte le barricate.
Né servi, né padroni.

Val ha detto...

Equo,a volte penso a cosa eravamo 3000 anni fa e cosa saremo fra 3000 (sempre ammesso che ci saremo ancora).
So che rappresento una minoranza,però so anche che questa è quella che è nella ragione.
Quell'"EUROPA SOCIALE"nello striscione rappresenta la mia essenza che non ha trovato soddisfazione.
Ancora oggi mi chiedo se era proprio necessario subire,noi europei, due imperialismi in 45 anni per ritrovarci ,da oltre 15 anni sotto ad un unico imperialismo.
Giusto Equo!
Ne servi,ne padroni.
Suerte
Val